Di Enrico

Quando pensiamo ad uno “scontro di civiltà”, la prima cosa che ci viene in mente in genere è “l’eterno conflitto” tra l’Islam e l’Europa. Ora, non c’è il minimo dubbio sul fatto che per lungo tempo l’Europa cristiana e l’Islam (in particolare quando quest’ultimo era rappresentato dall’Impero Ottomano in espansione) si siano scontrati in lunghe e sanguinose guerre, ma ciò non toglie che questi due mondi (apparentemente incompatibili tra loro) abbiano avuto numerose occasioni di dialogo, per di più con il coinvolgimento degli Spiriti Magni della Civiltà Europea. Si può dire che in questo caso la verità sia grigia, non è né bianca né nera.

Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, quand’è la prima volta in cui i musulmani incontrano gli occidentali? Sarebbe logico, per convenzione, collocare questo avvenimento nel periodo di tempo che va dal 632 (anno della morte di Maometto) fino a circa la metà del secolo successivo, ovvero il periodo della cosiddetta “Espansione Islamica”. 

Dopo la morte del Profeta, gli arabi convertiti alla nuova fede, si impadronirono in meno di un secolo di un vasto impero che va dagli odierni confini occidentali dell’India fino ai Pirenei, conquistano persino la Sicilia. Escludendo i cristiani che vivevano negli attuali stati della Siria, del Libano e dell’Egitto, i primi europei cristiani che gli arabi incontrano sono gli abitanti dell’allora Impero Romano d’Oriente e i goti della Spagna, stanziatisi nella penisola iberica durante le invasioni barbariche. Inutile dire che questi primi “incontri” siano stati sostanzialmente di tipo militare, ma senza ancora quella concezione di guerra religiosa o “scontro di civiltà” che verrà alla luce molto più avanti.

Il primo caso documentato di contatti diplomatici (oltre che militari) tra l’Europa cristiana e l’Islam, avviene con Carlo Magno. Da ciò che emerge dai documenti, sembra che il Re dei Franchi e futuro Imperatore, non nutrisse sentimenti ostili verso gli arabi per motivi religiosi; quando Carlo Magno avviò la guerra contro gli arabi stanziati al di là dei Pirenei, si inserì in un conflitto preesistente tra Emiri locali, arrivando addirittura a stringere un’alleanza con uno degli Emiri per combattere contro un altro. Si intende quindi, che si trattasse di motivi di tipo espansionistico-militari piuttosto che religiosi. Anche se ufficialmente queste guerre erano presentate all’opinione pubblica del tempo come guerre a scopo religioso. 

Ma c’è di più; Carlo Magno intrattenne lunghe relazioni diplomatiche con il Califfo di Baghdad, Harun al-Rashid (il Califfo, per intenderci, delle “Mille e una notte”), strinsero accordi che garantivano protezione ai pellegrini cristiani che si recavano a Gerusalemme (all’epoca sotto controllo musulmano). Si scambiarono perfino dei regali; diverse cronache dell’epoca di Carlo Magno ci raccontano ad esempio dell’elefante mandato in dono al Re dei Franchi dal Califfo di Baghdad.

Le cose cambiano, anche se con qualche eccezione, nel 1096. Il Papa Urbano II bandì la Prima Crociata con un obiettivo ben preciso: liberare i luoghi santi dagli “infedeli” e soccorrere i cristiani d’oriente, attaccati dai turchi selgiuchidi. Ed è in quel momento che anche i musulmani riscoprono i concetti di Jihad (che non vuol dire proprio “guerra santa”, ma piuttosto indica lo “sforzo” che ogni credente deve fare per compiere ciò che è gradito a Dio), presenti nel Corano, certo, ma che fino a quel momento erano stati quasi dimenticati, perché il mondo islamico non aveva più dovuto affrontare grandi aggressioni esterne. 

È importante sottolineare che i musulmani non consideravano l’azione dei crociati mossa da motivi religiosi, secondo i primi, i crociati furono soltanto una massa di “barbari e miscredenti” venuti da chissà dove con il solo scopo di razziare e depredare.

Le opinioni dei musulmani erano “cordialmente” ricambiate dai cristiani, con argomenti molto simili. Tuttavia, durante tutta l’esistenza del Regno di Gerusalemme, il più importante dei regni cristiani nati in Terra Santa dopo la conquista dei crociati, vi furono diversi accordi che per esempio, garantivano il diritto alla preghiera dei musulmani nelle moschee di Gerusalemme.

