Di Andrea

In attesa dell’uscita di Nosferatu, prossima fatica artistica del regista Robert Eggers basata sul capolavoro del cinema muto di Friedrich Wilhelm Murnau del 1922 (in programma per Natale 2024), ci troviamo ad osservare la mente che si cela dietro alcuni dei migliori prodotti usciti sul grande schermo negli ultimi anni. Il regista, nato a Lee nel New Hampshire nell’estate del 1983, nonostante stia scalando la piramide del panorama cinematografico internazionale non ha ancora del tutto trovato il posto che merita nell’alveo del grande cinema. Cresciuto tra i teatri della Grande Mela e iniziato a mostrare il proprio talento in alcuni cortometraggi bollati come incomprensibili e oscuri, le pellicole di Eggers hanno il pregio di immergere lo spettatore, oltre che all’interno delle atmosfere del film, nei meandri della propria mente.

Elemento comune delle prime tre opere di Eggers (The Witch, The Lighthouse e The Northman) è il richiamo alla tradizione, al folklore dei racconti e delle credenze antiche utilizzato come grimaldello per interrogare l’uomo. Tutto questo senza moralismi intellettuali o finti perbenismi, senza insegnamenti o verità assolute. L’intera filmografia del regista americano è costellata da mitemi ricorrenti in tutta la tradizione antica, specificatamente quella europea. Questi nuclei narrativi si sviluppano sopra a dei simboli, i quali rimandano al di là di sé stessi e non possono essere intesi se non come forme entro le quali si cerca di comprendere e di portare a manifestazione una totalità. Il simbolo, utilizzato frequentemente da Eggers, rappresenta in questo caso la forma dello sforzo razionale soggettivo per comprendere un qualcosa di inafferrabile e irrazionale. 

In questo senso troviamo in The Witch, primo lungometraggio del regista ispirato a racconti popolari e notizie dell’epoca, la figura principale della strega come veicolo del male, incarnato a sua volta nel caprone Black Philip, e tutti quegli elementi dell’antologia classica che rimandano al magico e al mondo dell’esoterico. Sempre nella stessa pellicola ha un ruolo preponderante la foresta, dimora della strega, luogo altamente simbolico dove l’impossibile trova forma. La stessa carica simbolica si trova con The Lighthouse, dove la tradizione marinara e le sue leggende fanno da padrone. I riferimenti alla mitologia classica come le sirene e il richiamo a Proteo, dio delle profezie servitore di Poseidone, in un’allucinazione di uno dei due protagonisti sono frequenti. Inoltre, il rimando al mito di Prometeo è visibile nell’idealizzazione della luce del faro a fuoco divino e nel tentativo del più giovane protagonista di raggiungerla. Simile sarà la sua fine, con le interiora mangiate dai gabbiani. Per non parlare dell’ultima pellicola di Eggers, The Northman, una vera e propria saga epica direttamente ripresa da Amleto (ispirata a sua volta dal racconto del 1200 di Saxo Grammaticus sul principe Amleth). Un viaggio tra mito e realtà circondato da temi ricorrenti della mitologia norrena e permeato dalla dimensione del magico e del trascendentale
Streghe, sirene, dei, oracoli, valchirie, foreste, magia e mito. Questi i temi prediletti da Rober Eggers. Una filmografia ispirata alla tradizione e alla realtà irrazionale dei simboli, i quali muovono e mobilitano da sempre gli uomini. Il pensiero mitico e i suoi simboli non fanno altro che rappresentare l’esperienza umana secondo l’antitesi tra ciò che è sacro e ciò che è profano, tra ciò che ha valore e ciò che non ne ha. Il mito diviene così coscienza del sacro plasmando l’irrazionale e l’irriducibile all’interno di limiti grazie ai quali l’uomo può utilizzare la sua funzione mobilitante e potenza vitale.