Di Jen

Era il 442 a.C quando per la prima volta ad Atene andava in scena L’Antigone, nota tragedia di Sofocle. Un mito senza tempo, si direbbe in gergo letterario, proprio perché come tutti i grandi classici il messaggio che sottende e la grande capacità rappresentativa non hanno una data di scadenza.

A Tebe, governata da Creonte, c’era stata una guerra fratricida tra i due nipoti del sovrano: Eteocle, che combatteva in difesa della polis, e Polinice, che ambiva invece a conquistarla; il conflitto si era risolto con la morte di entrambi i fratelli. La duplice morte rappresentava la chiave di svolta della vicenda: il sovrano Creonte aveva vietato che il traditore Polinice venisse sotterrato e questa prescrizione aveva incendiato l’animo ribelle di Antigone, sorella dei due contendenti, che voleva conferire degna sepoltura a entrambi i fratelli. Contravvenne dunque esplicitamente alla legge della città, in risposta ad una giustizia superiore, quella degli Dei e all’imperativo morale basato anche sul diritto di sangue.

Sofocle affronta lo scontro tra Stato e famiglia, tema ripreso anche da Hegel nella Fenomenologia dello spirito. La tragedia, come si è finora capito, ha una portata straordinaria, non fosse che viene continuamente abusata dalla sinistra manipolatrice per esaltare quelle paladine della giustizia che, in realtà, con Antigone condividono poco, se non nulla. Un esempio? Il caso di Carola Rackete.

L’ ultima volta che la tragedia di Sofocle è stata scomodata è stato quando l’oziosa sinistra da salottino borghese doveva trovare una nuova eroina, o meglio, doveva trovare una giustificazione storica agli atteggiamenti capricciosi di Carola, “donna” senza arte né parte.

Quello che si è cercato di fare è stato creare un parallelismo tra l’eroina e la comandante in materia di ribellione alle leggi dello Stato in nome di valori più alti ma come al solito era privo di fondamento. La differenza tra le due è sostanziale: Carola muove in favore di un giusnaturalismo e una giustizia universale che in Antigone non è presente; Sofocle nella sua tragedia sottolinea la fedeltà ad una concezione del mondo che lega tra loro i membri della Volksgemeinschaft indoeuropea e li lega ai loro predecessori e discendenti.

Un esempio di eroina moderna è, invece, Norma Cossetto. Ventitré anni, studentessa universitaria istriana, esponente dei GUF, Norma fu arrestata dai partigiani slavi nell’autunno del 1943. Dopo essere stata torturata e violentata per giorni, nella notte tra il 4 e il 5 ottobre del 1943 fu gettata, ancora viva, insieme ad altri ventisei prigionieri, nella foiba di Villa Surani, una delle tante della Venezia Giulia. La sua colpa? Non aver tradito i suoi ideali di italianità e non essersi piegata alla dittatura dei partigiani comunisti e quindi aver rifiutato le leggi dello stato in nome di un’idea assoluta e di un attaccamento alla terra madre, niente di più vicino a quei valori prescritti millecinquecento anni prima da Sofocle.