Di Saturno

La risoluzione definitiva dell’immigrazione clandestina di massa passa per l’eliminazione del problema alla radice, evitando di limitarsi a curarne i sintomi come la sinistra nostrana fa da sempre.

Sono ormai anni che orde di africani sbarcano continuamente sulle nostre coste, tant’è che ci siamo abituati a questa situazione vedendola come la normalità, quando in realtà non c’è nulla di normale in ciò. Ogni volta che un nuovo carico di immigrati arriva in Italia, la classe dirigente -anziché chiedersi come mai avviene un fenomeno del genere e come porvi rimedio – si chiede solamente dove sistemarli, quanti miliardi spendere per loro e in quali settori fare i tagli per trovare i fondi per la loro accoglienza. E, anziché chiamarli per quello che sono, ovvero immigrati clandestini, il politicamente corretto esige che vengano chiamati rifugiati, profughi o migranti. Se li chiami clandestini invece sei un mistificatore ed un razzista.

Ma mistificatore e razzista è proprio chi li chiama così, perché l’80% dei cosiddetti profughi non ha diritto d’asilo, quindi non scappa né da guerre né da persecuzioni politiche. Perciò, generalizzare chiamandoli tutti rifugiati o profughi, quando in realtà non sono nemmeno la maggioranza, significa proprio mistificare. Mentre proprio chiamarli migranti è veramente razzista perché gli animali migrano, gli esseri umani no, pertanto è equivalente al metterli sullo stesso piano delle rondini e delle locuste.

Il motivo che spinge tutte queste persone a venire in Europa, passando per l’Italia, è di natura economica, dato che cercano migliori condizioni economiche e questo loro desiderio è da una parte sfruttato dalla mafia che li convince a partire promettendogli posti di lavoro inesistenti, dall’altra parte distorto dall’Italia che li invoglia facendoli entrare tutti indiscriminatamente (e se non ne hanno diritto, solo dopo, forse, li rimpatria), spendendo valanghe di soldi e offrendogli gratuitamente vitto e alloggio – un’accoglienza migliore rispetto al trattamento riservato spesso ai propri cittadini, sotto certi aspetti.

Provengono da Paesi poveri e vengono illusi di poter trovare qui un futuro migliore, poi arrivano e scoprono che non è così. Vengono sistemati in massa in strutture fatiscenti con condizioni igienico-sanitarie pessime, cosicché chi li gestisce può aumentare il proprio margine di guadagno sulla loro pelle. Non possono lavorare legalmente perché l’Italia, un Paese pieno di propri cittadini disoccupati, in termini lavorativi non ha nulla da offrire a persone senza (o con scarsa) istruzione e che non parlano manco l’italiano; quindi nei migliori dei casi finiscono per strada a fare l’elemosina o a farsi sfruttare in nero nei campi per pochi euro l’ora, nei peggiori gli uomini diventano manovalanza criminale per la mafia e le donne prostitute (controllate anch’esse dalla criminalità organizzata). Non possono nemmeno andarsene in altri stati europei perché le autorità di quelle Nazioni li bloccano e ce li ributtano indietro.

Anche volendo risolvere i mastodontici problemi causati dall’immigrazione clandestina (cosa che la sinistra dell’accogliamoli tutti non ha mai concretamente dimostrato di voler fare, anzi) non si farebbe altro che curare i sintomi e non la malattia in sé.

Non è un caso se la stragrande maggioranza dei clandestini che arriva in Italia vengono dall’Africa e non dall’Europa o dalle Americhe: le Nazioni africane (a parte alcune eccezioni) sono le più povere al mondo, e questo pare un paradosso perché l’Africa è un continente ricchissimo di risorse naturali come petrolio, diamanti, uranio o anche solo terre fertili coltivabili anche con piante che difficilmente crescerebbero altrove, come quelle di cacao e di caffè. Solo risolvendo la povertà di questi Paesi si risolverà la crisi migratoria sul lungo termine.

