Di Luca

Premessa: questo articolo è volto ad affrontare una analisi di quella che è la serie TV pertanto non mancheranno gli spoiler. Se siete indecisi sul guardare o meno Stringer Things non proseguite nella lettura per convincervi, in quanto vi rovinereste la sorpresa.

Andate sulla fiducia e, una volta terminata, ripescate questo articolo dal sito se siete curiosi di avere un altro punto di vista su questa serie.

La cura maniacale per i piccoli particolari, la bellezza delle inquadrature, i caratteri unici e l’evoluzione dei personaggi lungo le stagioni conditi con l’amore per gli 80’s dei creatori ha dato vita ad una vera e propria opera d’arte che sicuramente rimarrà nella storia del cinema e della TV. C’è molto da dire e queste righe certo non bastano, pertanto riprenderemo l’argomento anche in un prossimo articolo.

Stranger Things è senza ombra di dubbio uno dei cavalli di battaglia che ha contribuito maggiormente alla diffusione di Netflix a livello mondiale.

Azienda nata nel 1997 investe nella produzione originale di Film e serie TV dal 2011. Approda in Italia come piattaforma di streaming nel 2015 ed ha fatto ampiamente parlare di sé dopo l’uscita della prima stagione di Stranger Things nel 2016.

Di certo Netflix di per sé non ci va molto a genio in quanto con le sue pubblicazioni propina un modello di società decisamente agli antipodi rispetto alla nostra visione del mondo, alle volte, in maniera così esplicita ed esagerata, quasi stomachevole, da meritarsi persino il meme: “Netflix adaptation”.

Stanger Things, essendo una serie prodotta da Netflix, non è esente dalla sua dose di “politically correct” ed ovviamente hanno dovuto inserire coppie e personaggi di un certo tipo fra i quali due storie omosessuali il tutto però in maniera più realistica e meno esplicita di molte altre serie. Tali personaggi inoltre non spiccano più di tanto, nonostante facenti parte del gruppo dei protagonisti e sicuramente non sono entrati nel cuore dei telespettatori per questo ma perché come altri personaggi incarnano e trasmettono esclusivamente valori come coraggio, intraprendenza, giustizia, lealtà e la sana “arte di arrangiarsi”.

Tra i personaggi più amati in assoluto citiamo sicuramente Steve, Dustin, Undici, Hopper e per non parlare di Eddie Manson il personaggio forse più figo e, per certe ragioni, più “nostro” mai partorito dalla serie, tanto da diventare il simbolo stesso della quarta stagione.

Coincidenze? Non credo proprio…

Partiamo però da Hopper, il capo della polizia della cittadina di Hawkins, rappresenta nella serie la figura del padre di famiglia ed il maschio alfa che difende con coraggio la figlia acquisita Undici, protagonista della serie, e la propria città.

Questo personaggio ricopre un ruolo chiave e veicola alcuni messaggi alquanto inaspettati da una serie targata Netflix.

A partire dalla terza stagione incombono nelle vicissitudini della sfortunata cittadina di Hawkins i Russi e l’Unione Sovietica e da lì in avanti la serie è permeata da un sano anticomunismo, tipico e coerente anche con il periodo storico in quanto la serie è ambientata in piena guerra fredda.

Così i protagonisti si dilettano nelle successive stagioni anche a combattere, menare ed uccidere sovietici, oltre ai mostri del sottosopra.

Nell’ultima stagione la storia prende parte in quattro diverse ambientazioni fra le quali un Gulag, uno dei famigerati campi di lavoro russi dove venivano rinchiusi tutti i “nemici dello stato”, nel quale si ritrova imprigionato Hopper, dato per morto negli Stati Uniti.

Negli episodi della quarta stagione viene mostrata nelle scene la vita di in un gulag fra torture, interrogatori, celle sporche, cibo scarso, freddo e lavori forzati.

Tuttavia nella serie dei fratelli Duffer non mancano le critiche agli “amici” a stelle e strisce. In particolare nella ultima stagione vi sono due scene in cui vengono denunciati due dei crimini di guerra più atroci a marchio USA, uno dei quali sconosciuto a molti.

In una scena in cui si scopre la storia di Uno, alias Vecna, che è in grado di entrare nella mente delle persone e di vedere i loro pensieri più oscuri. Quando entra nella testa di suo padre, veterano della seconda guerra mondiale, scopre che durante il conflitto ha ordinato il bombardamento in un luogo in cui risiedevano civili ed entrando in una abitazione trova una culla in fiamme in cui arde vivo un pargoletto. I tristemente noti “effetti collaterali” dei liberatori.

In un’altra scena si scopre una cosa del passato di Hopper. Parlando ad Enzo, la guardia russa che doveva aiutarlo a tornare in America divenuta un compagno di cella, racconta della sua esperienza in Vietnam e spiega cosa è successo dopo la chiamata alle armi per il Vietnam. Racconta di essere stato arruolato nel nucleo chimico nei quali era incaricato preparare defogliante chiamato “agente arancio” e di pulire le “Turbine Buffalo” che venivano impiegate per lo spargimento tramite aerei ed elicotteri. Inalava ogni giorno il composto senza protezioni, con solo un paio di guanti da cucina poiché gli era stato comunicato che “non si trattava di guerra chimica” ma solo di un innocuo diserbante (che doveva mettere in difficoltà i Viet Cong togliendogli i nascondigli nella giungla e distruggere i raccolti).

In realtà si trattava di un composto altamente tossico che causò di gravi danni alla salute anche a lungo termine. Portò i figli di questi soldati a morire in grembo o a nascere con gravi malformazioni. La figlia naturale di Hopper infatti, seppur apparentemente sana, perderà comunque la vita dopo pochi anni.

Ciò che viene raccontato non è frutto della fantasia degli sceneggiatori, racconta in maniera quasi completa quelli che sono stati i danni da diossina causati dall’irrorazione dei composti defoglianti da parte degli Stati Uniti in Vietnam, tema che magari tratteremo in maniera più approfondita in separata sede.