Di Sara

Ah, la Grecia antica: quell’Eden liberale dove l’amore omosessuale scorreva libero e celebrato, giusto? No. Da decenni, questa narrativa serve più da comodo strumento di propaganda che da fedele cronaca storica. Gli attivisti LGBT, e non solo, amano riscrivere la storia, insabbiando opportunamente la scomoda verità.

Una delle prove più citate a sostegno dell’accettazione dell’omosessualità nell’antica Grecia riguarda i vasi che ritraggono relazioni tra uomini. Quest’interpretazione ha guadagnato popolarità principalmente attraverso il lavoro dell’americano Kenneth Dover, autore di “Greek Homosexuality” (1978). Tra gli 80.000 pezzi di ceramica analizzati nel corso degli anni, Dover sostiene che 600, meno dell’1%, presentano immagini che potrebbero essere interpretate come omosessuali. Un’analisi più dettagliata di questi 600 pezzi rivela che la maggior parte di essi non illustra affatto relazioni omosessuali; piuttosto, sembra che l’autore attribuisca loro significati nascosti secondo la propria interpretazione. Ironico.  Inoltre, molti degli esempi citati includono figure di satiri, descritti da Plinio il Vecchio come esseri “selvaggi, orribili, terribili e perversi ingannatori”, certo non il simbolo di una rappresentazione lusinghiera. Approfondendo ulteriormente l’analisi, ci ritroviamo con uno sconcertante 0.000375% dei vasi che potrebbe sostenere la tesi moderna sull’omosessualità, il che rende insostenibile l’affermazione che fosse una pratica diffusa e accettata.

Un’altra “prova” frequentemente portata alla luce dalla comunità dell’alfabeto è la relazione tra Patroclo e Achille nell’Iliade. Questa interpretazione ha guadagnato notevole trazione grazie a “The Song of Achilles” (2011) di Madeline Miller, una rilettura moderna della guerra di Troia vista attraverso gli occhi di Patroclo. Nell’opera originale di Omero, i due sono descritti come compagni stretti o migliori amici, non come amanti. Da dove emerge, allora, questa interpretazione? Miller si appella alle parole di Platone (il quale cambiò drasticamente la sua opinione negli anni), che sembrano avallare la sua visione. Tuttavia, coloro che abbracciano questa narrazione tendono a trascurare una vasta gamma di fonti antiche che la contraddicono, tra cui le opere di Senofonte, contemporaneo di Platone e anch’egli discepolo di Socrate, che offre una visione molto diversa. La selezione selettiva delle fonti per sostenere questa interpretazione moderna solleva questioni sulla sua validità storica, ignorando le numerose voci antiche che offrono una prospettiva alternativa sulla natura della relazione tra i due eroi.

La notevole divergenza di opinioni tra gli antichi autori mette in luce l’improprietà di attribuire alla Grecia antica un’unica etichetta di “paradiso di accettazione” omosessuale. Lontana dall’essere una società omogenea, la Penisola Ellenica era frammentata in una miriade di città-stato, ognuna con le proprie leggi, tradizioni e valori. Questa varietà culturale si rifletteva anche nelle leggi relative all’omosessualità, che variavano notevolmente da una polis all’altra. Alcune città-stato, infatti, emanavano normative estremamente severe sull’omosessualità, proibendo esplicitamente le relazioni tra adulti dello stesso sesso e, in alcuni casi, prevedendo persino l’esecuzione come pena.

Le relazioni omosessuali più documentate nell’antica Grecia non coinvolgevano due adulti su un piano di parità, come si tende a credere oggi, ma si basavano piuttosto su un rapporto tra un adulto, il mentore, e un ragazzo adolescente, di solito non minore di 12 anni, noto come pupillo. Questa pratica, nota come pederastia, nonostante fosse diffusa in alcune parti della Grecia, non era universalmente accettata né priva di critiche. Documenti storici evidenziano come la pederastia fosse oggetto di critiche e come gli adolescenti greci spesso deridessero i propri coetanei coinvolti in tali relazioni, suggerendo una resistenza sociale a questo aspetto della cultura greca. Queste relazioni, pur avendo un forte componente educativo e non necessariamente implicando contatti fisici, in alcuni casi potevano essere sfruttate da uomini ricchi e influenti a loro vantaggio. Autori classici come Senofonte ed Erodoto hanno espresso preoccupazioni sui rischi associati alla pederastia. Anche Platone ci informa che alcuni genitori ateniesi arrivavano a ingaggiare guardie del corpo per proteggere i propri figli da potenziali approcci indesiderati.

Numerosi filosofi e scrittori dell’antichità greca hanno espresso opinioni che contraddicono l’idea, spesso propagata, di un’antica Grecia universalmente accogliente nei confronti dell’omosessualità. Tra questi, gli stoici si distinsero per la loro ferma opposizione alla promiscuità e alle relazioni omosessuali, riflettendo una visione etica e sociale ben diversa da quella comunemente associata alla loro epoca. 

Nella sua opera “Leggi”, Platone afferma che “il piacere sessuale è stato concesso dalla natura al maschio e alla femmina quando uniti per l’opera di procreazione”, o che “il crimine del maschio con il maschio o della femmina con la femmina è un oltraggio alla Natura e un cedimento capitale alla brama di piacere”, o ancora “i rapporti sessuali tra uomini dovrebbero essere proibiti una volta per tutte”.

La mitizzazione dell’omosessualità nell’antica Grecia, alimentata da un desiderio comprensibile di trovare radici storiche per l’accettazione moderna, si scontra contro il muro dell’evidenza storica e della critica. La verità è che alcuni dei più grandi pensatori dell’epoca erano lontani dall’essere campioni dell’amore libero in tutte le sue forme. Le loro parole, strumentalizzate e tolte dal contesto, diventano slogan vuoti in una battaglia ideologica che ignora la complessità del passato. Ci ritroviamo così intrappolati in un anacronismo seducente, un’utopia retroattiva costruita con pezzi di storia selezionati ad arte e ignorando tutto ciò che disturba l’immagine perfetta. Ma la storia non è un buffet dove possiamo servirci solo ciò che ci piace e ignorare il resto. È un pasto complesso, a volte indigesto, che richiede di essere consumato interamente per essere compreso.