Di Jen

Catcalling è un neologismo inglese che da qualche giorno ha spopolato sui social e sta monopolizzando i dibattiti nel web in generale. Letteralmente formato da “cat” cioè “gatto” e “calling” “chiamare”, facendo riferimento alle cosiddette “molestie da strada” che fino a qualche anno fa erano considerate una macchietta tutto sommato caricaturale presente anche in moltissimi film.

Tra le molestie di strada rientrerebbero fischi, apprezzamenti sfacciati urlati per strada e qualsiasi altro genere di commento legato all’aspetto di una donna, insomma, niente di particolarmente grave sembrerebbe solo molto cattivo gusto. Se i presunti molestatori, quindi, non si tirano indietro nell’ostentare il loro essere cafoni, le presunte vittime non sono da meno nel dimostrarci una finta ipocrisia che porta a pensare non sappiano più a cosa aggrapparsi per i propri 15 minuti di notorietà sul carrozzone del vittimismo.

Ma venendo ai fatti, a sollevare questo polverone qua in Italia sembrerebbe essere stata Aurora Ramazzotti che, nel fare jogging deve aver ricevuto qualche apprezzamento fuori luogo e deve aver dato libero sfogo alle sue insofferenze su Instagram; chiaramente in men che non si dica ha fornito pane per i denti alle innumerevoli donzelle annoiate dalle varie zone rosse che hanno deciso di rifarsi raccontando a loro volta ai loro followers di “quella volta in cui anche loro furono vittime del patriarcato”.

Fin qua ce ne potrebbe ancora importare relativamente poco, visto che, a tutela della propria intelligenza una persona decide chi seguire o no ma soprattutto quale peso dare alle parole.

Il punto che, invece, porta la nostra attenzione ad essere attirata è decisamente un altro: parlare troppo di una cosa ne sminuisce l’importanza. Le molestie sulle Donne, in questo caso, ma le molestie in generale, non vanno sottovalutate in quanto figlie di disturbi della società e di uno spostamento di quello che è l’equilibrio dei valori. Definendo però molestia qualsiasi atto, che può essere fastidioso ma certamente non deleterio, si va a snaturare l’essenza stessa del problema e si finisce per banalizzarlo.

Sembra da quanto leggiamo e sentiamo in questi giorni che la donna in realtà sia sempre più vittima di sé stessa che degli altri, vittima di schemi mentali che si costruisce pur di essere compatita, pur di dire che il mondo è ingiusto perché sessista. Questo vittimismo non solo è ridicolo ma anche preoccupante perché snatura quella che è la reale potenza del genere.

Non è quindi il patriarcato ma il femminismo sfrontato e languido a opprime la concezione della donna, riducendola ad essere un essere sempre più debole e vittima di tutto con la paura anche della sua stessa ombra. Bisogna essere lucide e saper distinguere cosa va condannato come volenza o molestia e cosa no: infibulazione, matrimonio infantile o problemi più vicini a noi occidentali come stalking, violenze domestiche e stupri sono problemi con la P maiuscola.

Soppesare le parole per soppesare la realtà, in un tempo in cui un fatto descritto in un certo modo piuttosto che in un altro ha una rilevanza piuttosto che un’altra, perché l’utilizzo in un certo modo dei social amplifica nel bene e nel male ogni cosa. Uscire per fare jogging ed essere accoltellata come Marta Novello è una tragedia, uscire e ricevere dei fischi dall’ultimo dei cafoni magari non così tanto per quanto indubbiamente fastidioso.