Di Cippa

Recentemente si è diffuso un nuovo ipotetico ritrovamento della mitica città perduta di Atlantide. Ancora in Spagna, nella palude di Doñana, sorgono dal fango dei resti archeologici molto antichi di forma circolare. Il fascino del mito che Platone ha narrato nel Timeo e nel Crizia ha circa 2500 anni e continua a far viaggiare la nostra immaginazione. Le rovine sono state oggetto di ricerche, fantasie, opere d’arte e sceneggiati da quando il filosofo ha scritto della incredibile città e delle persone che li abitavano. Tuttavia si tratta di una leggenda senza base di verità.

A fronte di questa affermazione molti potrebbero anche rispondere in maniera sensata con “Se ci fossimo arresi in questo modo altre volte non sarebbe mai stata trovata per esempio Ilio”. E in effetti è vero ma c’è una profonda differenza tra queste due città del mito e dell’epica. Platone ha creato un mito non ha riscritto una leggenda preesistente, lo ha inventato egli stesso. Non si spiegherebbe d’altronde perché Atlantide dovrebbe essere l’unico mito reale che Platone riporta nei suoi scritti. Infatti non dobbiamo dimenticarci che ogni suo scritto di quel carattere è un’invenzione: il mito di Er, il mito della Caverna, dell’Auriga sono tutte sue creazioni.

Certo la città sommersa dal Diluvio è un mitema, così come la civiltà d’oro o la stirpe semidivina che decade corrompendosi con l’umano. E senza dubbio alla base di ogni mitema e narrazione ci può essere un fondo di verità. Ma la storia della città di Atlantide parte da questi mitemi per arrivare a un mito funzionale alla filosofia platonica. La sua forma circolare, il suo Sovrano nella rocca che non esce mai e si circonda dei suoi uomini, la degenerazione politica, l’intervento divino: sono tutti pezzi di un puzzle che uno dei più grandi pensatori della storia umana ci ha tramandato.

Si parta dal presupposto che gli scritti di Platone erano per coloro i quali non frequentavano la sua scuola, l’Accademia. Infatti egli condivideva con il suo maestro Socrate il rifiuto della scrittura e tra i suoi alunni era diffuso il Dialogo. Ciò che abbiamo della filosofia platonica è una minima parte del suo pensiero ed è convogliato attraverso i suoi dialoghi per permettere agli estranei di avvicinarsi alla sua scuola. Pertanto utilizzò dei miti per avvicinare alle persone comuni dei concetti che altrimenti sarebbero stati troppo astratti.

Quella di Atlantide è una storia che ha a che fare con la sua biografia in quanto per un periodo visse a Siracusa, a stretto contatto con il Tiranno che li vi abitava e con un suo discendente. Cercò di far regnare questa stirpe secondo il suo pensiero, valutandola positivamente ma tuttavia andò incontro a costanti rifiuti. La forma antica della città di Siracusa inoltre ricorda esattamente quella di Atlantide: mura circolari, immenso porto e fortezza centrale e ben difesa. Il Sovrano di Siracusa viveva inoltre, da quanto riportano fonti biografiche, solo con il suo esercito all’interno della fortezza. Abbiamo ogni cosa, ogni idea che Platone si è fatto nel mito: la stirpe che si corrompe, il carattere dell’urbanistica, il modo di porsi del Sovrano.

Dal punto di vista filosofico, oltre che le teorie politiche ed etiche che emergono dall’analisi del rapporto con la biografia dello scrittore, abbiamo anche un altro punto di vista: quello sulla divinità. In Platone è divino e perfetto tutto ciò che sta nel mondo trascendente e ideale, nel Mondo delle Idee. Man mano che ci si allontana da quel Mondo tutto si corrompe, il piano ontologico rovina le Idee perfette e allontana dal Divino, dal Sommo Bene. Così come succede al popolo di Atlantide man mano che la stirpe divina in loro viene meno:

«Ma dopo che la parte di divinità divenne fievole in essi, essendosi mescolata anche più volte con la parte mortale, e l’indole umana dominava, allora, essendo incapaci di sostenere le prosperità presenti, degeneravano. Per chi poteva vedere essi apparivano vergognosi, poiché rovinavano le più belle tra le ricchezze più preziose. Per quelli invece che non potevano vedere la vera vita verso la felicità allora soprattutto si mostravano bellissimi e felici, pur essendo colmi di ingiusta arroganza e di potenza.»

Queste sono le parole di Platone, un testo pregno di messaggi filosofici.

Questo non deve distruggere il fascino per la città perduta, non deve smorzare la fantasia di molti. Tuttavia va reso noto che il mito di Atlantide non è realtà, è probabile un Diluvio universale, un maremoto di proporzioni catastrofiche, una civiltà perduta. Ma non strettamente la leggendaria città di Platone. Il suo fascino va anzi apprezzato in quanto opera filosofica e letteraria di livello altissimo, va apprezzato come faccia ancora volare la nostra fantasia dopo millenni e come riesca ancora oggi a insegnarci ciò che Platone voleva tramandare.