Di Luca

Quante volte (anche una sarebbe troppo) il 4 novembre, in un momento di festa tra i più importanti per il popolo italiano, ci giunge all’orecchio l’infausto ritornello di chi grida all’”inutile strage”.

Visto il pulpito da cui proviene la predica, non può che suscitare un sentimento di disgusto misto a pena:qualche omuncolo borghese che dal basso della sua esistenza mediocre giudica il sacrificio di migliaia di giovani italiani e che porta, con le sue vili parole, dal rango di eroi a quello di vittime.

Ma si può tranquillamente affermare che, a quei giovani, di essere commiserati da certa gente non frega assolutamente nulla.

Questa festa, che in realtà, dovrebbe risvegliare sentimenti di amor patrio ed euforia per la vittoria, per alcuni genera un risentimento che ha le origini radicate ben prima dello scoppio del conflitto.

Questo sentimento di disprezzo verso la Grande Guerra è infatti tipico di una determinata area politica che detiene oggi l’egemonia sulla cultura ed alla quale purtroppo appartengono la maggioranza delle istituzioni.

Negli anni antecedenti allo scoppio della Grande Guerra, durante i vari congressi, l’internazionale socialista tentò di evitare il successivo ed eventuale conflitto, ma questa unanimità crollò inevitabilmente sotto il fragore dei primi colpi di cannone.

I partiti socialisti dei vari paesi europei iniziarono gradualmente ad assumere posizioni sempre più ispirate alla difesa nazionale, partendo da quello tedesco che votò a favore dei crediti di guerra e seguito ben presto da quello austriaco; finirono per schierarsi anche i socialisti francesi, quelli belgi una volta invasi dalle truppe tedesche e gran parte dei laburisti inglesi.

Tutti i rappresentanti dei partiti socialisti europei erano consci di essere prima di tutto Francesi, Tedeschi, Austriaci e poi proletari. Unica eccezione era quello italiano non propenso a schierarsi in guerra con la propria nazione.

Non erano tanto i militanti, i quali una volta inviati al fronte si resero protagonisti di eroiche gesta dimostrando genuino amor patrio, quanto più la dirigenza del partito a non comprendere l’importanza e la sacralità di quella battaglia fondativa che avrebbe finalmente riscattato l’onore di un popolo che stava in quel momento riscoprendo la sua esistenza.

Gli italiani in trincea definirono i nuovi confini d’Italia, sacrificando spesso la propria vita sulle orme dei padri risorgimentali attraverso un’esperienza che ha del romantico (e non del sadico come oggi vogliono far credere).

Ma se come già visto, il comportamento di molti socialisti fu riprovevole e vile fino a quel momento, a fine del conflitto fu anche peggio: dalle offese ai reduci agli eccessi del “biennio rosso”, fino addirittura a candidare in parlamento nelle fila del partito comunista il disertore Francesco Misiano, cioè colui che aveva tentato di sobillare la folla contro D’Annunzio durante l’impresa di Fiume.

È in quel momento cruciale che nasce e si spiega l’odio viscerale e l’ottusa repulsione della cultura di sinistra nei confronti della Grande Guerra.

Dal 1977 poi, il 4 novembre da festa nazionale divenne la festa delle forze armate, e viene sempre più accantonata da coloro che quella guerra non l’hanno mai voluta e con ciò si rifiutano stupidamente di celebrarne la vittoria che li coinvolgerebbe in quanto comunque italiani.

Per la ricorrenza del centenario della Grande Guerra sono stati stanziati una quantità di fondi ridicola per la celebrazione dell’evento, in compenso però le librerie sono state riempite di revisionismi antiitaliani e antimilitaristi sul conflitto. Inoltre, papa Francesco condannava l’”inutile strage” (definizione coniata dall’ultraconservatore papa Benedetto XV nella sua lettera ai capi di stato belligeranti l’1 agosto del 1917) sulle ossa di oltre centomila caduti Italiani al sacrario militare di Redipuglia.

Nel 2018 agli esami di maturità si è ritenuto più necessario far discutere gli studenti delle leggi razziali fasciste all’ottantesimo anniversario dalla loro promulgazione piuttosto che il centenario della Grande Guerra.

Ogni anno viene dato molto più spazio alle celebrazioni incentrate sulle sconfitte militari o le ritirate dell’RSI e delle truppe tedesche, facendo grosse manifestazioni pubbliche e varie parate alle quali si fanno partecipare le scolaresche fin dalla più tenera età così da essere sicuri di indottrinare fin da subito.

Invece di dare così tanto spazio alle celebrazioni di eventi che ancora oggi dividono e seminano odio nel popolo italiano non sarebbe meglio piuttosto dare più importanza alla ricorrenza che più di tutte dovrebbe unirci?

La memoria, oggi, deve avere l’unica funzione di processare la nostra storia non più di celebrarla.

Ciò che è stato scritto con il sangue degli eroi non potrà mai essere cancellato dalla saliva dei politici: ricordiamo a chi dal basso del suo grigiore sputa verso l’alto del sacrificio dei figli d’Italia, che gli tornerà tutto in faccia prima o dopo.