Di Andrea

La potentissima piattaforma streaming Netflix ha lanciato un docu-film sull’uso incessante dei social network e sugli aspetti più oscuri che sembrerebbero celarsi dietro a tutti i colossi digitali.

Il tema è sicuramente di prim’ordine: il problema delle dipendenza dai social network (e da internet) e di tutte le logiche sottostanti deve essere portato sempre più alla luce, soprattutto ad una generazione, la cosiddetta generazione Z, che per la quasi totalità vive letteralmente con uno schermo in mano come se fosse una prosecuzione organica del proprio corpo.

All’interno del film vengono trattati alcuni temi importanti come il mercato dei dati personali, l’utilizzo di tecniche psicologiche comportamentali per catturare l’attenzione dei cosiddetti “utilizzatori” e in seguito vendergli inserzioni pubblicitarie sulle quali verte il vero guadagno di tutte queste piattaforme, la spiegazione del famoso algoritmo con il quale si riesce a prevedere e condizionare le nostre vite, le fake news e infine tutti gli aspetti catastrofici che derivano da queste condizioni.

Con questa analisi non si intende riassumere questi argomenti o trattare gli stessi in modo più approfondito, ma far riflettere il lettore su alcuni aspetti che emergono dopo la visione del prodotto della società californiana.

La prima questione che sorge spontanea è che a parlare di queste tematiche sia proprio una piattaforma di streaming online che si fa portatrice dello stesso sistema che viene denunciato.

Netflix utilizza le stesse tecniche persuasive per proporre, a chi utilizza il servizio, i contenuti più inclini ai propri gusti, consigliando la visione di elementi simili al precedente, proprio come succede su social network come You Tube, Facebook o Instagram. Paradossalmente chi si è imbattuto nella visione del documentario in questione l’ha fatto perchè trovato nei consigliati di un contenuto simile o perchè presente nell’inserzione principale, come spesso succede ai contenuti che Netflix vuole spingere maggiormente alla visione da parte dei propri utenti.

Ci troviamo quindi nella stessa situazione in cui ad un convegno sull’inquinamento ambientale si avesse come sponsor principale dell’evento una multinazionale petrolifera; rimarremmo tutti sicuramente perplessi, così come dovrebbe essere successo dopo la visione di questo film.

Un’altra riflessione che potrebbe passare inosservata ad una prima visione superficiale ma che in realtà ha un’importanza e un impatto non trascurabile, è quella che viene scaturita dalla trattazione del tema delle fake news e di tutte le sue conseguenze soprattutto sul panorama politico.

In questo punto il lavoro psicologico di persuasione tocca livelli molto alti.

Tutti gli intervistati asseriscono di sentirsi minacciati dall’innalzamento del livello di scontro politico, addirittura c’è chi dice di temere una guerra civile (parlando della situazione politica statunitense) ma il fatto interessante è che affiancate a queste parole vengono mostrate in sequenza video soltanto determinate e ben precise situazioni: ad esempio si vedono servizi sull’emergenza populismo in Europa (Spagna e Italia), rivolte antiamericane nei paesi del medio oriente, manifestazione della far-right USA e di movimenti identitari, addirittura vengono mostrate immagine delle manifestazioni dei gilets jaunes mischiate ad episodi di violenza dell’Isis.

Non si mostrano invece le violenze di organizzazioni coma ANTIFA o BLM, che negli Stati Uniti e in Europa non hanno paragoni. D’altronde non ci si può aspettare diversamente da una multinazionale che inserisce massivamente in modo spudorato nei suoi contenuti temi legati al mondo LGBTQ, all’immigrazione incontrollata e a tutti i temi tanto cari ad una certa parte politica “global”, compiendo un vero e proprio indottrinamento culturale ad ampissimo raggio.

Le tematiche affrontate in “The social dilemma” sono molto serie ma necessitano di una critica più serrata e intransigente di questo nuovo “capitalismo della sorveglianza”, con la necessità di identificare in modo specifico le cause e le motivazioni che sono alla base, come la logica del profitto, motore incessante del capitalismo in ogni sua forma e sfumatura.

Il monito generale deve essere quello di rimanere individui liberi e pensanti, in modo da riuscire a scorgere ogni tentativo di mistificazione da parte di quelli che sono dei veri e propri agenti di queste logiche disumanizzanti, che nulla hanno a che fare con l’obbiettivo di risvegliare le coscienze da questo assopimento che permea il nostro tempo. Netlix non è altro che uno dei maggiori perseguitori di un pensiero unico di matrice “global” che mira al disfacimento di ogni tipo di identità e di ogni concetto di nazione, con l’obbiettivo di volerci insegnare come vivere e cosa pensare.