Di Jen

Il DDL Zan non è nient’altro che l’espressione del bullismo morale della sinistra che cerca mille e più motivi per tutelare sé stessa e i propri interessi. Teoricamente il tanto discusso decreto legge prevede una tutela maggiore rivolta a gay, lesbiche e transgender perché riconosciuti come soggetti fragili, si scaglia, inoltre, fortemente contro la misoginia. Il fine sarebbe quello di aggiungere alle discriminazioni già previste dalla legge Mancino anche quella di genere.

Sotto l’ammanto allegorico del perbenismo sinistroide, che promette a tutti una maggior libertà nell’esprimere se stessi, si nascondono, però, una serie di gravi limitazioni. Il testo attuale, sintesi di cinque proposte distinte, mette in campo svariati problemi di diversa natura. La critica più esplicita da rivolgere a questo decreto è che non tiene conto di un fattore importantissimo: la legge, infatti, garantisce già la tutela di tutti i cittadini e investire queste categorie di una difesa maggiore sarebbe inadeguato in quanto finirebbe per favorire una discriminazione al contrario.

Più implicitamente, poi, leggendo il testo è chiaro che l’attuazione di questo comporti la messa in discussione delle libertà di parola, pensiero, educazione e religione. Limitare queste libertà è gravissimo, in quanto costituiscono diritti inalienabili. Ci vogliono conformati al pensiero unico, al politicamente corretto. Parlano di tutela dei soggetti deboli ma sono sostenuti dai più potenti mezzi di comunicazione per ammaliare proprio i più vulnerabili. Figurativamente possiamo immaginare una piazza con una bandiera arcobaleno usata come mantello perché sventolarla sarebbe un atto troppo rivoluzionario per questa fazione che con la rivoluzione ha poco a che fare.

A questo punto è anche bene chiedersi perché personaggi molto influenti come Fedez, Ferragni e tutte le altre figure di spicco nel mondo degli artisti facciano di tutto per difendere sempre a spada tratta le trovate più assurde della sinistra. La risposta, seppur non univoca, è molto semplice e non richiede ragionamenti troppo arguti, si ricollega infatti alle loro prospettive di guadagno.

Bisogna considerare, in primis, che la composizione ideologica del mondo degli artisti vede dominare l’ideologia politica liberal cara alla maggior parte degli esponenti LGBT.Non è un caso infatti, che le voci fuori dal coro siano poche e molto timide nel farsi sentire, schierarsi contro chi domina l’ambiente significherebbe compromettere la propria attività e i propri guadagni; al contrario, come possiamo ben costatare, ergersi a paladini non fa altro che aumentare l’audience e il successo. Paladini sì, ma dell’ideologia del soldo.

La loro lotta, quindi, non ha nulla a che fare con l’affermazione di una propria ideologia ma cavalca l’onda di ciò che fa notizia. Non li vedremo mai compiangere un imprenditore suicida, lavoratori con contratti pietosi, famiglie in difficoltà, poiché categorie troppo di “di nicchia” in grado di generare introiti esigui. Demagogia e luoghi comuni? Eppure nel suo discorso sul palco del Primo Maggio (quale miglior esempio per altro) non ricordiamo neanche mezza parola sulla condizione dei lavoratori da parte del già citato Fedez.

 È così che il DDL Zan diventa niente più che una passerella pubblicitaria, constata la discutibile validità sul piano giuridico. Uno spot da cui esce grande sconfitta tutta l’Italia, additata di essere retrograda a livello sociale davanti ai milioni di followers probabilmente poco informati che non considerano le implicazioni reali che avrebbe l’attuazione di questo ddl.

È necessario scardinare questo sistema di informazione completamente sbilanciato che ha la smania di proteggere tutto e tutti da niente e nessuno. Black lives matter, cat calling, ddl zan e non sono altro che le ostentazioni propagandistiche di una fragilità inesistente, una fragilità che non è nient’altro che il cavallo di battaglia di una massa di piagnoni che si fregiano, abusandone, del titolo benefattori progressisti.