Di Christian

Per età vittoriana si intende l’epoca che ha inizio con l’ascesa al trono della regina Alexandrina Victoria del 1837 e che termina con la sua morte nel 1901. Siamo nel bel mezzo della rivoluzione industriale e questi 63 anni saranno un periodo di forte espansione economica, ma anche demografica e coloniale. Fatta eccezione per la parte irlandese della Gran Bretagna, colpita tra il 1845 e il 1849 da una crisi senza precedenti dovuta alla comparsa di un fungo che distrusse le coltivazioni di patate e pomodori causando circa un milione di morti per inedia e altrettanti espatri, la curva demografica del paese s’impennò fino a raggiungere il raddoppiamento della popolazione. Altro fattore di crescita fu senza dubbio il colonialismo che assicurò alla Gran Bretagna un ampio mercato sul quale piazzare i propri prodotti di esportazione. In quest’epoca, infatti, abbiamo un rafforzamento del controllo sul subcontinente indiano, un’imposizione economica nell’America latina grazie al ruolo della sterlina nei mercati mondiali, oltre agli insediamenti britannici in Canada, Australia, Nuova Zelanda e in Africa meridionale. Un periodo, inoltre, diretto verso politiche sempre più liberali, che trovano il loro massimo sfogo nell’ampliamento del suffragio elettorale. Ma quali furono gli aspetti sociali che contraddistinsero questi fiorenti anni di esplosione economica?

I maggiori esponenti artistici di questo periodo possono aiutarci a rispondere a questa domanda. Soprattutto verso la fine dell’età vittoriana, quando la regina si avvicinò a politiche più conservatrici, autori di spicco pubblicarono la propria denuncia alla doppiezza della società inglese, in particolare modo nei confronti della borghesia londinese. L’età vittoriana fu anche, infatti, un’epoca di divaricazione dell’abisso che separa i ceti sociali. I ricchi sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri. Ma non ci si fermò qui poiché la borghesia incarnò il senso più profondo del concetto di arte per l’arte; diedero sempre più peso alle apparenze, al tè delle cinque, alle passeggiate domenicali, alla beneficienza e al finto moralismo. La beneficienza, ad esempio, rimase sempre fine a se stessa, mera apparenza. Il povero non aveva modo di fuggire al suo ceto sociale, complice anche l’ammassamento di persone nei centri urbani che contribuì a mantenere gli stipendi al livello della sopravvivenza, così come le prostitute di strada potevano rinchiudersi nelle work house, ma il loro nome sarebbe stato infangato per il resto della loro vita. La società si spaccò così in due: una parte era costituita dalla borghesia, attenta al loro aspetto, ai loro vestiti, alle buone azioni con l’unico scopo di mantenere il buon nome mentre dall’altra parte dilagava il lavoro minorile, lavori pesanti e pericolosi, la prostituzione (la maggior parte delle prostitute londinesi aveva tra i 12 e i 22 anni), e la povertà.

Da questo modo di vivere nacque un movimento artistico e filosofico chiamato Estetismo. La sua componente filosofica affermava come la verità fosse impossibile da esplicare e, quindi, l’individuo non poteva andare oltre al mondo estetico. Da questa fase nacque quindi un mondo artefatto, irreale, in cui l’aspetto esteriore nascondeva la crudeltà dell’animo. È un po’ lo stesso concetto che ritroviamo oggi sui social, sulle istantanee che ricercano unicamente il bello, nascondendo però ciò che una persona pensa e desidera, i sentimenti nascosti nei recessi più profondi della sua persona.

Come detto alcuni tra gli autori più importanti del periodo denunciarono questa doppiezza della società vittoriana. Oscar Wilde ne diede un chiaro esempio ne Il ritratto di Dorian Gray, di come l’animo del protagonista si sporcasse a ogni sua cattiva azione, mentre la sua figura esteriore rimanesse sempre impunita, giovane e perfetta. Anche il Lord Henry Wotton, il demone tentatore, colui che trascina Dorian nelle azioni più riprovevoli, avvicinandolo alla droga, alla prostituzione, al tradimento, all’omosessualità, incarna un significato che possiamo ricondurre all’odierno influencer, che detiene tra le mani il potere di muovere il volere delle persone verso azioni premeditate, di far credere a chi li guarda di possedere desideri che sono in realtà effimeri, inutili e spesso futili.

Altro esempio, ancora più fulgido, lo troviamo nel libro di Robert Louis Stevenson Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde in cui l’esperimento del bello, buono e benamato dottore porta a rivelare il suo vero animo, che prende forma nella figura di Hyde e che trova piacere nella violenza, nell’ingiustizia, nelle prevaricazioni e, infine, nell’omicidio.

Sono tutte storie che si formano della Londra vittoriana, tra le sue strade più buie, nelle quali avvengono i crimini più efferati e dove si svolgono le azioni più oscene del genere umano. Non a caso tra queste strade compare anche Jack lo squartatore che secondo diverse ipotesi pare fosse un membro della borghesia londinese che si aggirava in quelle strade per dar sfogo alla natura brutale insita nel suo animo.

Avvicinandoci ai giorni nostri possiamo trovare ulteriori esempi di questo binarismo della borghesia, il quale si prolunga ne Gli indifferenti di Moravia, che nel 1929 descrive la meschinità e l’ipocrisia della società borghese, rivelando un ampio abisso tra ciò che uno pensa e ciò che fa in un clima di costante menzogna, o da George Orwell che in 1984 (pubblicato nel 1948) dimostra come la pacata e monotona società borghese necessiti di sfogare il marciume che ne attanaglia l’anima tramite i due minuti d’odio, in cui essi imprecano, sputano, urlano e si lasciano andare a atti violenti e ingiustizie.

Da questi scritti alla realtà odierna il passo è breve. È facile ricondurre il falso buonismo di una Laura Boldrini per nascondere le politiche di deidentizzazione e di distruzione della società, o il candore degli aiuti europei alle nazioni straniere che svilisce il lavoro degli agricoltori e degli allevatori italiani. Totem indiscutibili, quasi dogmi assoluti, che da anni danno modo all’élite di sinistra mondialista di perdurare nelle loro politica contro la Nazione. Non solo nella politica, ma anche nel mondo delle banche, dei filantropi che da un lato sfruttano migliaia di lavoratori e dall’altro fondano associazioni benefiche. Questo e molto altro viene nascosto dalle belle facce dei politici, dalle promesse elettorali e dalle scuse di circostanza. Il finto moralismo e il buonismo dei giacca e cravatta che da anni vendono solo disoccupazione e miseria non è più tollerabile, e la situazione emergenziale dovuta al COVID-19 sta portando a galla alcuni degli anelli fallati della catena che sorregge questo sistema di falsità.

La politica odierna è intrinsecamente fallimentare e trova la sua fine nello stesso punto in cui decade l’assopimento popolare che attanaglia oggi l’Italia. Il tempo passa, il momento arriva, ma non sarà più il tempo della corruzione, delle falsità e della politica per la politica; sarà il tempo della Rivoluzione.