Di Andrea

Ormai poco più di un anno fa, nel settembre del 2022, sulla famosissima piattaforma streaming Netflix è stato distribuito l’ultimo film del regista francese Romain Gavras, presentato per la prima volta alla settantanovesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dal titolo Athena. La pellicola rappresenta uno spaccato della periferia metropolitana francese, molto simile alle banlieue parigine, colpita dal degrado e dalla violenza. La trama racconta del ritorno a casa di Abdel, soldato dell’esercito francese, il quale, al suo ritorno a casa, si trova al centro di una rivolta capeggiata dal fratello Karim scoppiata in seguito all’uccisione da parte della polizia del loro fratello minore. La situazione incandescente esploderà in una vera e propria guerra contro lo Stato portata avanti dal quartiere di Athena, zona che si trasformerà letteralmente in una fortezza sotto assedio.

Tralasciando l’intento moralista del film, un miscuglio mal fatto di tendenze pacifiste e strizzate d’occhio alla violenza simil ribellistica e contro le forze dell’ordine con l’aggiunta della ciliegina sulla torta finale tutta politicamente corretto e pugno chiuso (in realtà ad uccidere l’adolescente si riveleranno essere stati dei fantomatici “estremisti di destra” travestiti da poliziotti), il lavoro di Gavras rappresenta a pieno la condizione delle principali città europee. Un tema, quello legato agli immigrati di seconda o, come in Francia, di terza e addirittura quarta generazione che, anche in Italia, trova ora gli onori di cronaca. Non ultimo l’articolo del Corriere della Sera, principale quotidiano benpensante e borghese, sull’identikit del “maranza”, ovvero il giovane di origini principalmente nordafricane di periferia che ispirerebbe la moda dei più giovani.

Sempre secondo il Corriere, a muovere questa subcultura urbana sarebbero il look, le famiglie difficili e l’orgoglio per le proprie origini. Questo ultimo punto è ben raffigurato nell’esempio di Athena: tutti i giovani del quartiere sono di origine nordafricana o africana. Le bandiere di Marocco, Tunisia e Algeria vengono mostrate con orgoglio, così come in molti videoclip degli attuali artisti musicali in voga. Senza cadere nel perbenismo questurino di chi disdegna la strada e invoca più repressione solo per poter girare tranquillo in centro, il problema legato alle conseguenze di una società multietnica è reale. Anche nelle maggiori città italiane come Milano, Roma e Torino bande di giovani immigrati si appropriano, con una cosciente volontà di supremazia, degli spazi destinati ai coetanei europei, la cui maggior parte, infiacchita da una società che demonizza ogni virtù o aspetto troppo “tossico”, subisce. La risposta, oltre a quella di non farsi soggiogare, è proporre ed incarnare un’alternativa a questo modello multietnico che vuole annullare l’identità italiana ed europea