di Enrico

Ecco una domanda bella spinosa: esistono i diritti umani?

Detta così parrebbe quasi un delirio antiumano la cui risposta è quasi scontata; “è ovvio che esistono” direbbero molti. Tuttavia, questo è uno di quei casi in cui il risultato di una riflessione razionale e disinteressata può stridere con l’opinione immediata ed istintiva, l’opinione che “a senso” ci può apparire chiara ed evidente.

Prima di giungere alla risposta, dobbiamo tuttavia fermarci per stabilire alcuni punti cardine attorno ai quali andremo a sviluppare la riflessione.

Anzitutto, cosa si intende con “diritto” e quali sono le teorie che lo delineano?

Nella storia del pensiero filosofico-politico europeo occidentale s’intendono tre cose tra loro interconnesse (pertanto possiamo dire che il termine è di senso intercambiabile nel corso della riflessione): il diritto come “materia” di studio e riflessione, come insieme di norme di una comunità politica, come singola norma e come teoria della norma stessa.

Tradizionalmente i filosofi del diritto si dividono in due grandi scuole di pensiero: i giusnaturalisti, ovvero i sostenitori del “diritto naturale” (di cui i cosiddetti diritti umani sono diretti discendenti), e i giuspositivisti, per i quali invece il diritto è una costruzione tutta umana (e quindi variabile, non assoluta ed atemporale), che in natura non esiste.

All’interno del giusnaturalismo spesso si parla anche di una sorta di “legge naturale” di cui tutti gli uomini, in maniera più o meno consapevole, sarebbero intrinsecamente portatori. Quest’idea avrà poi grande fortuna, fino ad arrivare all’Imperativo Categorico di Immanuel Kant, all’interno del più complesso sistema della Legge Morale.

Avendo tracciato alcune linee guida per meglio comprendere il terreno su cui ci stiamo muovendo, possiamo iniziare a sviscerare la questione; andiamo per punti.

  1. Quali sono, se esistono, i diritti naturali?

Generalmente, i giusnaturalisti liberali nominano in particolare il diritto alla libertà, alla proprietà e alla vita. Tali diritti l’uomo li acquisirebbe sin dalla nascita e, partendo da tali diritti (secondo i giusnaturalisti, inalienabili), si andrebbe a formare la legislazione umana: compito di tale legislazione è tutelare i diritti naturali dell’uomo.

Ma questi diritti, ritenuti inviolabili ed inalienabili, sono “naturali”? La natura riconosce questi diritti? No! L’unico diritto che la natura riconosce è quello alla sopraffazione del più debole da parte del più forte. E questo ai giusnaturalisti piacerebbe molto poco, probabilmente: la sopraffazione esclude di fatto ogni diritto alla proprietà (chi è più forte porta via ciò che vuole a chi è più debole), alla libertà e alla vita (il più debole vive se accetta di sottomettersi all’arbitrio del più forte, rinunciando alla libertà, oppure morendo se non accetta). Quindi, come possiamo definire naturali dei diritti che la natura stessa nega?

Quindi i diritti naturali non esistono e anche se esistessero, la natura non li rispetterebbe.

  1. Esiste un modo per dimostrare empiricamente l’esistenza della legge naturale e della legge morale?

Spesso il giusnaturalismo dà per scontata l’esistenza dei diritti naturali, spesso non si assume nemmeno l’impegno di dimostrarla empiricamente. A ben vedere, dovremmo stupirci del contrario: è sostanzialmente impossibile, infatti, dimostrare empiricamente l’esistenza di un qualche diritto naturale o umano universalmente valido.

Vi è altresì un’enorme smentita empirica di ciò: se infatti si può essere universalmente d’accordo sulla definizione di diritto umano (ossia un diritto universalmente inalienabile, proprio in quanto strettamente connaturato all’essere umano), sarà molto difficile che si concordi anche su cosa deve essere ritenuto tale.

Facciamo un esempio; immaginiamo due persone, provenienti da culture completamente differenti e contesti storico-culturali diversissimi tra loro. Ecco, queste due persone avranno forse un’idea di diritto umano, come dicevamo prima, ma su che cosa sia un diritto inalienabile o meno, molto probabilmente dissentiranno. Ma il diritto naturale ed umano, proprio in quanto comune a tutti gli uomini, non dovrebbe prescindere da ogni confine geografico, culturale, storico e sociale? Non dovrebbe essere uguale per tutta l’umanità?

Lo stesso si può dire della Legge morale universale di derivazione kantiana: non è possibile dimostrarla empiricamente, dove invece è possibile smentirla empiricamente. Il risultato è che essa è semplicemente una “credenza”; si può scegliere di credervi o meno, come tutte le cose non dimostrabili.

Qui si potrebbe obiettare che ci esistono degli esempi di diritti naturali resi universali, come le costituzioni e le dichiarazioni che li citano direttamente; ad esempio, la Costituzione degli Stati Uniti scritta dopo la Guerra d’indipendenza americana, la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino scritta durante la Rivoluzione francese e la moderna Dichiarazione universale dei diritti umani. Tuttavia, non bisogna lasciarsi ingannare, perché un’argomentazione di questo genere è solo una trappola argomentativa e un’impostura intellettuale: le costituzioni settecentesche e la Dichiarazione universale dei diritti umani sono dei tentativi di mettere per iscritto (e quindi di rendere diritto positivo) ciò che era ritenuto, da parte di chi ha scritto tali documenti, diritto naturale o umano. Quindi, una volta reso positivo il diritto naturale si “relativizza”, perché diviene qualcosa di circoscritto nel tempo.

Ergo, anche volendo continuare a chiamarlo “naturale”, il diritto può essere solo positivo.

  1. È opportuno a questo punto soffermarci su un’altra questione. Conoscendo la natura dell’essere umano, allora è possibile delineare un diritto naturale, umano ed universale?

Certo, sarebbe possibile. In effetti, se si vuole legiferare “secondo natura” bisogna conoscerla questa natura, in modo da avere un diritto in accordo con le sue leggi. Certo, un’idea geniale, che metterebbe di colpo fine al problema. C’è solo un piccolo problema però; nessuno sa quale sia la natura dell’essere umano!

Le uniche conoscenze disponibili sulla natura dell’uomo riguardano la sfera prettamente biologico-scientifica, non l’essenza umana in senso totale.

A questo punto della riflessione, possiamo trarre alcune considerazioni. Diciamone almeno due: la prima è che, come abbiamo dimostrato, i cosiddetti diritti umani sono un’astrazione, un’invenzione tutta occidentale e liberale, figli di una mentalità debole che accetta “verità di Bibbia” immediate e rassicuranti. Ma la seconda, ben più importante e che è forse più un invito al lettore che una considerazione, è che spesso la verità (o qualcosa che ad essa si avvicina) non è immediata, non coincide per forza con ciò che “a senso” ci sembra più ovvio. Chi davvero vuole conoscere, o quanto meno avvicinarsi, alla verità deve essere in grado di non scandalizzarsi e, soprattutto, di non fermarsi di fronte a certe idee politicamente corrette che preferisce ad una tagliente verità una inerte menzogna. Del resto, se trovare la “verità” fosse semplice, non ci staremmo provando da più di duemila anni, almeno dai tempi delle scomode domande socratiche.