Di Elena.

Questo articolo vuole essere una prova di interpretazione approfondita dei caratteri di alcuni personaggi usciti dalla penna della Rowling e ormai divenuti leggenda. Non intende per questo fornire una linea di pensiero univalente, superficiale o dogmatica. Piuttosto ha lo scopo di scavare nei comportamenti e nell’animo umano cercando di coglierne i punti di forza e le debolezze per trarne un qualche insegnamento o per analizzarli sotto un nuovo punto di vista che non sia la lettura individuale del libro, la visione del film o l’umile recensione de il trono del Muori.

I protagonisti del mondo di Harry Potter sono descritti in maniera abbastanza complessa e questo ci dà la possibilità di carpirne più aspetti del carattere soprattutto grazie alla azioni e alle decisioni compiute dai personaggi nel corso dei sette volumi (non intendo prendere in considerazione i prequel né tanto meno i sequel, opere confusionarie e mal strutturate, riprodotte su grande schermo o a teatro solo per la luce riflessa di Harry Potter).                                                                                                                                                                                         

Comincerei molto banalmente dall’eroe della saga: il prescelto. Harry Potter nasce in un periodo nefasto, Lily e James potevano attendere un altro po’ prima di mettere su famiglia. Il ragazzo non fa in tempo a venire alla luce che si trova subito nel mirino dell’Oscuro Signore che ahimè ricercava in maniera morbosa ed ossessiva un ragazzo nato alla fine di luglio che avrebbe messo a repentaglio il regime che stava velocemente istaurandosi sotto la sua guida. Fino agli undici anni l’esistenza di Harry scorre tranquilla tra una punizione ed una tirata d’orecchie e sperimenta la vita da ultimo degli ultimi in totale assenza di privilegi o affetto familiare (ottimo profilo per un serial killer, per fortuna il nostro eroe non è un babbano). Dopo la lettera d’ammissione ad Hogwarts, si trova scaraventato in una dimensione completamente nuova ed estranea. Essendo Harry l’eroe (seppur molto aiutato e supportato), è comprensibile che incarni valori etici e morali accompagnati da una buona dose di coraggio e sregolatezza. Comportarsi da scrigno della speranza per tanti maghi e involontariamente per tanti esseri umani e creature magiche non è né facile né scontato, ma Harry se la cava e arriva dignitosamente fino all’ultimo atto, perché se all’inizio della storia non aveva nulla per cui combattere, nel proseguire degli intrecci è riuscito a crearsi una famiglia: una comunità di persone solidali e pronte a difendersi l’un l’altro a costo di mettere a repentaglio la propria vita. Il peso di veder morire i propri amici è a tratti tanto insopportabile da rendergli difficile compiere un’analisi critica degli eventi. Per fortuna tra lui ed il mondo c’è un filtro che capta ciò che succede all’esterno cercando di razionalizzarlo come solo una nata sotto il segno della vergine sa fare: (tanto da sfociare a tratti nel materialismo più superficiale) Hermione Granger, che con l’aiuto del migliore amico non che futuro marito Ronald Weasley cerca di equilibrare il proprio essere in direzione meno razionalistica e più amorevole.

