Di Libero

In tempi di Covid abbiamo visto accendersi i riflettori su una schiera di personaggi prima sconosciuti ai più: i virologi o presunti tali. Questi nuovi vip affollano tv e giornali pontificando ognuno la propria inoppugnabile verità, che però è spesso mutata dai tempi in cui “il vero virus è il razzismo”.

Innanzitutto, è bene precisare che una buona parte di questi “esperti” in realtà non è composta da virologi o epidemiologi, bensì da altri tipi di medici che, come è stato fatto notare più volte, hanno poco o nulla a che fare con le discipline interessate nello studio del virus. Fatta questa premessa è interessante notare come le opinioni da essi espresse spazino da un estremo all’altro, dalle più catastrofiche alle più rassicuranti.

Questo pluralismo di pareri ha evidenziato quanto la scienza, che sino ad ora era ritenuta, dai più, unica ed infallibile bussola da seguire – al di sopra di qualsiasi etica e morale – sia in realtà soggetta ad una discordanza di conclusioni, perdendo, quindi, in alcuni casi, la sua oggettività universale.

Non che prima della pandemia non ci fossero mai state divergenze o opinioni differenti ma tutto ciò era per lo più relegato al mondo accademico, mentre ora l’idea che gli esperti non siano più portatori di un verbo unico e fattuale, si è allargata anche ai non addetti ai lavori.

Questo può essere un bene poiché racchiude nuovamente la scienza in una morale collettiva, che non deve essere coercitiva o inquisitoria bensì costruttiva ed etica, grazie alla quale non saremo più portati a dover accettare qualsiasi amenità nel nome del progresso a tutti i costi, che molto spesso va di pari passo con il profitto. D’altro canto, è quantomai palese che questa “non infallibilità” della scienza non deve cadere in ridicoli qualunquismi e complottismi che sono altrettanto deleteri.

Il dibattito odierno ci pone quindi davanti alla scienza che affronta la scienza, ad una scienza più scienza dell’altra, ad una scienza giusta ed una sbagliata. Il confronto fra queste idee è inevitabilmente influenzato dai media che hanno investito con un’aura di verità assoluta la scienza del catastrofismo, bollando, invece, di ignoranza e negazionismo chi ha visioni anche leggermente diverse, basate su dati – quelli sì – oggettivi.

Ovviamente dai soliti intellettuali semi-colti vi è stata una levata di scudi generale contro la scienza “sbagliata” considerata frutto di superficialità ed opportunismo. Proprio da parte di questi cultori della coerenza, per i quali una laurea o un curriculum accademico valgono a giorni alterni, ogni giorno piovono le critiche più feroci contro chi, nonostante abbia ragione di esprimersi, osa criticare la gestione di questa emergenza.

Infine è bene tenere sempre presente che la scienza, qualsiasi disciplina essa studi, è un fenomeno umano e quindi non neutrale, e come altri fenomeni umani è un riflesso della società, e sta all’uomo ed all’uomo soltanto riuscire ad armonizzare le molteplici opportunità che la scienza ci offre, questa pandemia è l’esempio lampante di quanto appena detto poiché, a causa di interessi personali ed inutili protagonismi manca una visione d’insieme più oggettiva ed organica possibile che permetta di fare qualcosa di concreto in questo momento di crisi.