di Ettore Rivabella

Luigi Fontanelli è certamente una figura particolarmente interessante, nel complesso panorama politico sindacale del secolo scorso. Sindacalista rossoniano sin dagli inizi ferraresi del movimento sindacale fascista, con la nomina di Tullio Cianetti a Presidente della Confederazione Fascista Lavoratori dell’Industria, entrò a far parte della Giunta Esecutiva della Confederazione con la delega a sostituire il Presidente. (1) Fontanelli appartiene infatti a una generazione giovane, alla generazione fascista giovane per eccellenza: quella dei ragazzi che non fecero in tempo a fare la guerra mondiale, ma fecero in tempo (qualche volta forzando i limiti del calendario) a fare la Rivoluzione delle squadre e dei sindacati. (2) Luigi Fontanelli fu quindi Direttore del quotidiano “Lavoro Fascista” su cui decise di far campeggiare in prima pagina il seguente sottotitolo “La Rivoluzione non è finita, ma dal punto di vista del costume, del carattere e delle distanze sociali è appena incominciata “. Insieme a Vittorio Zincone e Ernesto Daquanno fondò e divenne Direttore del mensile “Carattere Rivista del Lavoro italiano” . Collaboratore di entrambe le pubblicazioni, nel periodo dal 1941 al 1943, fu Julius Evola, i cui articoli, appaiono essenzialmente intesi a contribuire alla formazione di “Uomini Nuovi” nell’ambito di un rinnovamento che doveva essere innanzitutto spirituale. Luigi Fontanelli, nella direzione del giornale dei lavoratori, “è stato per molti anni uno dei più apprezzati e responsabili esponenti della nostra organizzazione sindacale. Egli è dunque un sindacalista militante”. (3)

Il sindacalismo militante

Luigi Fontanelli, in una delle sue raccolte di articoli, scrive con grande lucidità: “Tutto il metodo del Fascismo è tipicamente unitario: ma per quel che riguarda il Sindacato, questo metodo ha subito una strana deformazione. Si unificano le diverse funzioni del sindacato di categoria in istituti di carattere para statale, separandole più o meno bruscamente, più o meno completamente dall’istituto originario. Ora noi crediamo che la unità delle funzioni debba verificarsi nel Sindacato. Cioè in quell’istituto che è la chiave di volta del sistema corporativo. O il Sindacato ha tutte le funzioni e può considerarsi… la cellula viva e sensibile del nuovo ordine corporativo che si vuol realizzare o viene ad essere ridotto all’Ufficio Contratti e vertenze. È giusto dire che il Sindacato deve sfociare nella Corporazione, ma il Sindacato comincia fin dagli inizi ad essere corporativo, attraverso quelle funzioni tipicamente politiche e formative, quelle funzioni sociali che danno al sindacato una personalità e una responsabilità. Bisogna far sì che il Sindacato possa aderire a tutta la vita dell’operaio e non abbandonarlo mai, farlo restare nel clima della collaborazione avviandolo così, attraverso la Corporazione, allo Stato.  Il settore sindacale è stato il settore più squisitamente rivoluzionario del Fascismo, perché è qui che i giovani passati dall’azione dello squadrismo all’azione sindacale, hanno trovato i caratteri dell’Universalità dei Fasci di combattimento.

Per noi il sindacato sta alla rivoluzione come la squadra d’azione all’insurrezione (4)

