Di Clara

Vogliono vietarci della socialità, ci impediscono di sfogarci nello sport e ci incastrano con questa didattica a distanza, la quale appare sempre più distante dalla realtà. Per non parlare dell’efficienza.

Date le premesse, non ci resta che allenare il corpo per quel che possiamo, ma senza tralasciare la mente.

In un momento di caos cosmico, l’importante è mantenersi in forma: fisico e testa.

Lungi da noi dare consigli per la “sopravvivenza psicologica” (vedi Wired), una questione altamente personale e da risolvere solamente con e nel proprio interiore. Se la proverbiale lobotomizzazione era già largamente presente prima di questa pandemia, ora ha assunto una forma nuova ed investe il senso stesso delle parole.

Un ruolo primario in questi tempi ce l’ha la lettura: non a caso, lĕgĕre significa raccogliere. Ora, se vogliamo evitare di diventare automi (automa= colui che agisce senza coscienza dei propri atti), la seconda parte dell’azione tocca a noi: una volta raccolte le informazioni, le nozioni che ci servono, dobbiamo saperle elaborare. Siamo, essenzialmente, una macchina ante litteram o un computer se volete sentirvi più “complessi”.

Il bello deve ancora venire: l’elaborazione avviene solo attraverso infinite letture, migliaia di elaborazioni di dati e di impressioni che quotidianamente, anzi in ogni momento, percepiamo.

In questa strana situazione è proprio ciò che man mano si sta perdendo o che, se preferite, vogliono toglierci.

Puntare sulla disinformazione, incanalare le notizie ai telegiornali e talk show in prima serata unicamente su un unico argomento, il gigantesco ma invisibile virus, che potrebbe causare distruzione e morte, ma che soprattutto ci deve far impietrire di terrore, al fine di non saper come reagire ed accettare qualsiasi soluzione venga proposta dal potere.

Tucidide, già nel V secolo prima di Cristo, ci racconta dell’epidemia ignota che si diffuse durante la guerra del Peloponneso, la quale piegò la città di Atene non tanto (o almeno non solo) per la malattia nella quale i medici dell’epoca non sapevano come curarla, ma soprattutto per la paura che si scatenò nelle menti della popolazione.

Tornando al tema principale: mai come ora leggere, informarsi e allenare la mente deve essere un “obbligo morale” per restare attivi e non crogiolarsi nell’attesa di una soluzione che venga dall’alto. Importante è, oltre alla lettura, porre attenzione al linguaggio, alla sua pura essenza. Yukio Mishima, in “Sole e acciaio”, oltre a collegare indissolubilmente corpo fisico e anima, ci ricorda che all’inizio

“…la parola si diffuse tra un popolo come una moneta primitiva, quale strumento per mettere in circolazione sentimenti e necessità universali. Finché non fu troppo manipolata e contaminata, essa rappresentò un patrimonio universale e, conseguentemente, non poté esprimere che sentimenti comuni.”

In principio quindi, sostiene l’autore, il linguaggio era qualcosa di puro, mentre adesso, sempre più spesso, le parole vengono utilizzate a proprio piacimento dai singoli individui.

Riallacciandomi al momento attuale, possiamo individuare vari sostantivi che vengono adeguati alla situazione o al mondo attuale da persone di spessore o dai “poteri forti”. Lockdown ad esempio, la parola della quale i media abusano in questi mesi, viene in verità utilizzata nel contesto della detenzione, quando qualcuno si trova in isolamento, oppure in situazioni di improvvisa emergenza come fu in occasione della più ingente sparatoria degli Stati Uniti, la strage di Las Vegas, nella sera del primo Ottobre 2017. In quel caso venne vietata, nelle aree circostanti, l’uscita da scuole ed edifici pubblici.

Ora è un termine che incute terrore nella gente, uomini, donne e bambini, il quale ormai viene usato come “minaccia” verso lavoratori, studenti e anziani se non rispettano le regole imposte dagli innumerevoli e controversi DPCM.

Un’altra parola sulla quale ritengo sia opportuno soffermarsi, seppur in poche battute, è coprifuoco, un termine che forse i nostri genitori utilizzavano quando, a dodici anni, uscivamo con gli amici nella piazzetta sotto casa e ci imponevano un orario di ritorno. Il potere genitoriale nulla teme contro un ragazzino che da poco si affaccia al mondo. Un potere che si ritrova ora, sempre con la stessa nomenclatura, a coloro che osano andare in giro in determinati orari notturni e impedendo alle attività di poter svolgere i loro servizi (per alcuni) “non essenziali”. E pensare che il coprifuoco in realtà era proprio l’atto, nel Medioevo, di spegnere il fuoco la sera onde evitare che si creassero incendi nelle case costruite in legno.

Sono molte le parole “rispolverate” o prese in prestito da settori specifici ed utilizzate ad hoc per la situazione che stiamo vivendo.

L’augurio è riconoscerle e saperle contestualizzare: in un certo senso raccoglierle (“lĕgĕre”)e capire se e come vengono utilizzate contro di noi, visto e considerato che ormai il linguaggio non esprime sentimenti universali, ma viene utilizzato sempre più per permeare e successivamente plasmare le menti.

Le pseudomenti di automi o di giovani pensanti.

A voi la scelta su quale fronte giocare.