di Bologna

La storia di Roma è costellata di guerre fin dall’atto stesso della sua fondazione da parte di Romolo. Anche dopo la fase monarchica, Roma dovette affrontare diversi scontri con le popolazioni Latine circostanti, con gli Etruschi e contro i temibili Galli.

Fiero popolo guerriero celtico, i Galli non erano stanziati solo nell’attuale Francia, come ci sovviene nei ricordi dalle guerre affrontate dal famoso Giulio Cesare, ma diverse importanti tribù si erano stabilite nell’area Padana di qua delle Alpi e vennero perciò chiamati come Galli cisalpini.

Proprio contro costoro la repubblica romana affrontò alcuni dei suoi più temibili confronti in armi. Nel 349 a.C. il console Lucio Furio Camillo, figlio del ben più famoso Furio Camillo a cui si attribuisce la frase “Non con l’oro ma col ferro si riscatta la Patria”, mosse con circa dieci legioni contro i Galli stanziati nelle campagne del litorale romano. 

Nell’esercito era presente un giovane tribuno militare, di famiglia aristocratica, dal nome di Marco Valerio

Giunti a contatto con il nemico, non era insolito a quei tempi che i guerrieri si scambiassero sfide e reciproci insulti prima che uno dei due schieramenti decidesse di fare la prima mossa. Fu così anche nel caso che ci accingiamo a raccontare: un enorme guerriero gallo uscì dai ranghi per sfidare a duello qualsiasi avversario avesse avuto il coraggio di scontrarsi con lui.

Marco Valerio, dopo aver ottenuto il permesso consolare, uscì dunque dai ranghi per raccogliere la sfida ma quel giorno accadde un fatto decisamente difficile da spiegare: un corvo scese dal cielo e si appollaiò sulla spalla del giovane tribuno. Interpretando il gesto dell’animale come un ottimo auspicio, Marco Valerio si gettò di slanciò contro il proprio avversario. Il volatile, invece di spaventarsi e tornare a volare come un qualsiasi animale avrebbe fatto, parve condividere il coraggio del giovane romano e si scagliò verso il viso dell’imponente guerriero nemico, graffiandolo e beccandolo fino a quando un colpo fatale di Marco Valerio non lo abbattè definitivamente

La battaglia che ne seguì fu una disfatta totale per i Galli che vennero decimati dalle legioni romane esaltate dal duello. Tito Livio commentò lo scontro con la laconica frase: “Battuto il Gallo, la vittoria arrise ai Romani.” 

Marco Valerio, poco più che ventenne, divenne uno degli ufficiali Romani più popolari del suo tempo, tanto da essere eletto console giovanissimo, l’anno successivo il duello. Prese il Nome di Marco Valerio Corvo, in onore allo spirito animale che lo aveva supportato nella sfida.

Nella civiltà Romana, che pure sarebbe giunta a dominare il mondo, ebbe sempre un’importanza fondamentale il fenomeno dei presagi. Gli animali, e ciò rientra anche nel campo del profondo rispetto nutrito dal popolo di Roma ed in generale di molti popoli pagani per la Natura o Gea, la madre Terra, erano numi tutelari, messaggeri degli Dei, forze divine incarnatesi per supportare le legioni nei loro momenti più difficili.

Avvistare un lupo prima di una battaglia era un ottimo auspicio, così come lupi e uccelli sacri come il picchio furono spesso i numi alla guida delle migrazioni dei popoli proto-Italici.

L’intervento del corvo in favore del giovane tribuno dunque non fu una casualità animale, ma un vero e proprio intervento divino per premiare un giovane che aveva affidato la sua vita alla religione che più contava a Roma: quella del Coraggio.