Di Bologna

Parliamoci chiaro: il politicamente corretto nella cinematografia ha davvero rotto le palle. Nella produzione odierna passiamo tranquillamente da un Machiavelli di colore all’africanizzazione degli Dei dell’Olimpo e il contesto storico viene completamente ignorato nel nome di un forzato inserimento di qualche minoranza da esaltare. Questa operazione è diventata iconica soprattutto sulla piattaforma Netflix, la cui propensione a tali rimaneggiamenti della storia ha scaturito ilarità e frustrazione negli utenti che hanno creato migliaia di memes sulla “Netflix adaptation”.

Ecco quindi che nell’imbatterci nell’ennesima serie storica proposta dal colosso dello streaming possiamo pensare di trovarci qualche console romano arrivato direttamente dal Ghana. Con grande sorpresa invece in “Barbari”, la nuova serie Tv che narra dello scontro tra Germani e Romani antichi, ci sono i Germani, ci sono i Romani, e non ci sono subsahariani!

L’opera, divisa in sei puntate, è ambientata nelle foreste tra il Reno e l’Elba sotto il regno dell’Imperatore Ottaviano Augusto. Ci porta nelle vicende del mitico Arminio, condottiero germanico che guidò il suo popolo alla vittoria contro le legioni Romane nella storica battaglia di Teutoburgo.

Evitando spoiler, basti sapere che in queste puntate seguiremo da vicino le vicende del giovane Germano e ufficiale imperiale rinnegato Arminio, personaggio appunto realmente esistito che affrontò Quintilio Varo nelle fitte foreste tedesche annientandone le formidabili legioni in un’imboscata che rimane tuttora nella storia.

La produzione della serie è quasi interamente tedesca, il che spiega il motivo di una caratterizzazione marcatamente negativa dei personaggi Romani, dipinti come imperialisti senza scrupoli e sentimenti affamati di denaro e potere, insomma come gli Stati Uniti. Non mancano però le critiche anche al popolo Germano: disunito, affarista, talvolta meschino con tribù e capi pronti a vendersi all’invasore per paura o per profitto. Con questa serie, il cinema torna a trasmettere valori di fedeltà e coraggio, l’odio per l’infamia ed il tradimento, e soprattutto il fortissimo legame che ogni uomo ha col proprio sangue e la propria stirpe, e per Netflix scusate se è poco!

È proprio Arminio infatti a fungere da esempio di come il richiamo del Clan, del sangue, sia più forte di mille integrazioni forzate tra popoli diversi. Egli è un prefetto romano in carriera ma, se pur tra mille incertezze e dubbi (esageratamente messi in luce in vari episodi quasi avessimo a che fare con un teenager in piena crisi ormonale) alla fine non esita a schierarsi in difesa del proprio Clan e del proprio popolo.

Anche tra i romani più ‘crudeli’ troviamo poi sempre un fondo di positività. Un centurione severo e freddo che commemora nostalgico una vecchia battaglia al fianco di Arminio, mostrandosi le rispettive cicatrici, da un segno di cameratismo legionario non da poco per un insensibile conquistatore. Lo stesso Varo, dipinto per tutta la durata della serie come un cinico dominatore, ha uno sguardo di fiera dignità mentre, dopo la disfatta e la perdita dell’Aquila (simbolo sacro della legione), si conficca la spada nel ventre preferendo il suicidio al disonore.

Anche dal punto di vista tecnico poi la serie ci ritrasmette la sensazione di cupa oscurità che la selvaggia Germania doveva dare in quel mistico periodo, senza contare che la battaglia finale, con la pioggia che cade a mescolarsi col sangue, fa ben trasparire l’affanno dei legionari armati pesantemente e immersi nel fango durante lo scontro.

Insomma, si può riconoscere che stavolta Netflix ha fatto un lavoro più che discreto e che “Barbari” merita di essere guardata. Se mai ci sarà una seconda stagione non ci è dato saperlo, soprattutto considerando il triste destino di Arminio e della sua gente una volta giunte le legioni vendicatrici a riprendersi le Aquile. Speriamo solo che continui su questo andazzo (con meno crisi adolescenziali di guerrieri maturi e temprati) perché l’Europa oggi ha bisogno di riscoprire la propria storia ed il richiamo degli avi ancestrali e no, sicuramente non ha bisogno di un Achille ghanese e di uno Zeus caraibico.