Di Cippa

Quello che oggi può dare la lettura di testi sacri, opere mitologiche, saghe e poemi a molti può sembrare un tedioso accumulo di credenze poco utile alla vita dei nostri giorni. Tuttavia, se gli si dedica tempo e attenzione si può capire quanto ancora parlino a noi tali scritti che sono tramandati da secoli e millenni tra noi uomini: infatti al loro interno è contenuta la sapienza che ha permesso ai nostri antenati di crescere e svilupparsi, di arrivare dove noi siamo oggi. In ogni civiltà poi ritroviamo dei punti in comune, dei mitemi condivisi da tutti che ci consentono di comprendere a fondo quanto in realtà le varie leggende abbiano decisamente una profonda base di verità: parliamo di diluvi universali, dei giganti, dell’Età dell’Oro e chi più ne ha più ne metta. Parliamo poi dei numeri ricorrenti come le trinità, il pantheon di dodici o il numero sette; parliamo delle simbologie, prime quelle solari, che dalle popolazioni precolombiane fino all’Egitto e poi all’Estremo Oriente attraversano l’umanità intera. Parliamo dell’Apocalisse e del ciclo della rinascita.

Quest’ultimo è quantomai un punto dove si trova terreno fertile per delle riflessioni: la fine del mondo, l’Armagheddon, la Concussio Mundis, il Ragnarok. È sconvolgente la somiglianza che culture tanto diverse hanno dato a qualcosa non di già avvenuto, o di ipoteticamente trasmesso da qualche migrazione ancestrale, ma a una profezia sul futuro ultimo. Un’ escatologica promessa che accompagna l’uomo da millenni pare sia condivisa dell’umanità intera. 

La decadenza morale degli esseri umani è narrata in queste profetiche memorie, non starò qui a fare i collegamenti tra le piogge di fuoco e le guerre nucleari eccetera, ci hanno già pensato in molti; il problema della moralità è ciò su cui voglio portare attenzione. L’uomo diventa avido e possessore di beni inutili e di scarso valore che chiama ricchezza, non rispetta più la sacralità, le tradizioni non vengono seguite, il vincolo familiare perde di valore e ci si alza contro il padre e il fratello. Molto interessante è leggere, sempre cercando di interpretare e restando consapevoli della differenza culturale tra noi e l’India, le caratteristiche del Kali Yuga: l’età del ferro in cui viviamo secondo l’Induismo, in costante stato di peggioramento.

Nel leggere questi racconti, se così si possono chiamare, talvolta si ha la tremenda sensazione di viverci dentro, specie se si prende coscienza della somiglianza che li pervade tra i vari popoli. Non credo sia follia o interpretazione errata leggervi tra le righe esempi lampanti di temi caldi della nostra epoca come il Consumismo o la progressiva crescita della denatalità e della perdita dei valori tradizionali. Resta solo da capire se si tratta di scritti fatti talmente bene che stanno parlando alle generazioni umane da millenni allo stesso modo o se si tratta di un incredibile coincidenza, se non di una tremenda e inevitabile profezia.

Ognuno può leggerli come più gli piace: chi ha fede li leggerà come Apocalisse, chi ha un occhio più materialista come coincidenze interessanti e degne di nota, chi vuole dare uno sguardo più filosofico alla cosa come dei testi di anticipazione notevole su temi scottanti del presente. Ognuno può dare la sua lettura però non credo siano da prendere come storielle, in nessun caso. Hanno accompagnato i nostri avi, li hanno scritti loro e hanno fatto in modo che ci arrivasse questo monito. Le voci dal Passato non credo vadano mai ignorate, specie quelle che ammoniscono il Presente: generalmente sono tese a creare un Futuro migliore.