Di Luca

Non c’è cosa migliore che aiuta ognuno di noi a conoscersi che guardare al nostro passato, alla storia della nostra stirpe e alle vicende dei nostri eroi.

L’eroe del quale si parla in questo articolo scrive una storia che ha dell’incredibile: le sue gesta sono degne di un mito e nei fatti hanno dell’incredibile tanto da sembrare la sceneggiatura di un film di guerra americano, di quelli in cui vengono tessute le lodi di qualche disperato reparto di marines che annienta un malvagio esercito nemico. Ma il soldato italiano non ha bisogno di nessuna Hollywood per compiere gesta eroiche ed incidere il suo esempio nella storia, come uno scultore sul marmo travertino.

Aurelio Baruzzi nasce a Lugo di Romagna il 9 gennaio 1897, crescendo in una famiglia dai sentimenti mazziniani e repubblicani. Giovane ricco di interessi e amante del canto e della musica, si diplomò come ragioniere all’istituto tecnico di Ravenna, trovando subito impiego in una banca locale.

Nonostante il lavoro gli permettesse una vita agiata, pochi mesi prima dell’entrata in guerra dell’Italia, incarnando lo spirito risorgimentale, conscio che gli interessi della Nazione vanno oltre a quelli di ogni individuo che la compone, decise di arruolarsi volontario nel Regio Esercito.

Ancora minorenne, riesce a persuadere a fatica il padre e si inquadra nel 41° Reggimento di fanteria: il 24 maggio è di istanza nel teatro degli aspri combattimenti sul monte Merzli.

Nel dicembre di quell’anno fu nominato sottotenente di complemento e assegnato al 28º Reggimento fanteria. Pochi giorni dopo, il 22 dicembre, ricevette una prima medaglia di bronzo al valor militare per il suo comportamento durante la Seconda battaglia dell’Isonzo, nei combattimenti sui monti Sabotino e Podgora.

Ma questo è solo l’inizio di quello che sarebbe, di lì a poco, diventato un personaggio romanzesco per il popolo italiano.

L’impresa più sorprendente di Baruzzi ha luogo durante la Sesta battaglia dell’Isonzo: il 6 agosto gli fu conferita unaltra Medaglia di Bronzo al Valore Militare per aver neutralizzato, alla testa di un piccolo reparto di bombardieri a mano, una postazione di artiglieria nemica facendo diversi prigionieri e guadagnando un discreto bottino di guerra.

Il giorno seguente, l’avanzata italiana verso Gorizia era bloccata da una postazione fortificata all’interno di una galleria ferroviaria della linea Lucinico – Gorizia, dalla quale gli austriaci stavano mietendo un considerevole numero di vittime fra le fila della fanteria italiana, che aveva fallito ogni tentativo di assalto frontale.

Baruzzi per qualche inspiegabile ragione già sapeva quale sarebbe stato il suo destino. Infatti, il 4 agosto scese a Cormons e comprò un tricolore, sul bianco del quale scriverà ROMAGNA poiché a Pradis gli ufficiali presero in giro la sua gente: “Dicevano che noi romagnoli siamo buoni solamente a fare i repubblicani, gli anarchici, i moti dell’altr’anno con l’albero della libertà e il sequestro dei militari…e allora a quegli ufficiali io ci avevo risposto: vedrete che cosa siamo capaci di fare noi romagnoli, saremo noi a prendere Gorizia”, affermò in maniera profetica.

Nella notte Aurelio, determinato a neutralizzare la postazione nemica, dopo aver caricato la sua rivoltella, intasca qualche bomba a mano e va in ispezione del conteso camminamento che porta fino all’ingresso del sottopassaggio della morte.

Si addentra nella metà austriaca della trincea nonostante fosse bersagliata dall’artiglieria italiana in quel momento e, fra letali schegge e detriti scagliati dalle esplosioni, si porta sino all’imbocco della galleria e si rende conto che la sentinella austriaca che avrebbe dovuto avvisare i soldati rifugiati all’interno di eventuali assalti era morta.

