Di Elena

Esplorando le infinite sensazioni che l’animo umano può provare, ve n’è una alquanto singolare e difficile da concettualizzare. Toccando l’ambito estetico, quel particolare stato in cui qualcosa ci appare contemporaneamente familiare e sconosciuto, misto a un sentore di angoscia, viene definito da Sigmund Freud nel saggio del 1919 “perturbante”. Il quadro che ci viene presentato è qualcosa di confusionario e disorientante. 

Per rendere il panorama più nitido, è bene fornire degli esempi pratici di questo stato timoroso che può accompagnare l’animo umano. Per Freud, il genio che meglio ha reso l’idea di perturbante è lo scrittore romantico tedesco Ernst Theodor Amadeus Hoffman. Non a caso i suoi racconti sono serviti da ispirazione per numerosi letterati tra cui il maestro dell’horror Edgar Allan Poe o il realista russo Fëdor Dostoevskij. Il testo citato da Freud a esempio è “L’uomo della sabbia” dove un adulto caverebbe gli occhi ai bambini.

Questo racconto ci rende spettatori dell’incertezza. Cancella i confini del reale e rende labile il limite tra pazzia e ragione. La coscienza vaga nel buio senza lanterna. Il perturbante nasce da un’ambivalenza in cui un oggetto o una situazione ha caratteristiche  sia familiari che estranee. Il termine tedesco um-heimlich oltre che non familiare, significa anche venuto alla luce e questo ci aiuta a capire l’idea che Freud ha del sinistro. Per il padre della psicanalisi l’origine di questo sentimento è sessuale. Per Freud infatti, il modello di ciò che è considerabile come primordialmente mostruoso nasce con “la percezione dei genitali dell’altro nella loro forma adulta”. Il disagio scatenato da queste visioni, può favorire l’insorgere del sogno dell’androginia, ricacciato con forza e con senso di colpa durante l’Ottocento per paura di poter perdere femminilità o virilità.

Questa idea che turba l’animo non si distacca dagli studi di Carl Gustav Jung che teorizza la co-presenza di luce e ombra all’interno dell’animo umano che vivono alla ricerca di un bilanciamento come accade per la parte cosciente e l’inconscio. Seppur non usi il termine doppio, l’ombra in Jung è quella parte dell’individuo da tenere celata perché incompatibile con le norme sociali, ma che con i sogni tende a venire a galla causando talvolta la necessità nell’uomo di trovare l’illuminazione che la spieghi razionalmente. Un modo per rendersi conto dell’ombra quindi della parte più oscura di un individuo è quella di proiettarla all’esterno lasciando che siano gli altri ad essere artefici del male. Questo rispecchia il meccanismo con cui molti autori trattano il doppio o il sosia di un racconto: come il cattivo, il maligno, il Mefistofele che poi si rivela essere (nella maggior parte dei casi), la pazzia interna al protagonista come il Tayler Durden di Fight Club. 

Tra i mostruosi esempi di doppio più inquietanti ci sono i fratelli siamesi. Hanno da sempre suscitato grande curiosità, soprattutto fino a che la chirurgia non ha trovato il modo per separarli nella maniera più sicura possibile. Ciò che provocano in un individuo considerato “normale” è un sentimento ambivalente che ora sappiamo riassumere con il termine perturbante. Se in un primo momento è comune fremere dal ribrezzo, poi subentra la familiarità e la curiosità del fenomeno che cade sotto agli occhi. Sono dopo tutto, due fratelli identici che condividono una parte del proprio corpo. L’esigenza degli esterni è quella di riuscire a catalogarli in maniera ordinata, quindi regalando a ciascun fratello un proprio universo personale. Il risultato è che nelle descrizioni dei gemelli più famosi della storia, compresa quella letteraria, i due possiedono personalità e quozienti intellettivi agli antipodi, arrivando ad apparire anche nemici; al fine di riuscire a distinguerli almeno psicologicamente. È il prezzo da pagare per separare le anime. Questo è accaduto con i celebri Chang ed Eng (in foto). Uno intelligente, l’altro stolto; uno amante delle donne, l’altro indifferente al sesso; uno vegetariano, l’altro ossessionato dai cibi orientali. Questo è sicuramente un modo per dissipare la nuvola di mistero che avvolge queste figure.

L’idea dominante è quella del mostruoso quando ci si sente inadeguati nel momento in cui ci si deve rapportare a figure che esulano la “normalità”. E la risposta umana al verificarsi di tali fenomeni può essere anche legata alla sfera della sessualità, come crede Freud. Il doppio può scatenare una fantasia erotica per cui si ammette nello scenario erotico la possibilità di una fornicazione multipla che viene però ricacciata indietro dalle norme morali. Il perturbante che accompagna le varie visioni di queste idee di doppio è legato quindi alla presa di consapevolezza sull’esistenza di un secondo io che può rimanere celato o saltar fuori causando scompiglio. Il corpo smette quindi di essere il più efficace metodo di identificazione per riconoscere una persona. In effetti due gemelli omozigoti identici sono distinguibili da carattere, gusti e comportamento, ma non certo dall’aspetto fisico, come le bambine che compaiono nel thriller Shining. Se non si esplora oltre il corpo, il rischio è quello di non riuscire a capire dove finisce l’io di uno dei due e inizia l’altro. In questa operazione di distinzione si culla il perturbante freudiano.