di Michele

L’utopia è il non-luogo, derivando dal greco, più precisamente da«ou»che indica una negazione e da «topos»che significa «luogo». Il mondo in cui viviamo oggi è il mondo dei non-luoghi per eccellenza. Tanto che c’è chi, come Marc Augé, ha fatto del non-luogo un concetto antropologico e filosofico importantissimo. Non-luoghi sarebbero i centri commerciali, le grandi catene, gli aeroporti, insomma tutto quei luoghi che potremmo trovare uguali in tutto il globo e che non intrattengono un’autentica relazione con il contesto che lo circondano.

Perché allora se il mondo in cui viviamo è il mondo dell’utopia realizzata, assomiglia meno ad un sogno che ad un incubo, perché in altri termini il nostro immaginario è così preso dalle distopie piuttosto che da una eutopia (utopia positiva, da «eu» ovvero «bene»)?

La distopia non è solamente una utopia negativa, dove «dis» sta per «cattivo». In ambito medico descrive la condizione di un organo che è fuori posto, malmesso rispetto alla propria sede normale. In questo senso la distopia è anche il racconto di ciò che è fuori posto nella nostra società, proiettandolo in un futuro più o meno vicino. Ecco, quindi, cinque distopie da leggere per affrontare e capire ciò che ci circonda.

Il mondo nuovo di Aldus Huxley:

Partiamo da quello che è stato il capostipite di questo genere nel novecento. Il mondo nuovo mette in scena il sogno bagnato di qualsiasi liberista, in cui iper-sessualizzazione, pubblicità, ingegneria sociale e condizionamenti psicologici creano una società apatica, materialista, a prima vista addirittura felice. Gli uomini sono creati in laboratorio. Gli anni vengono calcolati dalla nascita di Ford. Nei momenti di disperazione basta ricorrere al soma, droga quasi perfetta che è parodia del cibo divino dei Veda indiani. La trama del libro ruota attorno alla comparsa di un uomo autentico, che ha letto Shakespeare, che ha una madre e un padre, e che quindi non può che essere considerato un Selvaggio. La lezione amara del libro è che anche questa rivolta contro il mondo moderno viene incorporata dal sistema, semplicemente spettacolarizzandola, facendo diventare il Selvaggio un’attrattiva per le masse annoiate. Il mondo nuovo è una riflessione sull’utopia stessa, sulla fede nel progresso. Huxley ci mette in guardia, mostrando come il raggiungimento del solo benessere materiale o l’immagine di un mondo perfetto ma senz’anima, siano nei fatti una prospettiva inquietante. Si prova quasi un senso di vertigine a pensare che sia stato scritto nel 1932.

1984 di George Orwell

Impossibile non citarlo. Se il libro di Huxley mette in mostra le contraddizioni di un sistema capitalista, quello di Orwell lo fa per un sistema comunista. Questo rende 1984 meno attuale di Il mondo nuovo, nonostante sia successivo di più di un decennio. Dei limiti del testo orwelliano ne abbiamo già parlato (https://www.bloccostudentesco.org/2020/08/12/orwell-ha-rotto-il-cazzo-capire-il-totalitarismo/). La forza di 1984 sta nella sua semplicità, nelle sue immagini terrificanti, nel continuo rovesciamento tra verità e menzogna. Parole come bipensiero, Ministero della Verità, neolingua, sono ormai entrate nell’immaginario comune.

Fahrenheit 451 di Ray Bradbury

A cosa servono i libri in una società di consumo? A cosa serve pensare quando c’è qualcuno che può farlo al posto tuo? A nulla. Talmente tanto a nulla da essere qualcosa di spaventoso. Così nella società immaginata da Bradbury leggere libri è reato. Con una buona dosa di ironia, sono i pompieri ad incaricarsi di dare alle fiamme i libri. In Fahrenheit 451 i libri sono qualcosa di più di semplice carta stampata, sono il simbolo di una tensione verso l’assoluto. Tensione che viene sempre frustrata e criminalizzata da una società intontita, assuefatta ad una schiavitù strisciante in nome di sicurezza e materialismo. Come in un processo alchemico il protagonista Montag passa dalla prova del fuoco, viene aiutato dall’immagine della sapienza (qui la diciassettenne e pazza Clarisse Mclellan), fino a trasfigurarsi in un uomo integrale. Mentre ovviamente tutto fuori crolla.

Il campo dei santi di Jean Respail

Un po’ come in Black Mirror, il futuro è così vicino da sembrare già adesso. Non troverete un altro libro capace di far ridere e al tempo stesso inquietare come Il campo dei santi. I tic nervosi del progressismo, gli isterismi dei falsi democratici, l’antirazzismo che si fa autorazzismo, l’impotenza dei conservatori, le contraddizioni di un intero sistema vengono elegantemente svelati dalla penna di Respail. L’arrivo dall’India di una massa di straccioni è il pretesto per assistere alla fine di una civiltà, ad una Francia che si spezza perché ha già smarrito sé stessa. L’apocalisse è già qui, i vari Gog e Magog che arrivano dall’altra parte del mondo certificano un crollo già compiuto, che aspetta solo una piccola spinta.

Sulle scogliere di marmo/ Heliopolis/ Eumeswil di Ernst Jünger

Qui bariamo e al posto di un solo libro prendiamo in considerazione l’intera trilogia. Attraverso di essa Jünger esplora il nichilismo nei suoi diversi stadi: livellamento e distruzione al suo inizio; Stato Mondiale; e fine della storia. Ingiustamente Sulle scogliere di marmo viene considerato come una sorta di manifesto contro il regime nazista. Piuttosto è da considerare come il canto di un’epoca perduta, di una civiltà che deve perire per rinascere. Il tema portante di tutti e tre i libri è quello della libertà di fronte ad un mondo in rovina, nel quale i valori si sono sfaldati e lo scadimento delle masse ha raggiunto il suo apice. I protagonisti coltivano una libertà spirituale nel proprio foro interiore, come moderni stoici. È sempre possibile una rigenerazione nel passato di un sangue nobile, o nel futuro di conquiste fantascientifiche, o nel presente del Bosco come luogo del mito che si rinnova.