Una frase che esprime proprio quello spirito e anche l’evoluzione del sindacalismo rivoluzionario nel sindacalismo fascista. Sempre in “Logica della Corporazione” risulta interessante evidenziare la posizione del Fontanelli relativamente alle tesi di Ugo Spirito espresse nel Secondo Convegno di Studi Sindacali e Corporativi svoltosi a Ferrara nel maggio del 1932. Nell’occasione lo Spirito affermava “la soluzione logica appare quella della corporazione proprietaria e dei corporati azionisti della corporazione. È una soluzione che, almeno sulla carta, risolve le antinomie sopra accennate, unisce il capitale e il lavoro, elimina il sistema dualistico, fonde l’azienda con la corporazione e infine consente un’effettiva immedesimazione della vita economica individuale con quella statale. Se, infatti, immaginiamo la trasformazione di una grande società anonima in una corporazione, ci avvediamo subito del radicale mutamento di tutti i rapporti economici e della possibilità di giungere a un sistema veramente armonico. Il capitale passa dagli azionisti ai lavoratori, i quali diventano proprietari della corporazione per la parte loro spettante in conformità dei particolari gradi gerarchici: il che importa che i corporati non si sentano stretti, come nel sindacato, da una necessità di difesa che è ai margini della vita economica e trascende nel politicantismo, ma siano uniti dal vincolo della comproprietà, attraverso il quale la corporazione acquista concretezza di organismo e piena consapevolezza del proprio compito economico-politico. Il capitalista non è più estraneo e non ignora come si amministra la sua proprietà, ma l’amministra egli stesso coincidendo con la figura del lavoratore: e il lavoratore, d’altra parte, viene ad essere immediatamente interessato al rendimento del suo lavoro, in quanto esso si converte in aumento del reddito del suo capitale. La figura dell’imprenditore, poi, non si presenta più ai margini del capitale e del lavoro, ma passa, nella stessa identità dei termini e quindi nello stesso piano degli altri corporati, al vertice della gerarchia corporativa”. Si nota che in questa ipotetica evoluzione del Corporativismo, il Sindacato viene a perdere la sua stessa motivazione d’essere. Alla posizione dello Spirito, il Fontanelli risponde innanzitutto attaccando quanti si opposero alle sue tesi in nome della salvaguardia della proprietà, cosa che era stata invece affermata da altri elementi del mondo sindacale, ribadendo poi l’insostituibile funzione del Sindacato nella realizzazione della Rivoluzione.

Il sindacalismo corporativo

Come giustamente evidenziato da Giuseppe Parlato, il sindacalismo fascista, dopo la crisi dovuta allo “sbloccamento” (cioè alla frammentazione) della Confederazione fascista dei sindacati nel 1928, vive una nuova fase di sviluppo grazie alla sempre presente visione corridoniana del Sindacato che diventa l’elemento vitale del nuovo modello di Stato e Società. La Rivoluzione passa  da una crescita morale e culturale del Proletariato, dalla presa di coscienza e dall’assunzione di un ruolo, dalla consapevolezza di un destino comune o meglio comunitario, in contrapposizione con la mentalità  borghese, parassitaria, imbelle, corrotta e pantofolaia. Infatti, Il Fontanelli afferma “Il Sindacalismo corporativo … non è uno spicchio dell’arancio rivoluzionario, è il succo dell’arancio” e nello stesso testo, recuperando una frase di Mussolini dichiara “Il Partito deve liberarsi e liberare la Nazione dalla superstite zavorra piccolo borghese”. Questa posizione viene a trovare sponda nelle elaborazioni politico ideologiche dei giovani universitari fascisti e nel progressivo affacciarsi del “mito del lavoro”, conseguenza diretta dello sviluppo dello Stato Sociale in Italia. Nel 1939,  il Fontanelli apprezza quindi la nomina di Capoferri, Presidente della Confederazione dei Lavoratori dell’Industria, a Commissario dell’O.N.D, Opera Nazionale Dopolavoro, considerandola un importante passo verso una nuova unitarietà delle sette Confederazioni di Categoria costituitesi dopo lo “sbloccamento”, nella stessa direzione vede il ritorno di una rappresentanza sindacale in azienda con la presenza dei Fiduciari e dei Corrispondenti Sindacali e la nuova normativa sul collocamento, perché, concludendo il suo articolo sul “Lavoro Fascista” “conosciamo e abbiamo sempre presente la dottrina rivoluzionaria del Fascismo e il posto che assegna al lavoro”. “Il Lavoro prima di tutto” La posizione di Luigi Fontanelli è chiara anche di fronte all’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale. In “Sentimento della Rivoluzione” nel 1941 afferma “Da una parte, un principio morale nuovo e gli interessi del popolo, dall’altra il vuoto morale e degli interessi concentrati in poche mani. Da una parte la verità ed il lavoro; dall’altra la menzogna ed il basso gioco. Da una parte la democrazia di nome, dove il capitalismo, attraverso le sue infinite propaggini, domina lo Stato, e dall’altra la democrazia di fatto, dove il capitale non è già più capitalismo e deve in ogni caso sottostare alla volontà dello Stato”. E ancora: “L’umile lavoratore delle false democrazie capitalistiche viene sfruttato per l’ultima volta, costretto a battersi ed a morire per una causa che non è la sua, contro un combattente che inesorabilmente avanza portando sulle proprie bandiere e sulle proprie armi le idee ed i sentimenti della rivoluzione del lavoro, quella che vuole e riuscirà a dare dignità umana e benessere alle masse lavoratrici di tutti i paesi”. Luigi Fontanelli aderirà da subito alla RSI e nel novembre del 1943 redasse un documento per il Segretario del PFR Alessandro Pavolini dal titolo “Per l’unità rivoluzionaria degli italiani”, critico nei confronti del PNF e del Regime, fagocitato dalla deriva conservatrice, che ne ridusse e annichilì la spinta socializzatrice. “Fontanelli proponeva un accordo tra sindacato e partito su un piano di parità tra i due organismi” e inoltre “riteneva indispensabile che il nuovo stato repubblicano considerasse il sindacato unitario come il principale interlocutore per tutte le questioni relative al lavoro e   alla produzione economica”.

