di Patrizio

Sono passati 53 anni da quel 16 gennaio 1969, quando 𝗝𝗮𝗻 𝗣𝗮𝗹𝗮𝗰𝗵, studente prossimo ai 21 anni, si diede fuoco a scopo dimostrativo in piazza San Venceslao, nel centro di Praga. 

Sapeva che stava per morire. Voleva che la gente capisse il motivo del suo gesto: scuotere le coscienze e mettere fine alla loro arrendevolezza verso un regime insopportabile

Furono queste le parole del chirurgo Jaroslava Moserova, che si occupò invano di salvare Jan dalla morte, sopraggiunta tre giorni dopo, causata dalle ustioni.

Le motivazioni del gesto divennero subito chiare, sottolineate da Jan Palach stesso immediatamente dopo il suo eclatante gesto. “Non sono un suicida!”, disse sin dal primo momento ai suoi soccorritori; motivazioni che causarono, nei giorni successivi, oceaniche manifestazioni, partendo dal corteo del funerale di Jan. Fu l’inizio di una grande presa di coscienza, di un radicale cambio di mentalità, nel popolo ceco e in quello slovacco, seguente la precedente rivoluzione già avvenuta in Ungheria tredici anni prima. Jan Palach, trent’anni prima della caduta del Muro di Berlino, anticipò infatti un concetto fondamentale per i popoli: oltre l’antifascismo, c’è l’Europa.

Il finto dualismo USA-URSS, infatti, mal celava l’idea di fondo per cui le due potenze avevano diviso l’Europa tramite l’Antifaschistische Schutzwall: impedirle di diventare potenza, di essere essa sì, un polo alternativo a un mondo di banche o ad uno di appiattimento e mediocrità. L’obiettivo era quello di spartirsi un territorio per avere “fette di torta” più grosse da sfruttare, imponendo modelli falliti ed incompatibili con il DNA del nostro continente, quello capitalista e quello socialista internazionalista. Oggi il muro non c’è più, ma l’Europa imperiale dei popoli fratelli è ancora purtroppo ben lontana dalla realizzazione, unita sotto ricatti usurai e falsi ideali illuministi, attribuiti erroneamente ed indistintamente ad ogni Nazione europea, costretta ad appiattirsi. Jan Palach si è immolato per la libertà delle Nazioni, dei popoli da questo dualismo insulso e, usando una terminologia tanto inflazionata dai marxisti, alienante. L’Unione Europea antifascista nata da Ventotene non c’entra nulla con l’idea nazionale europea promossa da pensatori come Mosley, che aborriva i ricatti bancari e una falsa eguaglianza come collanti del continente.

In Europa “Occidentale”, gli effetti della vittoria del modello capitalistico su quello proposto dal Patto di Varsavia li viviamo dal ’46, essendo sotto l’egemonia statunitense; in paesi come la Repubblica Ceca, la Polonia, l’Ucraina, l’Ungheria e la Romania che hanno vissuto dei forti e tirannici regimi comunisti, invece, dopo la caduta della cortina di ferro si è verificato un importante attaccamento a valori nazionali, tradizionali e religiosi, proibiti durante l’epoca del dominio sovietico. É questo il motivo per il quale i valori di Ventotene non hanno attecchito nell’opinione pubblica e nella classe politica, nonostante molti di essi siano entrati a far parte dell’UE. 

Il sacrificio di Jan Palach ci parla con la stessa lingua di Degrelle, Celine, Mosley, Pound e Venner, quella della volontà di potenza europea emancipante rispetto all’egemonia di potere capitalista, finalizzata all’eradicazione delle identità nazionali per renderci tutti dei perfetti consumatori apolidi, di carattere chiaramente antifascista ed antinazionale, disumanizzante e corrotta. 

Venite tutti quanti, entrate al grande ballo di un unico mercato, di un unico modello […]
Entrate e sorridete nella fraternità, sarete tutti pari, vivrete in libertà
Vi toglieremo solo il sangue e l’onore
E questo immenso odio verrà chiamato amore!”

Recita il testo di una canzone degli Ultima Frontiera, che riassume perfettamente questo passo.

E a chi teorizza una “Eurasia” conservatrice, duginiana ed irrealizzabile, si risponde che gli effetti di questo progetto persone come Jan Palach, i rivoluzionari ungheresi, il popolo ucraino, quello romeno e in tutto l’est Europa (da tanti dimenticato) li conoscono bene, e sono tutti a trazione russa. 

Tra un imperialismo russo e uno americano, tornare potenza è l’unica soluzione europea all’annichilimento dei popoli.