Il povero Ron subisce una quasi completa eclissi nelle pellicole di Harry Potter, il suo personaggio gode di pochi momenti di gloria su grande schermo (primo fra tutti la vincita alla partita di scacchi).                                 Proviene da una famiglia povera, numerosa ed accogliente e questo suscita una certa invidia in Harry che avrebbe tanto desiderato un po’ d’affetto invece che i calzini smessi di Dudley. Ron si mostra fin da subito insicuro e all’ombra dei fratelli maggiori che, nonostante le diversità caratteriali, sono riusciti a distinguersi in qualcosa (lo studio, il quidditch, ambizioni politiche ecc.) durante il loro periodo ad Hogwarts. La sua poca fiducia in sé stesso lo porta a idealizzare molto la sua amicizia con Harry.                                                       Tuttavia, il rapporto tra i due è perfettamente bilanciato, anche nei desideri più nascosti, di fatto Harry sogna una famiglia come quella di Ron ed entrare a farne parte rappresenta un grande gioia per il nostro eroe; dall’altro lato Ron non disdegna una buona situazione economica tanto da potersi permettere una nuova bacchetta e una toga nera. Di tutta risposta Harry finanzia con la vincita del torneo Tre Maghi il negozio di Fred e George nella speranza che un po’ di luce nella cupa Diagon Alley possa restituire ottimismo alla cittadinanza. Da buon Grifondoro dà prova del suo coraggio nella foresta proibita affrontando la sua più grande fobia: i ragni, prova da non sottovalutare. In questo caso ci insegna che con un fratello e una scossa di adrenalina si possono affrontare anche i percorsi più bui,

Hermione è palesemente una Corvonero imbucatasi al banchetto dei Grifondoro. Precisa, meticolosa, razionalista e a tratti troppo attaccata alla ‘’scientificità’’ degli eventi, è una fonte di conoscenza pret a porter. Sotto la coltre di polvere che si addice ad un topo da biblioteca c’è sicuramente una ragazza che se non avesse trovato l’amicizia di Ron ed Harry sarebbe la secchiona della classe emarginata dalla vita sociale perché le conversazioni banali e prive di arricchimento personale la annoierebbero. Certo è che la conoscenza priva di concretismo ma atta alla sola buona riuscita negli esami non conducono da nessuna parte. L’uomo puramente erudito non è altro che un’enciclopedia (“l’erudizione non diventa vita. Non produce un arricchimento, ma uno svuotamento” – Nietzesche). La sua lealtà e nobiltà d’animo saltano all’occhio grazie all’azione benefiche dei suoi amici che nonostante la sua goffaggine ed il suo discutibile impegno politico, le sono accanto, dimostrando grande pazienza.

Lord Voldemort è un personaggio a tratti troppo sopravvalutato. La sua infanzia non è stata certo idilliaca, l’orfanotrofio non è un posto adatto a crescere, ma può regalare la volontà e la forza di riscattarsi, magari costruendo un futuro che sia in grado di mettere in ombra un passato luttuoso e traumatizzante. Tom Riddle è un giovane uomo ad Hogwarts che si dimostra intelligente, propenso allo studio e di un’educazione impeccabile, tutto il contrario di ciò che ci si aspetterebbe da un bambino abbandonato al suo destino dai genitori e costretto a crescere in un ambiente ostile e non consono alle sue particolarità. Egli è infatti in grado già dalla tenera età di discernere le proprie esperienze di vita, i propri traumi ed i propri dolori dai rapporti di facciata che instaura a scuola. Il suo passato non viene del tutto oscurato nel periodo della sua maturità, infatti ne sono prova alcuni degli Horcux creati: l’anello della madre, la caverna dove nasconde il medaglione, il sacrificio del padre ecc.                                                                                                                                        Sin da subito viene introdotto come un uomo sicuro di sé e delle proprie abilità, un po’ di autostima non guasta mai, ma è inutile se alla base non ci sono valori e principi morali che dettino la via. Voldemort potrebbe rappresentare l’estremizzazione di un uomo medio contemporaneo: convintamente onnipotente e soprattutto onnisciente, sicuro che tutto gli sia dovuto (Ortega y Gasset). Non è grato a chi gli ha permesso di vivere in un certo benessere e, al contrario, rigetta confronti e discussioni rimanendo immerso nei suoi progetti, gli altri uomini diventando immediatamente soggetti passivi quindi paragonabile a degli ostacoli abbattibili in caso di necessità. Non si interessa di morale, etica o politica perché considerate effimere o meglio ancora futili ed infime perché non garantiscono potere o ricchezza e soprattutto prevedono una collettività e non un’autocelebrazione personalistica. Il Signore Oscuro è disposto a rinunciare alla propria individualità e unicità dell’essere in cambio della vita eterna come il Rasputin di Anastasia. L’obbiettivo di Voldemort è il potere in ogni sua forma, non a caso il suo incantesimo preferito è la maledizione Imperius perché lo rende burattinaio quindi in grado di esplicitare tutta la sua vena manipolatoria.

