Di Jennifer

Donna ambiziosa e brillante Margherita Grassini Sarfatti fu la prima critica d’arte europea.

È ricordata per essere diventata negli anni ’10 l’amante di Mussolini con il quale condivide, oltre che alla vita sentimentale, la convinzione politica. Il personaggio è emblematico, per alcuni contraddittorio, ma rientra nel pieno del genio di questa figura. Inizialmente appoggia idee socialiste per poi sposare a pieno il Fascismo.

Donna tenace e forte, dimostra la sua convinzione anche quando, durante la Prima Guerra Mondiale, perde Roberto, il figlio diciassettenne. La perdita non è motivo di allontanamento dalla vita politica, anzi, l’ideale è ciò che la consola. Morto il marito Cesare nel 1924, afferma la sua presenza al fianco di Mussolini partecipando attivamente all’organizzazione della marcia su Roma. Nel 1926 scrive la biografia del Duce, Dux, indicandolo come portatore dello spirito italico. Molto probabilmente ha un ruolo preponderante nell’organizzazione della propaganda e nel recupero della romanità.

Nonostante il costante appoggio all’amato, Margherita non perde mai la sua rilevanza nel suo campo: riesce, infatti, a portare avanti politica e carriera parallelamente con grande maestria. Un genio esuberante, una donna capace e forte, un ammiraglio in grado di auto affermarsi. Insomma, niente a che vedere con i personaggi di spicco femminile contemporanei. Showgirl, giornaliste improvvisate, analfabete funzionali sotto il dominio del botox e poi ancora femministe incallite sono le “donne” di cui si parlerà tra cento anni.

Ci si deve immaginare quando i libri di scuola parleranno della regina dei salotti, quando non esisteranno più i termini mamma e papà perché considerati discriminatori di genere, quando si dirà che è colpa del patriarcato se non si è fatta la carriera desiderata. Balle tutte balle. Il problema non è il patriarcato – già da tempo archiviato – il problema è l’educazione a cui si viene esposti. Si parla costantemente di violenza di genere, di Tampon Tax, di lotta femminista ma tutto ciò non è altro che un piagnisteo propagandistico nel quale si tenta di creare un mostro mediatico chiamato discriminazione di genere che in realtà non esiste. Il femminismo è l’esposizione ostentata di slogan primitivi, volgarità gratuita e sterilità mentale.

La lotta femminista non è altro che la reazione alla noia che porta la vita agiata di quelle persone che scendono in piazza a fare danze vudù perché tanto ci penserà papino a pagare i loro lussuosi appartamenti in centro a Bologna e la loro vita da finte compagne in vestiti lussuosissimi. Nemmeno lo scomodo di usare la parola donna per questi esseri amorfi, perché le donne sono quelle che si impegnano ogni giorno per raggiungere gli obiettivi che si impongono, sostengono chi hanno accanto senza per forza cercare di focalizzare le attenzioni su di loro, si impegnano per portare avanti i loro ideali in maniera consona, senza cioè rinunciare alla loro femminilità, alla diversità che la natura ha voluto con l’uomo.

Donne che trovano il massimo esempio della Sarfatti, depositaria di una cultura strepitosa, amante presente e genio sregolato che non ha vissuto nell’ombra di nessuno.