Un episodio emblematico in questo senso è quello raccontato da Usama Ibn-Munqidh, Emiro di Shayzar (in Siria). Un uomo che per tutta la vita combatté i crociati, ma con cui ebbe anche  accordi, modo di conoscerli, e di comprendere questa “strana gente venuta dall’Europa”. Usama Ibn-Munqidh racconta che, dopo la conquista crociata di Gerusalemme, si recò a pregare nella Moschea al-Aqsa, a quel tempo gestita dai cavalieri dell’Ordine Templare (è interessante notare che un Emiro musulmano li chiami addirittura “i miei amici Templari”, nel suo racconto)  senza che questi avessero nulla in contrario ad accogliere Usama e altri musulmani come lui. Un giorno, appena iniziata la sua preghiera con la formula “Allah-u akbar” (Dio è ciò che è più grande) in direzione della Mecca, Usama venne interrotto da un crociato, che a forza, lo fece voltare verso oriente dicendogli “così si prega!”, poiché nel medioevo la preghiera cristiana era sempre svolta con il viso rivolto verso oriente. Intervennero perciò i Templari, che trascinarono via il crociato per poi scusarsi con Usama dicendogli: “perdonalo, è un forestiero. È arrivato da poco dal paese dei Franchi (come i musulmani definivano i crociati venuti dall’Europa) e non ha mai visto pregare nessuno fuorché con il viso rivolto ad oriente”.

Sembra quindi che in realtà, almeno in tempo di pace, non ci fosse lo spirito di guerra santa come invece avveniva in tempo di guerra.

Sempre nel medioevo, un altro esempio di “scambio di vedute” tra l’occidente cristiano e il mondo islamico, avviene nella prima metà del XIII secolo, alla corte dell’Imperatore Federico II di Svevia, noto per il suo amore per la conoscenza (definito addirittura da alcuni suoi contemporanei “l’amico della sapienza”). Egli riuscì a contattare uno dei massimi filosofi arabi e musulmani del suo tempo; il mistico sufi (corrente mistica a carattere iniziatico interna all’Islam) Ibn Sab’In, a cui spedisce una serie di quesiti o “questioni” alle quali, con molta pazienza, risponde con un intero libro, chiamato in onore di Federico II, oltre che Imperatore del Sacro Romano Impero, anche Re di Sicilia, “Le Questioni Siciliane”. Federico II è noto per aver conquistato Gerusalemme solo accordandosi con il Sultano Malik al-Kamil. L’accordo prevedeva il possesso di Gerusalemme da parte dei crociati, ad eccezione della spianata nella quale situavano le moschee, posta invece sotto controllo musulmano.

Le cose cambieranno drasticamente a partire dalla seconda metà del XV secolo. 

Nel 1453 il sultano ottomano Mehmet II, detto “il Conquistatore”, conquistò Costantinopoli e pose fine all’Impero Romano d’Oriente. In quel momento gli Europei guardarono ai Turchi Ottomani come una minaccia mortale, in particolar modo in Italia, in prima linea contro questi. Nel 1480 i Turchi sbarcano a Otranto, ancora oggi conosciuta come la “Baia dei Turchi”.  Nell’immaginario collettivo degli Europei del XV-XVI secolo, almeno fino alla Battaglia di Lepanto, prevale il terrore verso gli Ottomani, dai quali si teme la conquista dell’Italia e dell’Europa.

Machiavelli, in una lettera a Francesco Guicciardini scrive: “qui si fanno sempre gli stessi discorsi: sul diluvio che deve venire, o sul turco che deve passare e se fosse bene fare la crociata di questi tempi. E simili novelle da pancaccie (chiacchiere da osteria)”.

C’è però, chi vede nei turchi una possibile alternativa alla società occidentale. Nel Cinquecento si svolge a Bologna (all’epoca sotto lo Stato Pontificio) il processo di un sovversivo, accusato di aver tramato contro il governo papale. Pare che egli, poco prima di essere impiccato, abbia gridato “vorria piuttosto il governo del turco, che quello de’ preti”.

Per lungo tempo l’Islam, sotto la guida degli ottomani, continuò ad avanzare nei Balcani spingendosi fino al Friuli e a Vienna, assediata per due volte senza mai essere conquistata. Durante la conquista ottomana dei Balcani, nacque un popolo, rimasto sino ad oggi l’unico di lingua indoeuropea e di religione musulmana; i Bosgnacchi, i bosniaci musulmani, che vivono tutt’ora nei Balcani.

Questo clima di terrore in Europa persistette fino al 7 ottobre 1571, giorno in cui la flotta ottomana venne completamente annientata a Lepanto dalle flotte congiunte di Venezia, Spagna, Genova e Stato Pontificio. Dopo quella battaglia l’Europa iniziò a temere meno l’azione dei turchi, considerati sempre più, rivali inferiori incapaci di confrontarsi con l’occidente. 

