Di Giovanni

La letalissima pandemia di COVID-19 (con una mortalità in Italia inferiore al 1%!) è ormai alle spalle e l’imminente guerra nucleare non preoccupa più così tanto. Un nuovo spauracchio ora compare sui giornali, in TV e nelle bacheche delle reti sociali: il riscaldamento globale. Viene ripetuto a gran voce che quest’estate è la più calda degli ultimi due secoli nonostante, dati alla mano, vi siano state ondate di calore estive ben più intense come quella storica dell’estate 2003 o, in precedenza, quella del 1957. In molti sembrano terrorizzati dalle conseguenze del cambiamento climatico tantoché un nuovo vocabolo è stato coniato per indicare questa sensazione di incertezza e di angoscia relative alle possibili conseguenze catastrofiche del riscaldamento globale: “eco-ansia”

Analogamente all’ipocondriaco che durante la pandemia pregava per misure più stringenti anche l’“eco ansioso” chiede a gran voce ai governi di intervenire al più presto e in maniera radicale per poter contrastare il riscaldamento globale come se qualche divieto qua e là (e solo nei paesi occidentali: India, Cina e Africa nel frattempo potranno continuare ad inquinare!) possa fermare un cambiamento climatico globale così complesso le cui cause sono molteplici e non del tutto chiare.

Lungi da me sostenere j negazionisti del riscaldamento globale. Se è vero che le temperature globali ormai da anni aumentando è altrettanto vero che nel corso degli ultimi millenni il pianeta ha attraversato diversi cambiamenti climatici. Per esempio, durante l’Impero romano la vite veniva coltivata nell’attuale Scozia, oggi terra poco ospitale per colture tipicamente mediterranee come la vite. Sempre rimanendo in Gran Bretagna qualche secolo fa era consuetudine in inverno camminare sul Tamigi ghiacciato mentre oggi gli inverni londinesi sono addirittura più miti di quelli di molte zone del nord Italia.

Questo non significa che l’uomo non abbia influito sui recenti cambiamenti climatici ma è doveroso ricordare di come la comunità scientifica non sia unanime nell’affermare la colpevolezza dell’uomo nel riscaldamento globale. Ne è esempio il premio Nobel Carlo Rubbia che in un suo celebre discorso al Senato afferma come i cambiamenti climatici siano eventi naturali e quindi non influenzati dalle attività umane.

Qualunque sia la tesi che si sostenga riguardo alla responsabilità umana del riscaldamento globale ciò che oggi preoccupa sono le possibili limitazioni che i governi potrebbero applicare in un futuro prossimo per cercare di contrastare il cambiamento climatico. Da anni ormai si sente parlare della necessità di intervenire tempestivamente per salvare il pianeta e quindi di varare misure a tutela dell’ambiente. Sacrosanta la difesa di quest’ultimo ma le future restrizioni in nome dell’ambientalismo con ogni probabilità saranno pesanti limitazioni alle libertà individuali analogamente a quelle in vigore durante la pandemia. Anticipazioni di questa distopia in chiave ecologica sono già visibili oggi: si pensi per esempio all’assurdo divieto alla circolazione ad alcuni veicoli neanche troppo datati in certe aree di Milano o alle multe salate per chi guida macchine giudicate troppo inquinanti nella ultra-progressista Norvegia. 

Cosa aspettarsi quindi dal futuro? C’è chi, tra i vari esperti di cambiamenti climatici, che è necessario un tempestivo cambiamento del nostro stile di vita per rendere quest’ultimo più sostenibile. La crociata contro carne e derivati animali, da anni ormai sono considerati alimenti dannosissimi per l’ambiente, ha trovato nell’Unione Europea un valido alleato dal momento che quest’ultima ha recentemente autorizzato la vendita di insetti per uso alimentare. E no, non si parla di cucine esotiche con piatti a base di scorpioni ma di grilli impiegati per produrre farine. Gli insetti a detta di molti “esperti” saranno il cibo del futuro in quanto per allevare scarafaggi e formiche viene prodotta molta meno CO2 rispetto a quella prodotta dagli allevamenti tradizionali. 

Similmente a come già avviene in Norvegia non è da escludere che in futuro anche nel resto del mondo occidentale vi saranno sanzioni per chi guiderà veicoli troppo inquinanti. Da anni ormai si spinge per passare alle macchine elettriche dimenticandosi di quanto siano anche queste ultime poco ecosostenibili considerando che, almeno in Italia, la maggior parte dell’energia elettrica viene prodotta da combustibili fossili. Veicoli assai più costosi rispetto alle automobili a carburante, che solo una fascia limitata della popolazione potrà permettersi come del resto la carne che potrebbe venire ipertassata poiché troppo inquinante. Non è da escludere infatti che in un futuro neanche troppo lontano la “carbon tax” possa essere estesa a tutti quei prodotti con un maggiore impatto ambientale.

Le possibili future leggi atte a limitare il riscaldamento globale colpiranno pertanto le fasce meno abbienti costrette a mangiare insetti e impossibilitate a guidare le loro macchine poco ecosostenibili. 

Il covid ha dimostrato ancora una volta come sia facile imporre misure sempre più restrittive e liberticide in un periodo di crisi. Ora che la pandemia è terminata non sono più i bollettini quotidiani dai dati molto fuorvianti a creare terrore ma le notizie riguardanti i record di caldo o i violentissimi temprali estivi. Ma il copione è sempre lo stesso: v’è un’emergenza e in nome di essa vengono varate leggi liberticide accettate passivamente dalla maggior parte della popolazione che in periodi di normalità si sarebbe ribellata.