Gli aiuti umanitari intesi come soldi dati a pioggia ai governi africani si sono rivelati inutili o addirittura dannosi. L’Africa è da decenni un buco nero di soldi elargiti a valanghe dalle Nazioni più ricche del mondo per migliorare le condizioni di vita degli africani ma, nonostante ciò, queste non sono migliorate: in Africa si muore ancora di fame e di banali malattie da tempo debellate nei Paesi occidentali; gli africani vengono ancora sfruttati nelle loro Nazioni come manodopera a bassissimo costo per aziende straniere; la sanità, l’istruzione ed altri basilari servizi sono ancora assenti o insufficienti.

Ciò accade perché i soldi che finiscono nelle mani dei governanti corrotti hanno abituato i Paesi africani a vivere di sussidi, disincentivando quindi lo sviluppo economico. Seguendo quindi il concetto “dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno, insegnagli a pescare e lo nutrirai tutta la vita” dovremmo smetterla di sostentare l’Africa con i sussidi ed “insegnargli a pescare”; magari in modo simile a come fa la Cina che costruisce infrastrutture su suolo africano e in cambio riceve risorse naturali per le proprie industrie. All’Africa mancano scuole, ospedali, centrali elettriche, strade, acquedotti, fabbriche: possiamo costruirle con aziende di Stato e private italiane attraverso specifici accordi con i governi africani.

Come manodopera potremmo utilizzare tutti i clandestini arrivati in Italia per motivi economici, rimpatriandoli dato che a casa loro stiamo costruendo delle Nazioni degne di questo nome e che quindi non hanno più motivo di scappare dalla povertà. Così facendo si soddisferebbe sia chi non vuole gli immigrati e sia gli immigrati stessi che cercano condizioni economiche migliori (perché gliele stiamo fornendo nei loro Paesi). Come fondi potremmo utilizzare quelli che già diamo direttamente in mano ai governi africani e quelli utilizzati per l’accoglienza dei migranti e già stiamo parlando di miliardi su miliardi, ma pure tutti quegli importi che l’Italia versa a quella vergognosa macchina tecnocrate chiamata Unione Europea (ma che poi non le tornano indietro) potrebbero essere usati anche a questo scopo.

In un futuro articolo tratteremo la questione del franco FCA, mentre lo scopo di questo pezzo è di far riflettere su come risolvere il problema dell’immigrazione, su chi è veramente il razzista e chi quello che veramente vuole la fratellanza fra popoli. Da una parte abbiamo chi vede i popoli africani come popoli perennemente bambini che possono vivere solo per grazia delle Nazioni occidentali, i cui emigranti devono tutti essere accolti pur sapendo già che grossa parte di loro diventeranno elemosinari, spacciatori e puttane al servizio della criminalità organizzata (e chi la pensa diversamente si facesse un giro, magari di notte, in posti come Castel Volturno, la stazione Tiburtina a Roma o la pineta di Montesilvano, ma anche in certe periferie di grandi città come Tor Sapienza) o magari schiavi al soldo di avidi capitalisti senza scrupoli, sfruttati, senza diritti e pagati una miseria ma elogiati perché “vogliono fare i lavori che gli italiani non vogliono più fare” (dipingendo quindi il popolo italiano, storicamente luce di civiltà in Europa e nel mondo, come un popolo di luridi lazzaroni buoni a nulla). Dall’altra parte invece abbiamo chi crede che i popoli africani possano e debbano emanciparsi – aiutando le loro Nazioni a reggersi sulle proprie gambe anziché vederle come serbatoi di manodopera a basso costo – oltre che se certi lavori gli italiani non intendono più farli è perché le paghe sono inaccettabili per costruirsi una famiglia ed un futuro.

Per informarsi sulla questione degli aiuti economici ai Paesi africani, sulla loro inefficacia e la loro dannosità consiglio la lettura del libro La carità che uccide di Dambisa Moyo.