Dopo aver introdotto il burattinaio delle anime nere, è giusto parlare del burattinaio che gestiva la vita dei ‘’buoni’’ e chi se non Albus (tanti nomi nel mezzo) Silente. Anch’egli vittima di un’infanzia difficile, nonostante, a differenza di Harry, una famiglia ancora ce l’avesse, se ne distacca per perseguire traguardi carrieristici. Non è mio interesse menzionare le sue avventure amorose, sempre tenute ben celate e di fatto irrilevanti ai fini della comprensione del personaggio. Nel corso della storia l’opinione che si ha di Silente muta a causa della graduale comprensione delle mosse da lui premeditate nel corso della vicenda. Sta alla sensibilità di ognuno di noi giudicarne i risultati. Cercando di mantenere un atteggiamento quanto più imparziale possibile, ad un’analisi attente Silente potrebbe rappresentare la mente razionale che si pone come scopo il bene e tenta di ottenerlo nonostante gli ostacoli che si interpongono. Silente è la prova che il bene ha un prezzo, prezzo che difficilmente può essere scontato e che talvolta può coinvolgere anche la propria persona. Magari se si fosse dimostrato meno egoista e avesse condiviso i suoi dubbi ed opinioni con qualcun altro la strada sarebbe stata meno ardua.

La famiglia Dursley ci appare da subito come antagonista del protagonista ma è solo alla fine che scopriamo quanto fondamentale sia stata per mantenere in vita il nostro eroe. Sta di fatto che non brillano di simpatia e risulta veramente difficile empatizzare con loro. Oltre la figura di antagonisti, i Dursley fanno parte della linea comica della saga rendendosi protagonisti di avventure rocambolesche descritte principalmente nei libri e trascurate nei film. Da buona famiglia medio borghese sono attenti alla cura dell’esteriorità e al benestare del proprio orticello, quindi a meno che i problemi non li coinvolgano nel loro intimo si mantengono distaccati ma comunque interessati ai pettegolezzi, potrebbero essere dei degni partecipanti di un salotto di Barbara d’Urso: sempre pronti a giudicare e mai ad essere giudicati.

Neville è il miglior esempio di crescita personale, in costante lotta con sé stesso per vincere la propria insicurezza e per dimostrarsi degno dei propri genitori. Anch’egli nato alla fine di luglio poteva essere un papabile prescelto, ma per sua fortuna è stato solo un valido alleato nella lotta alle forze oscure. Nobile di cuore, coraggioso figlio del suo tempo, riesce a svegliarsi dal torpore giovanile ed ergersi impassibile di fronte a schiere di Mangiamorte molto più esperti. Il migliorarsi lentamente e con costanza rende l’uomo capace di innalzarsi a livelli superiori e quindi anche di combattere non solo i propri demoni ma anche quei demoni che vogliono rompere equilibri costruiti con tanta fatica. Neville ci dimostra che essere giovani non vuol dire rimanere nelle retrovie, ma anche ambire ad essere una guida che coniuga saggezza ad azione. Improbabili le nozze con una ragazza sognante come Luna infatti per loro non c’è futuro.  Gli opposti non sempre si attraggono, il più delle volte nascono incomprensioni o putiferi (lungi da me essere disfattista). Luna è sicuramente una Corvonero anomala, ma in grado di vedere oltre le apparenze grazie ad una particolare sensibilità e una poca attitudine a conformarsi alle regole che impone la società e questo la porta inequivocabilmente ad esserne esclusa, non a caso cerca rifugio nella compagnia creature magiche alternative, gli odierni casi umani.

