di Bologna

A migliaia di chilometri dalla striscia di Gaza, undici calciatori hanno deciso di mandare un messaggio, ma un messaggio differente rispetto a quello di chiunque altro. Hanno indossato una kefiah e sono rimasti in piedi, orgogliosamente, senza alcuna traccia di pietismo, come quello che invece abbiamo visto fin troppe volte nei forzati gesti di solidarietà da parte di sportivi vari dopo il barbaro omicidio di George Floyd. 

Sono i giocatori del Deportivo Palestino, che dal Cile hanno voluto esprimere la propria ferma solidarietà al popolo palestinese, che ormai da giorni subisce nuovi brutali attacchi da parte di coloni israeliani, supportati (in nome dell’ordine pubblico) dalle forze armate in perfetto assetto da guerra.

Il gesto però non è casuale.

Mentre nel nostro Occidente gli abusi sulla popolazione palestinese passano, nel migliore dei casi, sotto un impietoso silenzio e nel peggiore in un elogio alle forze di polizia israeliane, sul campo da calcio c’è stato chi non si è vergognato di difendere le origini lontane del proprio club, della propria maglia (i cui colori sono direttamente ispirati alla bandiera palestinese) e dei propri tifosi.

La storia della squadra infatti, è tranquillamente riassumibile nel suo stesso nome. Nata come club ‘passatempo’ per la comunità palestinese cilena, dal 1948, con la formazione a tavolino del nuovo stato di Israele assume un vero e proprio significato simbolico, oltre che sportivo, e diventa un riferimento per tutti i palestinesi del Sud America, quel fuoco inestinguibile della Patria lontana e martoriata. 

Un nome che negli anni diventa quasi un affronto, tanto che all’allora presidente del club Yarur (in carica negli anni ’50) arrivò un’offerta da parte della comunità ebraica nazionale cilena, per cambiare il nome della squadra da “Palestino” ad “Arabe”. L’offerta a forza di risposte negative arrivò alla cifra di 200.000 dollari, ma anche quest’ultima cifra fu mandata al diavolo assieme agli offerenti. 

Nel corso degli anni la squadra non ha mai cessato di supportare, se pur lontana dal Medio Oriente, la causa del fiero popolo palestinese ma va anche detto la solidarietà dal Cile non si limita alla squadra degli Arabes. Il senato cileno infatti, il 10 Luglio 2020 ha approvato una proposta di legge secondo cui è prevista la cessazione dei rapporti commerciali con qualsiasi compagnia che operi nei territori palestinesi occupati.

Tornando ad oggi invece, si riconferma il fatto che il calcio può trasmettere molto oltre a un forte senso di sportività. A ogni club poi, avendone la facoltà, sta scegliere che messaggio lanciare al mondo e come lanciarlo. 

Niente ginocchia a terra e niente sguardi chini. Una kefiah al collo ed il sorriso sulle labbra. il sorriso di chi sta per giocare una partita di calcio ed ha appena sfidato il mondo. Il sorriso di chi crede in una causa giusta. Dal Deportivo Palestino abbiamo forse tutti da imparare.