Milano, 1 giugno – Lo scorso 14 maggio, mentre era in corso un volantinaggio dei ragazzi del fulmine cerchiato al Liceo classico Manzoni è avvenuto l’ennesimo tentativo di prevaricazione da parte dei collettivi antifascisti che come sempre ha portato alla ritorsione giudiziaria contro i nostri militanti.

Nonostante i nostri ragazzi stessero liberamente volantinando fuori dal liceo, intavolando per altro un dialogo costruttivo con i collettivi di sinistra presenti in loco, verso le otto di mattina si sono presentati in assetto “pesante” una decina di universitari antifascisti, tutti di età superiore ai vent’anni, per minacciare con la forza sia i nostri ragazzi che gli studenti.

“Non cederemo mai di un passo all’antifascismo militante – afferma Andrea Grieco, responsabile del Blocco Studentesco per la Lombardia – è una promessa che abbiamo fatto anni fa, da quando è nato il nostro movimento e abbiamo deciso di fare politica dentro le scuole. Una promessa che abbiamo mantenuto anche alcune settimane fa, quando una decina di ragazzi bardati hanno tentato di toglierci con la forza la nostra agibilità politica, costruita con l’impegno quotidiano completamente volontario: non ci vergogniamo di dire che questi soggetti sono stati prontamente rispediti al mittente, con tanto di fuga vigliacca. Chi pensa di poterci spaventare – o peggio – minacciare deve avere chiaro che noi non ci faremo mai togliere gli spazi con la forza, e che troveranno sempre la risposta adeguata”.

“Alla fine – conclude la nota – è intervenuta la Digos di Milano ed oggi sono state notificate ad otto dei nostri ragazzi denunce gravissime per ‘manifestazione non autorizzata’, nonostante si stesse svolgendo soltanto un volantinaggio, con tanto di convocazione ed avviso orale. Denunce aggravate dal pregiudizio politico della Questura di Milano che ha voluto spiccare queste misure giustificandole con il rischio da noi causato (secondo loro) andando a volantinare in una scuola in cui sono presenti collettivi di sinistra, come a dire – nero su bianco – che non si può fare politica lì dove ci sono gli antifascisti. Una storia che si ripete: la repressione colpisce sempre in unico senso, ma ci siamo abituati. Quello a cui non ci abitueremo mai è l’assuefazione delle istituzioni democratiche all’antifascismo militante: finanziato, protetto e giustificato. Queste denunce sono medaglie al valore, che ci ricordano ancora una volta che la nostra strada è quella più difficile e che in Italia fare politica è più importante che mai”.