di Enrico

“Il Fascismo non è nato per ispirare una fede di destra (che in fondo aspira a conservare tutto, anche l’ingiustizia) o di sinistra (che in fondo aspira a distruggere tutto, anche la giustizia), ma una fede collettiva, integrale e nazionale”

(José Antonio Primo de Rivera)

Così nel 1933 il fondatore della Falange Española de las JONS commentava il “compito”, se così vogliamo chiamarlo, del Fascismo. A ben vedere, oltre a definire la collocazione del Fascismo, José Antonio dà anche un altro importante elemento di riflessione: chi sono i suoi nemici.

A ben vedere non è poi molto cambiato dagli anni ’30 del Novecento, salvo forse che nel frattempo è avvenuto un fatto che ha cambiato le carte in tavola: l’appropriazione e lo stravolgimento da parte di una certa sinistra dell’idea di progresso (e la conseguente reazione della destra).

Oggi se si parla di progresso, nel discorso pubblico, viene quasi automatico associarlo alla sinistra liberale. Ma è semplicemente sbagliato.

Che cos’è infatti il progresso? Di per sé altro non è che un avanzamento e un miglioramento di un certo ambito riguardante l’umanità. Ad esempio, il progresso tecnico-scientifico è l’avanzamento della scienza e della tecnica in vista di un concreto miglioramento delle condizioni di vita dell’umanità, il progresso culturale indica l’avanzamento culturale dell’umanità e via discorrendo. Potremmo quindi dire che, a grandi linee, il termine “progresso” delinea un miglioramento, con carattere di universalità.

Ma il progresso che oggi viene comunemente associato ad una certa sinistra liberale non ha nulla a che fare con tutto ciò.

In primis perché non esprime per forza un miglioramento, trattandosi di questioni legate ad una visione soggettiva della realtà: chi ha stabilito che è giusto a priori che una coppia omosessuale possa adottare un bambino? Chi ha stabilito che è giusto a priori che sia lecito decidere di togliersi la vita tramite eutanasia? Potremmo andare avanti all’infinito e il punto sarebbe sempre lo stesso: non esiste un criterio oggettivo per proclamare urbi et orbi che i traguardi del falso progresso siano un miglioramento. Tale proclama al massimo può esistere nell’ottica degli stessi promotori del falso progresso e quindi siamo punto e a capo: questi “traguardi” non esprimono necessariamente un miglioramento dell’umanità.

In secundis perché, per motivi simili a quelli sopra elencati, questo falso progresso non ha carattere di universalità nel suo presunto miglioramento, dal momento che riguarda ristretti gruppi di persone: che si tratti di omosessuali, transgender o qualsiasi altra minoranza. Non riguarda un progresso, per fare un gioco di parole, generale dell’umanità.

Questa appropriazione indebita da parte della sopracitata area politica, ovvero la sinistra liberale (e non solo a dir la verità), ha avuto un’altra conseguenza: la percezione nella destra conservatrice del termine “progresso” come se fosse una bestemmia. Da lì poi deliri tecno-fobici (per inciso, scritti rigorosamente in roboanti post su modernissimi smartphone) che cercano di “spiegare” come la tecnica sia “l’origine di ogni male”, pipponi reazionari che trasformano elementi ed intuizioni filosofico-culturali di per sé molto interessanti in conservatorismo sterile da operetta e, come faceva notare quasi cent’anni fa Josè Antonio, pur di scagliarsi contro un “progresso” che è tale solo di nome, si ritrovano ad essere aprioristicamente contro qualsiasi forma di reale miglioramento sociale, culturale e tecnico-scientifico. Appunto, la destra aspira a conservare tutto, anche l’ingiustizia.

Abbiamo quindi una sinistra che indebitamente si appropria del termine progresso, trasfigurandone il significato. E dall’altro lato abbiamo una destra che non contesta, ma anzi accetta in pieno questa appropriazione, scagliandosi a priori contro il progresso credendo così di scagliarsi solo contro quello portato avanti dalla sinistra sul piano dei diritti individuali.

Insomma, il solito teatrino tutto democratico che non porta ad altro se non alla disgregazione di una comunità nazionale in tifo da stadio e fazioni che, alla prova dei fatti, non hanno senso di esistere.Noi invece, con le lodi di Marinetti ai prodigi del progresso (l’automobile, gli areoplani, le locomotive) come nostra ispirazione, puntiamo ora a riappropriarci davvero di questo termine in nome di un futuro ancora da conquistare.