L’esperienza repubblicana

Nel 1945 durante l’ultimo periodo della RSI, Fontanelli partecipa insieme a Manunta, Galanti, Amadio, Mancuso, Balletti, Nunzi, Margara, Rossano e Grossi alla Commissione Ministeriale che si occupa della riforma della legge sindacale del 3 aprile 1926 e del miglioramento del decreto di socializzazione delle industrie. Nel dopoguerra aderì insieme a Amilcare De Ambris, vicepresidente della Confederazione Fascista dei Lavoratori delll’Industria; Arnaldo Fioretti, Commissario della Confederazione dei Lavoratori dell’Industria; Luigi Contu, sottosegretario al Ministero delle Corporazioni; Giuseppe Landi, poi primo Segretario Generale della CISNaL; Ugo Clavenzani, anche lui Commissario della Confederazione dei Lavoratori dell’Industria negli anni ’30, al Movimento Sindacalista Italiano  e quindi   aderirono  alla CGIL unitaria, al cui interno fondarono il Mo.Si. (5) Del piccolo movimento facevano parte i maggiori esponenti del sindacalismo fascista, oltre a quelli precedentemente citati, aderirono Augusto De Marsanich, rappresentante dei lavoratori del Commercio, Vincenzo Lai, presidente della Confederazione del Lavoratori dell’Agricoltura, Vito Panunzio, Adolfo Venturi, dirigente sindacale dei Lavoratori dell’industria e un gruppo di giovani sindacalisti, tra cui Edoardo Marino, Enrico Landolfi, Elio Lodolini, Rutilio Sermonti, Ezio Daquanno, Ruggero Ravenna, Camillo Benvenuto e Giulio Romano. All’inizio del 1950 si verifica la convergenza, tra i repubblicani che respingono il progetto di fusione con la LCGIL,  una minoranza di sindacalisti socialdemocratici (Bruno Corti, Giuseppe Bacci, Franco Novaretti, i sindacalisti socialisti che escono dal PSI con Giuseppe Romita, Arturo Chiari, Enzo Dalla Chiesa, Italo Viglianesi ed i sindacalisti autonomisti di Luigi Fontanelli, Ruggero Ravenna, Camillo Benevento e Aldo Florio. Raffaele Vanni è uno dei principali organizzatori del convegno costitutivo della UIL a Roma il 5 marzo 1950. Si lascia impregiudicato il problema della dirigenza. È eletto un comitato direttivo di 46 membri che, a sua volta, nomina un direttivo di nove.(6) Ma ormai questa è un’altra storia.

Note

        (1) Tullio Cianetti “Memorie dal carcere di Verona”

  • dalla Prefazione di Vincenzo Zincone a Luigi Fontanelli “Sentimento della Rivoluzione”
  • dalla Prefazione di Vincenzo Zincone a Luigi Fontanelli “Sentimento della Rivoluzione”
  • Luigi Fontanelli “Logica della Corporazione”
  • Prefazione di Massimo Greco a Francesco Grossi “Battaglie Sindacali” .
  • Giorgio Benvenuto . Lavoro Italiano 2019 “Convergenze e divergenze tra storia e cronaca.

Bibliografia

Luigi Fontanelli. Logica della Corporazione. 1934

Luigi Fontanelli. Sindacato in movimento. 1936

Luigi Fontanelli. Sentimento della Rivoluzione. 1941

Luigi Fontanelli. Il Fascismo contro lo spirito borghese. 1941

Tullio Cianetti. Memorie dal carcere di Verona. 1983

Francesco Grossi. Battaglie sindacali. 1988

Giuseppe Parlato. La Sinistra Fascista. 2000

Giuseppe Parlato. Il Sindacalismo Fascista. 1989

Giorgio Benvenuto . Convergenze e divergenze tra storia e cronaca.  Lavoro Italiano 2019

Arturo Cavallini. Giovanni Magliaro 40 anni con i lavoratori. Storia di u Sindacato scomodo.

Julius Evola. Carattere .1996.2006

Rutilio Sermonti. Valori Corporativi. 1984