di Alessia

Sento ormai, da poco più di un anno, schiere di persone spinte dal grido di follia anticostituzionale

nei confronti di decreti e obblighi, che a detta di molti, andrebbero in opposizione ai principi su cui ergono alcuni degli articoli della Costituzione italiana, quali 2, 32 e via dicendo…

A ragion di ciò, mi è sorto spontaneo pensare quanto alla gente importi realmente qualcosa di questo pezzo di carta, che, parlandoci chiaro e guardando alla realtà dei fatti, è già da più di qualche tempo che qualcuno calpesta e prevarica, impedendo la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo, tra cui la tutela della salute.

In seguito a queste domande e valutazioni, mi è tornato alla memoria un libro in particolare, che dopo aver letto destò più o meno lo stesso risentimento che in questi ultimissimi tempi anima molte persone, ma per ragioni pressoché diverse.

Parlo del primo volume dell’Enciclopedia giuridica della Sovranità per un sano patriottismo costituzionale, a opera di Giuseppe Palma. Esso racchiude una serie di scritti sui temi di Costituzione, Sovranità, Euro ed Europa.

I dati che ho voluto indicare per i quali oggi la Costituzione è ridotta a un pezzo di carta straccia, sono solo alcuni dei motori che hanno contribuito e tutt’oggi contribuiscono ad affossarla sotto gli sguardi ignoranti e disarmati di tutti noi; di chi non può agire, di chi forse non ha mai voluto farlo, e di chi mai in precedenza ha parlato di incostituzionalità:

«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.»

Secondo il primo articolo della Costituzione, la colonna di tutta la legislatura, l’Italia si fonda sulla piena occupazione, almeno fino al 2012, anno della rettifica dell’Art. 81, a cui, per altro, seguì un assoluto silenzio da parte dei media.

L’articolo in questione segna il vincolo del pareggio di bilancio come uno dei fondamenti della Costituzione italiana. Esso pone su carta tutte le modalità in cui uno Stato sovrano può sopprimere i propri cittadini.

Il pareggio di bilancio, infatti, è una trappola mortale in cui uno Stato ha il dovere di spendere 100 e di incassare dai cittadini altrettanti 100, lasciandoli a 0.

Più noto come Fiscal Compact, esso prevede 3 provvedimenti obbligatori a cui lo Stato deve attenersi.

  • Riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL del 5% annuo, fino al raggiungimento del rapporto del 60% sul PIL nell’arco di 20 anni
  • Obbligo di perseguimento del pareggio di bilancio
  • Obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore al 0,5% del PIL

Oggi l’Italia ha un rapporto debito pubblico/PIL del 157,5% circa e una spesa pubblica pari più o meno a 900 miliardi di euro. Ridurre il rapporto del debito pubblico/PIL dal 157,5% al 60% in 20 anni, significa dover effettuare una riduzione forzata della spesa pubblica di circa 40 miliardi di euro all’anno. L’unica strategia che un Governo potrà quindi adottare per la sopravvivenza sono tagli alla spesa pubblica.

Il Governo attuale, che non è in grado di reperire neanche 4 miliardi di euro da una spesa pubblica di circa 900, e figuriamoci a tagliarne 40 miliardi, è forzato ad adottare altre semplici tecniche: aumentando le tasse, limitando la circolazione di denaro liquido forzando l’uso della moneta elettronica, impedendo le assunzioni di pubblici dipendenti, eliminando benefici fiscali, aumentando l’età pensionabile e tagliando le pensioni, oltre che la scuola e la sanità.

Concludo citando la totale incongruenza del primo comma dell’art. 81: lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio tenendo conto delle basi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico…

«L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli… consente, in condizioni di parità con gli altri Stati alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.»

Articolo 11 della Costituzione la cui seconda parte avrebbe suscitato nel corso di pochi anni secondarie interpretazioni, in maniera particolare in merito alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni. L’articolo, divenuto oggetto di manipolazione, venne definito come leva costituzionale in grado di giustificare le limitazioni di sovranità in favore dell’UE.

Oggi, sappiamo che le organizzazioni e ordinamenti a cui fece riferimento la legge è l’ONU, per la quale l’Italia avrebbe rinunciato alla propria sovranità solo ed esclusivamente in favore del mantenimento di pace tra le Nazioni, per evitare l’instaurarsi di conflitti bellici.

Alla fine della fiera sappiamo che l’intento dei trattati europei di destituire i principi sui quali trova fondamento lo Stato, ovvero il Popolo, il Territorio e la Sovranità, è nella pratica riuscito.

Le norme europee sovrastano quelle costituzionali e ognuno di noi è soggetto alle prime citate, soggetti ai ricatti degli articoli 97, 119 e 81 che remano contro ogni principio costituzionale e che da tempo negano i diritti fondamentali dell’uomo.

Abbiamo accettato di subire questo, e da oltre 20 anni mai si è sentito invocare un così ampio grido di rivolta che non fosse inoffensivo, contro l’incostituzionalità che uccide la Nazione.

Una mobilitazione popolare simile potrebbe essere un tentativo valido per sollecitare i politici a spingere il Parlamento sul blocco delle politiche di bilancio eliminandole dalla Costituzione. Per la tutela dei diritti fondamentali della persona di cui siamo stati privati, e contro l’unica dittatura esistente in Italia, quella neoliberista.

E a chi pensa che il nemico sia questo progetto incompiuto chiamato Costituzione, ormai diventata uno zerbino, invito a guardare la porta davanti cui siede, quella dell’austerità.

La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.