Di Sergio

Ai tempi del Covid-19(84), delle dirette di Conte e delle app facoltative obbligatore, ancora nessuno ha parlato in modo serio, quasi come fosse scomparsa nel nulla, della scuola italiana e dei suoi studenti.

Quale futuro aspetta la generazione che in questo momento è chiusa dentro casa, in attesa che le scuole riaprano (forse) a settembre? Evidentemente si sottovaluta la portata del danno inferto dalla quarantena obbligatoria al futuro degli studenti: il Ministero dell’Istruzione, con la confusione e i continui rimandi sembra voler semplicemente perder tempo in attesa di buone nuove, vuoi per l’incompetenza cronica del governo giallofucsia, vuoi perché i fondi destinati alla scuola (come quelli per la sanità) sono stati quelli più colpiti dai tagli dei regimi dell’austerity. Lo stesso Di Maio, all’indomani del varo della Nota di aggiornamento al Def, aveva assicurato che non ci sarebbero stati tagli all’Istruzione. Anzi, ai microfoni di Agorà, il leader M5S aveva annunciato che la prossima manovra avrebbe aumentato gli investimenti per università e ricerca. Ma guardando il testo della Nadef, lo scenario sembra differente. La tabella R1, a pagina 48 del testo pubblicato sul sito del ministero dell’Economia, riassume l’andamento della spesa pubblica age-related. Alla voce scuola scopriamo che gli stanziamenti in percentuale del Pil nel 2020 sono attesi al 3,4 per cento. Per poi calare progressivamente al 3,2% nel 2025, al 3,1% nel 2030 e al 3% nel 2035. E iniziare la risalita solo nel 2040.

Mancano i soldi per le sanificazioni? Domanda retorica. È certo che mancano i soldi, come sono mancati per decenni i fondi destinati all’edilizia scolastica. La diade Manfredi-Azzolina non sembra funzionare e non sembra voler dare risposte concrete a questa emergenza storica. Il punto non è la pagella, a nessuno importa dei sei o sette in educazione civica, il punto è che non si sta profilando per i giovani una possibilità di educazione e formazione in grado di renderli forti nel mondo del lavoro di domani. Invece, al contrario, si sta pensando e attuando un mondo peggiore, in cui questi studenti si troveranno a confrontarsi con quella manodopera che i cervelloni della sinistra globalista stanno già pensando di regolarizzare. Ancora Ius Soli? Vi chiederete… Peggio, il più bieco e semplice latifondismo. Dobbiamo regolarizzarli per disporre di braccianti agricoli. Quindi, mentre gli studenti italiani sono costretti a casa, mentre i trend demografici danno l’Italia per spacciata, avremo un lavoro sicuro per migliaia di immigrati per farli lavorare nei campi dei nostri agricoltori. Agricoltori che quindi, se anche volessero, non potrebbero far competere le proprie merci ottenute con lavoro ben retribuito con quelle di importazione estera, o peggio, con quelle di una feroce e mafiosa concorrenza interna. Quella che si profila è una vera e propria terzomondizzazione dell’Italia, aggiunta alla catastrofe demografica ed alla distruzione dell’istruzione pubblica. Quali sono le vie percorribili?

Non c’è da chiederlo al governo, ovviamente. Consapevoli o no, Conte e i suoi burattinai stanno facendo imboccare alla Nazione Italia una strada senza uscita, a causa della quale ci ritroveremo la troika in casa e un comparto industriale, turistico e culturale all’asta del miglior offerente, con una tendenza al ribasso della qualità del lavoro e della vita.

Prima di sparare cazzate sulla regolarizzazione forzata degli immigrati, qualcuno si è mai chiesto quanti studenti italiani hanno imboccato la via dell’Istruzione agraria? Ve lo diciamo noi: sono quasi 50.000 i ragazzi che alle superiori hanno scelto un percorso didattico legato alla terra, già nell’anno scolastico 2017/18. Un vero e proprio record per il quinquennio. A dirlo, la Coldiretti su dati del Ministero dell’Istruzione divulgati in occasione della chiusura delle scuole, dai quali emerge il record di studenti nelle scuole superiori di agraria in Italia che fanno registrare un aumento del 36% proprio negli ultimi cinque anni. “Sono tutti figli di agricoltori” diranno i benpensanti col mignolino alzato. Balle: la maggior parte di questi studenti proviene da famiglie non legate alla terra, che però hanno scelto un campo fondamentale su cui si giocano i destini di una sovranità alimentare. Non meno importante della sovranità energetica o della sovranità industriale e militare.

E sempre dalla Coldiretti, nasce la piattaforma online “Job in country”, una vera e propria piazza d’incontro e intermediazione tra imprese e lavoratori del settore. In Italia, sempre secondo Coldiretti, servono 200/250 mila persone che di solito vengono dall’estero come lavoratori stagionali per raccogliere la nostra frutta e verdura. E dal Covid-19 arriva una possibilità storica: spezzare la dipendenza dalla manodopera estera e riconsegnare le chiavi dell’agricoltura al popolo italiano e alla sua gioventù. Perché Azzolina & Co. non immaginano un rientro degli studenti italiani di agraria direttamente in tirocini formativi e retribuiti nelle aziende che piangono miseria? Perché non pensare dei veri e propri voucher per permettere agli italiani in cassa integrazione o a chi ha sovvenzioni sociali di non perderle a causa della quarantena, facendo slittare il lavoro verso le nostre campagne?

I giovani ci sono, la voglia sicuramente. Che siano concesse ai ragazzi le armi per combattere noia e disoccupazione tornando ad un lavoro manuale ed artigianale che è di gran lunga superiore ad un posto precario e incravattato in qualche ufficio di città, sicuramente superiore ad un’emigrazione forzata verso le capitali erasmus. Basta con i palliativi, l’economia italiana ha bisogno di tornare all’opera, passando da quello che dovrebbe essere il comparto primario di una Nazione industriale, ovvero l’agricoltura. Se non ci aspettiamo risposta da questi macellai europeisti drogati di liberismo e cultori delle cedole bancarie, siano le opposizioni a chiedere un intervento forte e decisivo sulla scuola pubblica che, se lasciata nelle mani di curatori fallimentari, di uomini piccoli e indecisi, rischia di far appassire ed ammuffire questa Nazione.

La primavera deve tornare nei campi, il futuro è nelle scuole.

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