Aurelio tornò rapidamente indietro e chiese al suo superiore 20 uomini a capo dei quali avrebbe presto conquistato la galleria e spianato la strada verso Gorizia. L’idea era di riuscire a posizionarsi ai lati della galleria e trovarsi a distanza utile per lanciare all’interno delle bombe a mano incendiarie e fumogene (tipo Thévenot) in modo da consentire ai fanti di raggiungere l’obbiettivo con il minor numero di perdite possibile. I suoi ufficiali considerarono folle l’operazione. Gli furono concessi solamente 10 uomini purché fossero tutti volontari, solo 4 si offrirono ma il giovane decise di tentare ugualmente.

Dentro la postazione, gli austriaci non si accorsero di niente pensando che la loro sentinella fosse ancora fuori a controllare, pertanto – finché i cannoni italiani avessero continuato a sparare verso l’imboccatura del sottopasso – ritenevano impossibile che ci fossero italiani sotto le palle italiane.

Baruzzi decise di cambiare strategia, irrompendo nella galleria e gridando in tedesco ad alcune sentinelle “Arrendetevi! Siete prigionieri!”, convincendoli di essere alla testa di un intero battaglione pronto all’assalto.

Subito dopo furono strappati i fili del telefono, sequestrati gli ufficiali e immediatamente scortati all’esterno, così da lasciare il resto dei soldati austriaci persi e senza ordini fino alla resa.

Gli austriaci nel tunnel erano più di 200, ma bastarono solo 5 italiani per farli incolonnare e condurli verso le linee italiane, fra gli sguardi sbigottiti dei commilitoni.

Recuperarono inoltre un ingente quantitativo di materiale bellico, liberando anche diversi prigionieri italiani.

La presa del sottopassaggio sbloccò la situazione per le truppe italiane, che poterono così avanzare.

Non contento, Aurelio ed altri 20 folli partirono alla volta di Gorizia, con la scusa di “un’ispezione alle sponde del fiume” e, raggiunte le sponde dell’Isonzo, lo attraversarono a nuoto.

La sponda austriaca dell’Isonzo era ricca di fortificazioni non presidiate, gli austriaci immaginavano gli italiani ancora lontani.

Altre decine di fanti accorsero per guadare il fiume e solo intorno a mezzogiorno le truppe nemiche, accortesi della avanzata italiana, iniziarono a fare fuoco. Seguì rapidamente la risposta italiana con dei tiri verso la stazione di Ferroviaria, così da creare una cintura di sicurezza per i soldati che passavano l’Isonzo.

Agli osservatori italiani d’artiglieria, Baruzzi parve un soldato austriaco e fu proprio la sua bandiera tricolore con scritto ROMAGNA a permettergli il riconoscimento da così lunga distanza, eseguendo quindi il cessate il fuoco così da poter avanzare oltre la linea italiana.

Mentre i suoi soldati stavano occupando la stazione, Aurelio salì sul tetto per issare il tricolore, prendendo formalmente possesso della città.

Per giorni interi fu solamente quella piccola squadra ad occupare Gorizia.

Aurelio ed i suoi giravano per la città deserta dato che solamente pochi austriaci ancora facevano fuoco. Ne approfittò per inviare una cartolina da Gorizia alla famiglia e per gustarsi una birra nella trattoria del corso.

Fu la prima birra pagata con le lire italiane in quella città sulla quale ancora oggi sventola il tricolore.

Le ardite imprese compiute valsero a Baruzzi la Medaglia d’Oro al Valor Militare a soli 19 anni, assegnata il 4 settembre 1916.

La decorazione fu gli consegnata personalmente sul campo dal Duca d’Aosta con una grande cerimonia, davanti alle rappresentanze schierate di tutti i Reggimenti della 3ª Armata, mentre alcuni aerei sorvolavano la spianata lanciando fiori.

Medaglia d’Oro al Valor Militare

«Comandante di un reparto di bombardieri a mano, si slanciava per primo in un camminamento austriaco, catturandovi uomini e materiali. Due giorni dopo, accompagnato da soli quattro uomini, irrompeva in un sottopassaggio della ferrovia apprestato a difesa, contro il quale si erano spuntati gli attacchi dei due giorni precedenti, intimando audacemente la resa a ben duecento uomini, che venivano catturati unitamente a due cannoni e ricco bottino di armi e materiale. Più tardi partecipava al passaggio a guado dell’Isonzo, si spingeva in Gorizia e nella stazione innalzava la prima bandiera italiana

— Gorizia, 6-8 agosto 1916.