Cari professori, cari presidi,
in questi giorni assistiamo a una reazione sproporzionata e repressiva nei confronti di alcuni studenti, colpevoli solo di aver espresso un’opinione scomoda. Abbiamo esposto uno striscione e diffuso una fotografia per portare avanti una critica politica, e ci ritroviamo a essere additati come criminali, perseguitati con provvedimenti disciplinari e minacciati con conseguenze sproporzionate. Vogliamo dirvelo chiaramente: non ci pieghiamo a questo attacco politico. La libertà di espressione è o non è un diritto garantito dalla Costituzione? Nessuno di voi può decidere quali idee sono ammesse e quali no. La nostra è stata una provocazione politica, una denuncia di come l’antifascismo sia uno strumento di controllo ideologico, usato per zittire chiunque non si allinei a certe posizioni.
Non abbiamo usato violenza, non abbiamo minacciato nessuno, non abbiamo offeso nessuna memoria. Abbiamo espresso un’idea, forte e diretta, come spesso accade su ogni sponda del dibattito politico giovanile e studentesco. Se questo basta per scatenare provvedimenti punitivi e campagne diffamatorie, allora il vero problema non siamo noi, ma il clima soffocante che si sta creando nelle scuole e nelle università: perché cori come quelli sentiti all’Università La Sapienza di Roma – “Uccidere un Fascista non è reato” – non hanno sollevato lo stesso turbine d’indignazione? Ci chiediamo: se la libertà di espressione vale solo per alcune idee, è ancora libertà? Siamo davvero in una scuola che educa al pensiero critico? Il nostro dissenso, anche quello più duro, è sacrosanto come quello di tutti i giovani che si impegnano politicamente. Lo affermeremo sempre. Vogliamo che la scuola torni a essere un luogo di confronto e non di indottrinamento. Chi dovrebbe insegnare i “valori democratici” deve smetterla di fare il commissario politico.
Non arretriamo di un passo. Non ci fate paura.
Blocco Studentesco
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