Di Andrea
Si è conclusa da poco la seconda stagione di Euphoria, la serie televisiva statunitense creata e scritta da Sam Levinson per HBO, tornata sugli schermi dopo più di due anni a causa delle problematiche legate alla pandemia e che dopo essere entrata a gamba tesa tra le serie più acclamate dal pubblico giovanile adesso sembra proporsi come vero e proprio cult della cosiddetta “Generazione Z” (i ragazzi nati tra il 1997 e il 2010).
La trama racconta le vicende di un gruppo liceali alle prese con problemi, amicizie, amori, sesso e droga: un viaggio introspettivo alla ricerca di sé stessi. Tralasciando l’aspetto cinematografico assolutamente di livello, con una sceneggiatura non scontata e sempre dinamica e un livello interpretativo da parte del cast abbastanza alto (vedere la vittoria agli Emmy Award alla miglior attrice in una serie drammatica vinto dalla protaginista Zendaya), insomma una serie da consigliare agli amanti del genere, ciò che è più interessante è lo spaccato di un’intera generazione, il quale ci viene mostrato in modo crudo e senza filtri (numerose le critiche per scene di nudo, sesso e violenza). Ma siamo proprio sicuri che questa sia la realtà?
La serie presenta tematiche di attualità, dall’abuso di droga alle rivendicazioni LGBT passando per la violenza sessuale e traumi psicologici. Lo sfondo è la società americana del progressismo e del consumismo, con il politicamente corretto travestito da trasgressione che fa da padrone incontrastato e da censore supremo. Il merito del prodotto è quello di essere riuscito a far passare come normalità quasi scontata e abbracciata dalla maggioranza problematiche in realtà relative ad un ristretto numero di persone, nel caso specifico per quanto riguarda i diritti della comunità LGBTQ, la quale pur rappresentando nel concreto una minoranza è riuscita negli USA e in Europa ad influenzare il dibattito pubblico, diventando ormai narrazione mainstream.
I protagonisti di questo dramma adolescenziale sono immersi in una società, quella Occidentale, che ha perso la direzione, uno scopo da perseguire, producendo come conseguenza una generazione martoriata da problematiche psicologiche e dispersa nei meandri del proprio essere, senza un’identità stabilita. La risposta all’eterno dilemma dell’esistenza viene cercata attraverso comportamenti sfrenati e al limite tra cui l’abuso di droga, tema centrale della vita della protagonista; tutto ciò in funzione di sentire qualcosa, provare una sensazione di euforia in una società anestetizzata e disumanizzata.
Euphoria mostra il naufragio di una generazione in un oceano di individualismo, dove l’individualità atomizzata ha preso il sopravvento. Il bigottismo conservatore in salsa antigiovanile non serve a nulla, la colpevolizzazione è un errore da evitare, l’impeto e slancio dei giovani va compreso nelle sue forme e incanalato in una marea distruttrice di un sistema vecchio arrivato al capolinea. Questa generazione deve compiere il furto prometeico, lanciare la propria sfida alle stelle e guidare l’umanità nel tempo che verrà.
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