Di Elena

È ormai trascorsa una settimana dalla morte di Franco Battiato, gigante della musica italiana che ha affascinato intere generazioni. 

Francesco Battiato, conosciuto al pubblico come Franco, scompare a 76 anni dopo una lunga malattia nella sua Catania, terra tanto amata e fonte di grande ispirazione tra l’odore del mare e la maestosità dell’Etna, che, a seguito della sua scomparsa sembra avergli riservato un ultimo saluto. 

Battiato, non ha mai agitato bandiere per moda o per opportunismo, custodendo anzi la sua autonomia di pensiero, spesse volte fraintesa o equivocata. I suoi testi sono altamente enigmatici e controversi tanto da poter sembrare infantili o poco elaborati.

Uno dei suoi maggior successi rimane ‘’Centro di gravità permanente’’, brano del 1981 presente nell’album ‘’La voce del padrone’’, ma quanti hanno compreso il messaggio celato dietro questo fortunato tormentone?

Dietro questo pezzo, si celano più di dieci anni dedicati a studiare un maestro dell’esoterismo:  G. I. Gurdjieff, filosofo armeno nato nella seconda metà dell’Ottocento. Come si evince dal libro ‘’Frammenti di un insegnamento sconosciuto’’ di P. D. Ouspensky, giornalista e scrittore russo, nonché fortunato allievo del Maestro (Gurdjieff), il centro di gravità permanente rappresenta l’equilibrio ideale di idee, centri di valutazione comportamentali dell’Io e valutazioni dell’agire dell’uomo. Questo centro è prerogativa dell’uomo numero quattro.

Per Gurdjieff, l’uomo, è un essere privo di unità. All’interno di ognuno di noi esiste una perenne ed incessante lotta tra diversi ‘’Io’’ che tentano di prevalere, ma con scarsi risultati. L’io che alla sera determina la volontà di svegliarsi presto il mattino seguente, non è lo stesso io che esaudirà questa intenzione; al contrario, l’io del mattino, sarà in disappunto con il suono della sveglia. 

Ogni io, vive determinati momenti, non rimane mai troppo a lungo presente, i turni sono rapidi e gli sbalzi di coscienza repentini. 

Esistono poi sette diversi tipi di uomo: I primi tre sono legati, a doppio filo, alla soggettività, all’esperienza e alla realtà empirica e presentano questa disgregazione. L’uomo numero uno è meccanico, ingloba nuove conoscenze tramite imitazione, come un bambino o un pappagallo, ed è inoltre particolarmente istintivo. L’uomo numero due studia solo ciò che gli piace, i suoi sentimenti e le sue emozioni regolano le sue scelte, lasciando poco spazio alla razionalità. L’uomo numero tre pone al centro le funzioni intellettuali, la sua è una logica soggettiva. Dietro ogni azione c’è un’attenta considerazione mentale. È l’uomo che nega in tronco il carpe diem.

Arrivati all’uomo numero quattro ci giunge in soccorso Battiato ed il suo capolavoro. Nel testo, egli cerca la strada verso la conoscenza di sé stesso, è il primo gradino verso l’unità dell’io. È da questa tipologia di uomo che si può cominciare la scalata verso la conoscenza oggettiva. Egli è in grado di capire ciò che studia senza farsi condizionare da una possibile interpretazione personale come farebbero gli uomini dall’uno al tre. Tuttavia, l’unità non è ancora del tutto completa, essa comincerà a consolidarsi al livello superiore. 

La conoscenza di sé, contiene un potenziale non indifferente. Se un uomo conosce le leggi che regolano la sua evoluzione, sarà in grado di capire il mondo perché regolato dalle medesime leggi. Come può un uomo conoscere queste leggi? Tramite lo studio di sé e del mondo in contemporanea, perché anche per quest’ultimo esistono sette diverse categorie. Con studio di sé si intende lavorare sul proprio essere: se la conoscenza della realtà non è supportata dalla stessa conoscenza dell’essere, il percorso è inutile e destinato ad incappare in un vicolo cieco. 

L’uomo nasce, per sua natura, uno, due o tre. Nella canzone di Battiato, l’io è ad uno di questi livelli e tenta di raggiungere il quarto stadio. In effetti, le immagini mostrate dall’autore sono varie e frammentate, nonché prive di connessioni per i nostri vari io, in quanto rispecchiano le varie coscienze degli io dell’autore.  

L’uomo che rimane per la sua intera esistenza fermo ai primi tre gradini della scala evolutiva sarà facilmente preda del finto anticonformismo o del progressismo sfrenato e decadente. Non avrà mai un quadro lucido della realtà che lo circonda, non saprà sviluppare una forma di analisi critica perché troppo impegnato a seguire la massa per sentirsi parte di qualcosa che, fondamentalmente, non lo rispecchia, ma di cui è totalmente inconscio perchè non si conosce. 

I testi di Battiato, si rivelano un sollecito a diventare élite: uomini e donne che conservano e custodiscono il fuoco sacro della conoscenza e della tradizione, disprezzate o ignorate dalle masse. Franco Battiato ha spogliato la materialità e l’omologazione di quella patina accattivante ed ipnotica che incatena generazioni di giovani prigionieri di un mondo cosmopolita. Non possiamo non ringraziarlo per tutto ciò che ha voluto insegnarci e augurargli buon viaggio nel suo percorso evolutivo che non è terminato con la morte.