di Alessia

Per militarizzazione degli spazi si intende essenzialmente l’utilizzo di tecnologie di sorveglianza come quella destinata al riconoscimento facciale.

L’esperienza palestinese è quella che più tra tutte ci mostra la vera sorveglianza sistematica applicata ai territori in cui i palestinesi vivono.

Sia attraverso telecamere in luoghi pubblici, sia attraverso tecnologie, database, droni, attraverso i quali ogni dettaglio della vita delle persone viene raccolto e tracciato.

Tra i molti stati Israele si aggiudica il podio nella leadership nel settore della sorveglianza e dello spionaggio a livello internazionale, potendo praticare giornalmente sul campo le sue tecnologie, testandole nei territori che essa occupa. A beneficiare di queste tecniche di occupazione militare sono anche molti altri governi oppressivi nel mondo, Israele difatti esporta ad essi gli stessi strumenti e le stesse competenze che acquisisce in materia.

Senza limiti di violazione della vita privata e pubblica, testando tattiche e software sui palestinesi, così agisce l’unica democrazia del medio oriente.

Oltre all’uso di tecnologie di sorveglianza invasive, a preoccupare sensibilmente la popolazione, sono anche gli sviluppi dei sistemi d’arma autonomi. Questa tendenza volta alla totale disumanizzazione digitale, ha già permesso ad Israele di sviluppare droni, missili vaganti che identificano e attaccano il bersaglio. Tecniche e piattaforme volte a colpire in maniera indipendente e rapida.

Già lo scorso anno, Israele ha installato una torretta telecomandata potenziata dall’intelligenza artificiale nei pressi di un posto di blocco in Cisgiordania. Il dispositivo ha la capacità di sparare granate stordenti, gas lacrimogeni e proiettili in gomma.

Tali innovazioni sono brevettate dalla startup israeliana Smart Shooter.

Incrementare  alle tecnologie dei sistemi di armi, l’intelligenza artificiale, desta ad oggi non poche preoccupazioni, in particolare dal punto di vista umanitario e legale. Il tema è infatti di recente stato messo sotto i riflettori da un report di Amnesty International in cui esplora le tecnologie di riconoscimento facciale adottate da Israele per imporre il proprio dominio nei territori occupati.

I sistemi emergenti adottati da Israele sono incredibilmente controversi, selezionano e colpiscono bersagli senza un significativo controllo umano, servendo inoltre ad aiutare oltre che automatizzare, l’uso della forza nei confronti del popolo oppresso, modi e usi già in passato denunciati alla Corte Internazionale di giustizia.