È mia volontà menzionare rapidamente la linea comica per eccellenza nella saga: Gilderoy Allock. Professore di difesa contro le arti oscure e scrittore appassionato costantemente alla ricerca di fake news e ladro di opere altrui; un moderno Saviano o un qualsivoglia giornalista di Repubblica.

Il personaggio di Sirius Black è sicuramente interessante da analizzare: giovane bullo ribelle e scapestrato ma, allo stesso tempo cuore d’oro pronto a sacrificare sé stesso per la famiglia che si era creato ad Hogwarts. Rappresenta il bene che viene abilmente camuffato dalla stampa e dalle male voci nel demone nero e fedele servo dell’Oscuro Signore. È la testimonianza più ovvia di come il bene è invisibile agli occhi. Nonostante la sua condotta pessima nei confronti degli studenti della Casa Serpeverde, è un fratello leale e solidale nei confronti dei suoi compagni di sventura, offre loro il suo appoggio incondizionato e totale come farà con il figlioccio Harry. All’estremo opposto c’è l’amico d’infanzia Peter Minus: il traditore, che ci fa capire come sia facile annientare sé stessi quando si ha paura. Egli infatti è la causa principale della sua morte. Quando la paura si impadronisce della nostra lucidità siamo paralizzati e incapaci di pensare razionalmente e un esempio attuale ce lo abbiamo sotto gli occhi: siamo arrivati al punto di tirare un sospiro di sollievo perché Conte ci ha ‘’rassicurati’’ che il domicilio non sarà violato in questo periodo di pandemia, la paura ci permette di chinare la testa in maniera servile accettando compromessi subdoli ed ingiustificabili, come possiamo aver calpestato così la nostra dignità?

Dulcis infundo, il personaggio più complesso dell’intera saga: Severus Piton. L’unto dei capelli fa parte del fascino alla Renato Zero e sono per giunta utili a mascherare una profonda sofferenza che lo attraverserà per tutta la vita. Severus Piton è uno scrigno, chiuso, impenetrabile, immagazzinatore di esperienze traumatiche e propedeutiche alla creazione di una fredda corazza che ha lo scopo di proteggere quel poco che rimane di un cuore tormentato. Egli ci dimostra che un uomo può e deve migliorarsi, anche se questo è sinonimo di cambiamento, anche se vuol dire rischiare di accontentarsi di vivere una vita meno agiata o tranquilla. Non da sottovalutare la sua delicatissima postazione di combattimento, oltre la prima linea ed in costante rischio, nonostante dai suoi occhi non si percepisca adrenalina.                                                                              Severus Piton ha delle emozioni, ma queste sono controllate magistralmente e fatte venire a galla solamente al momento del bisogno o al limite massimo della sopportazione. Inoltre, il professore, condannato alla cattedra di pozioni, ci insegna che l’amore è un’arma potente e non sottovalutabile perché resiste alle prove del tempo, come la morte. Severus è protagonista del problema ontologico che attraversa la narrazione, egli rimane in bilico tra Bene e Male fino al colpo di scena che pone fine alla saga. Grazie al professor Piton abbiamo compreso quanto sia labile e vago il confine dualistico tra due forze contrapposte (Bene e Male).  Tuttavia, nel corso della lettura dei libri è facile immedesimarsi nei personaggi e quindi anche in Piton, ma la sua figura ci rimane più ostica da calzare in quanto la sua umanità intrappolata in un’oscura luminosità non ci regala un quadro del personaggio a 360 gradi, il professore di pozioni è più umano di quanto possiamo pensare infatti nel descriverlo così tacitamente la Rowling ci mostra un affresco aderente alla necessità della finzione letteraria in questione. È bene aggiungere che Piton è un personaggio concreto, è il personaggio del fare e dell’azione che non ama nascondersi dietro alle parole tanto amate da Silente. Sono i fatti che dimostrano chi sei e di cosa sei degno, d’altro canto le parole possono rappresentare una valida arma per affabulare degli stolti, per motivare o per temporeggiare in caso di crisi.