Le scritte sui muri dell’università che qualcuno voleva far passare come espressioni del Blocco

VERONA, 4 Maggio 2010 — A volte l’ignoranza politica ha lo stesso valore di una firma. E ieri qualcuno la sua firma ce l’ha messa, sulle scritte che hanno «vergato » i muri esterni del Cambridge, il bar che si trova di fronte alla biblioteca Frinzi, in zona universitaria. Una celtica, vicino all’ingresso. Con le iniziali «BS» ai lati. E un «onore al camerata Polacchi» con il simbolo del Blocco Studentesco – un fulmine cerchiato – a fianco.

Qualcuno, questa volta, l’ha pensata diversa. Ma l’ha realizzata male. Già, perché quelle scritte «apparse» come d’incanto giusto poche ore prima che al Cambridge si tenesse la presentazione dei candidati alle elezioni universitarie del Blocco Studentesco, a molti possono essere attribuite. Ma non di certo al movimento che prende le mosse da Casa- Pound. E qui casca l’asino dell’ignoranza politica. Perché i «fascisti del terzo millennio» poco hanno a che fare con chi li ha preceduti. E la celtica non fa parte del loro patrimonio «writer ». Se in più ci si mette la spinta securitaria che aleggia su Verona, le telecamere hanno fatto il resto. Immortalando chi, al Blocco Studentesco, è a dir poco antagonista. E che ha provato, l’altra notte, a far passare da imbrattatori quelli che, per molti, non dovrebbero aver diritto di parola. Quelli che in realtà la presentazione dei loro candidati alle elezioni studentesche l’avrebbero dovuta fare in un altro locale, sempre in zona universitaria. Locale che, però, non ha più dato la disponibilità, dopo aver ricevuto «sollecitazioni» per lasciar perdere. Quelli della «giovinezza al potere» la loro presentazione l’hanno fatta comunque. Saranno in tre i candidati del Blocco Studentesco: Alessandro Gandini, Martina Poli e Fabrizio De Guidi, i primi due in corsa anche per il consiglio d’amministrazione dell’Esu. E per loro è arrivata la benedizione romana, quella del dirigente nazionale di BS Davide Di Stefano.

Non c’era, ieri, quel Francesco Polacchi, responsabile nazionale del movimento. «Bloccato » in riva al Tevere da un provvedimento della magistratura capitolina che gli vieta di «espatriare» dalla città, dopo gli incidenti all’università di Roma Tre. Polacchi ai «camerati » veronesi ha mandato una lettera. «Se c’è qualcosa che ho imparato a CasaPound è che si può essere veramente liberi anche oggi e che non saranno gli attacchi dei nostri avversari o le pratiche di un procuratore qualsiasi a fermarci». E i «fascisti del terzo millennio » non lo fanno, almeno a Verona. Hanno presentato il programma, Di Stefano e Alessandro Gandini, che è responsabile provinciale del Blocco. Le linee nazionali, con il blocco del decreto che vuole la trasformazione degli atenei in fondazioni private, con l’erogazione di servizi più qualificati e la possibilità di rateizzare le tasse universitarie, con la creazione di «progetti piattoforma » che prevedano corsi tenuti insieme da docenti e studenti, con l’abbattimento della burocrazia. Le linee «locali», con lo stop agli «affitti-usura» per gli studenti fuori sede, il blocco delle speculazioni sui libri di testo, quella «libertà d’espressione» che fa da rimando a quel «all’università non si fa politica» tuonato dal rettore Mazzucco alcuni mesi fa. E su tutto quella «giovinezza al potere», vale a dire il potenziamento delle rappresentanza studentesca in tutti gli organismi assembleari dell’università.

Si fanno avanti, i «fascisti del terzo millennio». Forti, a Verona, di avere già tre rappresentanti eletto nel consiglio provinciale degli studenti. «Qui – ha spiegato Gandini – il problema è che meno del 10 per cento degli aventi diritto va a votare per i rappresentanti universitari. Come se non bastasse nascono liste che ci accaparrano voti con i pierre, a furia di aperitivi e ingressi in discoteca». Loro no. Dicono. Loro fanno politica, «perchè è proprio all’università, dove si forma la classe dirigente, che si deve fare». Intanto, per non lasciare nulla al caso, allo spritz cedono anche loro. «Un aperitivo col blocco», a CasaPound in via Poloni il 10 maggio. A ridosso delle elezioni, che si tengono il 12 e il 13 maggio. Nessun locale «pubblico», nessun rischio di ripensamenti dietro «consiglio» di qualcuno all’ultimo minuto. E su tutto la chiusa della lettera di Francesco Polacchi. «Alla loro violenza risponderemo con il sorriso, sia il nostro cammino la loro distruzione». Senza nessuna possibilità – da parte di chiunque – di pacificazione.

Angiola Petronio
04 maggio 2010