Di Sergio

È passato un numero sufficiente di giorni per dircelo chiaramente, senza timore di ferire i sentimenti di qualcuno: la Rivoluzione in Italia non c’è stata. Sembra ovvio. Ma il tifo da stadio e il clima politico che ha esacerbato gli animi riesce ad avere sempre uno strano effetto sugli spettatori. Infatti, a dover dar retta agli spiritelli influencer e ai capoccioni del pensiero unico – esatto, quelli che stanno ancora dando i dati sulla Clinton in testa nei sondaggi – in Italia è appena avvenuto un crack storico, una svolta epocale nazional-rivoluzionaria che inonderà le strade del sangue dei civili inermi. I soliti apocalittici. L’Italia ha soltanto scelto la destra: l’ultima volta era successo nel 2008. Manco troppo estrema se andiamo a guardar bene: le posizioni grosso modo tendono verso un liberismo di stampo conservatore, europeista e saldamente filo-atlantista. Come sempre però dal Partito Democratico riescono nel miracolo di costruire un fascismo immaginario che conquista il potere solo perché loro gli è scivolato nel tentativo di stringerlo.

La rosichella dà soddisfazioni, ammettiamolo. Saviano in calore (di resistenza) e la Boldrini presa a parolacce dai centri sociali fanno scendere la lacrimuccia, ma non deve farci illudere che il nuovo governo sarà un mandato rivoluzionario. Quindi il paradigma che tiriamo fuori è il seguente: se il PD ha perso proprio per la strategia del fascismo immaginario non significa che noi dobbiamo diventare i cani da guardia di suddetta immaginazione. Se le agenzie straniere parlano di fascismo ogni 3×2 per descrivere l’ascesa della Meloni, e suddetti media ci stanno sul cazzo, non significa che la nostra posizione debba essere quella di bodyguard. Quello che si prospetta, anzi, è un fuoco incrociato di attenzioni.

Da una parte avremo la resistenza boomer dei vari commentatori radio-audio-cine-libro-televisivi che non perderanno occasione per rimescolare le carte dell’antifascismo contro il futuro governo. Le carte sono sempre le stesse: diritti civili, immigrazione, femminismo. Insomma tutto quello che li ha fatti perdere e continuerà a marginalizzarli. Perché dovremmo filarceli noi? Se c’è una cosa che queste elezioni ci hanno insegnato è che in realtà attori ed influencer contano come uno scatarro mattutino. Quindi dimentichiamoceli, o meglio, evitiamo di essere noi la loro platea. Dall’altra parte abbiamo il mondo dell’antifascismo militante “inferocito” contro due fronti: verso quella che dà loro viene considerata (con una dose di ragione) la “sinistra borghese” che ha fatto vincere Giorgia (esempio la contestazione anti-Boldrini) e – ovviamente – verso quel fascismo immaginario partorito sempre da quella sinistra borghese. Ma questo loro non lo capiscono e nei loro incubi vedono Giorgia parlare dal balcone di Piazza Venezia davanti alle legioni del fronte reazionario.

Le avvisaglie di una stagione calda ci sono tutte. Gli studenti del Manzoni di Milano che occupano e i collettivi antifascisti che si agitano ad ogni respiro. Copioni già visti ovviamente. L’errore che noi non dobbiamo commettere è di avere paura e non trasformarci in bacchettoni alla Weltanschauung Italia. I prossimi mesi saranno tipo: ogni controllo dei documenti “inaccettabile repressione”, ogni “scusa che te levi dalle palle?” una “grave intimidazione fascista”, ogni volantinaggio un “attentato squadrista impunito”, ogni serio dibattito sollevato una “accanita forza reazionaria che si oppone al progresso”, ogni manifesto “un dollaro per la causa imperialista”. Secondo loro il sistema è quello che ci rappresenta, ergo siamo i poliziotti della Meloni. Come si supera questo stallo? In maniera rivoluzionaria chiaramente.

Nel prossimo anno dovremo martellare con molta più decisione verso il governo e il futuro Ministro dell’Istruzione per far sì che i temi sollevati sulla scuola e il lavoro siano affrontati con decisione e senza cedimenti: sicurezza delle strutture, sospensione dell’alternanza scuola-lavoro, introduzione del libro di testo unico, sostegno agli studenti pendolari, abolizione delle tasse coatte sulla scuola, aumento delle ore di educazione fisica, reintroduzione della tesina, abolizione dei programmi gender dalle elementari alle università, taglio dei fondi ad A.N.P.I e centri sociali, calmierazione degli affitti per studenti universitari e diritto di voto ai fuorisede. Oltre a tutto questo bisogna spingere un’offensiva fondamentale di cui non sentiamo mai parlare: quella che deve abbattere, distruggere, demolire dalle fondamenta e pezzo dopo pezzo l’egemonia culturale della sinistra nelle scuole, nelle università e nei tribunali. Dovremo essere i primi nell’azione e nella critica costruttiva. Dovremo ottenere un effetto per il quale saranno i nostri avversari a dover dire: “siamo all’opposizione ma non come fanno loro”. Più a sinistra della sinistra e più a destra della destra. Mantenere quindi l’estremità della nostra volontà politica per non annegare nel marasma democratico.

C’è confusione sotto al cielo. È un momento d’oro per chi manterrà fede ad una visione del mondo alternativa senza cedere alle lusinghe della destra e ai ricatti della sinistra. Ma una cosa sappiamo che è certa: meglio l’agone dello scontro politico che le pacche sulle spalle di chi crede di essere arrivato.