Nonostante tutto questo, e nonostante la forte ostilità tra l’Islam (incarnato in quel momento dall’Impero Ottomano) e l’Europa cristiana, delle occasioni di confronto tra i due mondi ci furono anche qui.  Uno fra questi, creò involontariamente collegamenti tra due civiltà in quel momento in lotta tra loro; si tratta del fenomeno dei cosiddetti “rinnegati”.

I “rinnegati” erano soldati, marinai o mercanti cristiani che, una volta catturati e messi a remare sulle galere dagli ottomani, per divenire a tutti gli effetti uomini liberi sceglievano di “rinnegare” il Cristianesimo e di convertirsi all’Islam.  È interessante notare però, che queste scelte non erano soltanto dettate dalla volontà di non “essere messi al remo”, ma prese consciamente, diventare uomini liberi nell’Impero Ottomano, infatti, valeva a dire avere opportunità di carriera data dalla mobilità sociale. Non era infatti concepibile che ad un uomo venisse affidato un incarico importante solo in virtù della sua discendenza (cosa invece molto comune nell’Europa di quel periodo). 

Sono giunte sino a noi diverse testimonianze di questi “rinnegati” che, dopo la conversione all’Islam, fecero un’importante carriera all’interno dell’Impero Ottomano. È il caso di Scipione Cigala (o Cicala), membro di un’importante famiglia genovese, che dopo essere stato catturato dagli ottomani ed essersi convertito all’Islam con il nome turco di Sinan, iniziò una rapida ascesa fino a diventare comandante della flotta ottomana (in turco “Capudan Pascià”) e divenne così Sinan Capudan Pascià (protagonista, tra l’altro di una canzone di Fabrizio de André). 

Un altro esempio è quello di Giovanni Dionigi Galeni, pescatore calabrese, catturato anche lui dai turchi, convertito all’Islam col nome di Uluch Alì (cioè “Alì il rinnegato”) e nominato comandante di una squadra di galere all’interno della flotta del sultano. Uluch Alì guidò la sua squadra di galere persino nella Battaglia di Lepanto e fu l’unico comandante della flotta ottomana a uscire con dignità dallo scontro, riportando quasi tutta la sua squadra a Costantinopoli e portando con sé un importante trofeo della battaglia: lo stendardo dei Cavalieri di Malta.

A questo punto è legittimo chiedersi: in tutto questo dov’è il confronto tra le due culture? Ebbene, il confronto sta proprio in questo; nonostante le straordinarie carriere che questi uomini potevano intraprendere, non si dimenticavano delle loro origini, anzi, tutt’altro. L’esempio più famoso è probabilmente quello del Gran Visir (il primo ministro) Mehmet Sokollu, uno slavo dei Balcani (probabilmente serbo o bosniaco) il cui secondo nome (Sokollu) altro non era che l’avanzo del suo cognome di battesimo: Sokolovic. Ebbene, dopo aver acquisito questo immenso potere nell’amministrazione dell’Impero Ottomano, dimostrò di non essersi dimenticato affatto della sua famiglia e della sua terra d’origine. Egli era nipote di un prete ortodosso, una volta divenuto Gran Visir fece in modo, attraverso il suo potere e l’importanza che la Chiesa Ortodossa rivestiva nell’amministrazione dell’Impero (non dimentichiamo che il patriarca di Costantinopoli era anche membro del governo), di creare un patriarcato cristiano ortodosso nella sua provincia d’origine (Pec) e fece nominare patriarca di Pec un suo parente (secondo alcuni suo zio, secondo altri suo fratello). In questo senso vi furono delle occasioni di confronto, anche in quei secoli di aspre lotte, tra le due civiltà.

Dopo la caduta dell’Impero Ottomano non ci furono più grandi confronti tra l’Islam e l’Europa, come quello avvenuto alla corte di Federico II o nell’età moderna. Oggi, l’Islam che guarda all’Europa come ad un nemico da sconfiggere è sparito, se si escludono ovviamente gruppi terroristici come l’ISIS o Al-Qaeda, che sono molto minoritari nell’Islam. 

Lo spazio di un confronto possibile tra le due civiltà è ancora da costruire; per affinità culturali e strategiche la civiltà più vicina a quella Europea nel mondo Islamico, potrebbe essere l’Iran sciita (non dimentichiamo che il persiano è una lingua proveniente dal ceppo indoeuropeo, al pari del latino o del greco). Naturalmente questa è una domanda a cui solo il futuro potrà dare risposta, ma senza dubbio potrebbe essere un punto di partenza per la ricostruzione di un dialogo tra l’Islam e la Civiltà Europea.