di Patrizio

Ogni volta che si pensa alla Corsica, ci si immagina una ridente isola piena di pastori scontrosi e indipendentisti che detestano lo Stato Francese e, inevitabilmente, agli esponenti nazionalisti che hanno negli anni creato problemi davvero importanti all’Eliseo. È più taciuto (ma comunque chiaro), però, che la Corsica abbia un importante legame storico-culturale con l’Italia, sin dai tempi più antichi. Lo stesso “Babbu di a Patria” Pasquale Paoli, eroe nazionale corso, nelle sue memorie scriveva: 

«Siamo Còrsi per nascita e sentimenti, ma prima di tutto ci sentiamo italiani per lingua, costumi e tradizioni… E tutti gli italiani sono fratelli e solidali davanti alla Storia e davanti a Dio… Come Còrsi non vogliamo essere né servi e né “ribelli” e come italiani abbiamo il diritto di essere trattati uguale agli altri italiani… O non saremo nulla… O vinceremo con l’onore o moriremo con le armi in mano… La nostra guerra di liberazione è santa e giusta, come santo e giusto è il nome di Dio, e qui, nei nostri monti, spunterà per l’Italia il sole della libertà.»

Paoli, dunque, rivendicava l’intrinseca italianità insita nel sangue della stirpe corsa, la quale è tradizionalmente sempre stata più vicina al nostro Paese, simpatizzando in numerose occasioni a seguito della cessione del territorio ai francesi da parte della Repubblica di Genova. Se non consideriamo le fortissime spinte indipendentiste corse, perseguite con atti di terrorismo e boicottaggio molto frequenti negli anni ’80, la Corsica è stata molto vicina ad unirsi all’Italia a seguito dell’Operazione Anton: dal 12 novembre gli italiani occuparono la Corsica. La Corsica rimase sotto giurisdizione italiana per meno di un anno, fino all’armistizio dell’8 settembre 1943. 

In questo frangente, un importante esponente del nazionalismo corso e della riannessione all’Italia, Petru Giovacchini, si iscrisse al Partito Nazionale Fascista, fondando poi i Gruppi di Azione Corsa che svolgevano attività culturale e politica per l’annessione della Corsica al Regno d’Italia. Questa associazione aveva sedi in varie città italiane ed era la principale dei Corsi italiani negli anni Trenta, ricevendo sovvenzionamenti direttamente dallo stesso governo italiano. Trasferitosi in Italia, continuò a mantenere i rapporti con gli irredentisti rimasti sull’isola come Petru Rocca, capo del Partito Corso d’Azione, e con i poeti Bertino Poli e Marco Angeli. Giovacchini, a seguito della partecipazione alla Guerra d’Etiopia, divenne membro della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, primo corso a ricoprire tale incarico. Dopo l’8 settembre, si trasferì nella RSI con Poli ed Angeli, per poi nel dopoguerra assestarsi vicino Roma dove morì nel 1955.

Scrisse le sue ultime composizioni dopo la guerra, dopo essere tornato a fare il medico. A causa della persecuzione delle autorità francesi, le quali lo condannarono a morte per alto tradimento nel 1946, Giovacchini non ebbe mai l’occasione di rimettere piede nella sua amata Corsica, che nel frattempo era stata tolta all’Italia e riassegnata alla Francia di De Gaulle. Il poeta-soldato rimane uno dei più importanti patrioti corsi della storia, un grande italiano spesso dimenticato. Forse un giorno la Corsica perseguirà davvero il destino previsto dagli ideali di Paoli che Petru ammirava da giovane, rendendo giustizia alla sua memoria, alle sue battaglie e alla sua storia.