Di Chiara

È oramai chiaro come dopo la Seconda guerra mondiale i vincitori siano stati in grado di oscurare e relegare ai limiti della storia tutti quei personaggi e quegli eventi che avrebbero potuto rendere giustizia ai “vinti”.

Una delle figure che ingiustamente si è aggiudicata questo trattamento è Nazareno Strampelli: sconosciuto ai più, prima e durante il Ventennio Fascista ha avuto il merito di rivoluzionare le coltivazioni del grano in Italia e in tutto il mondo. 

Nato in provincia di Macerata nel 1866, laureato in Agraria, nel 1903 accettò la proposta di una cattedra ambulante di agronomia a Rieti: era un’istituzione prevista dallo stato sin dall’Unità d’Italia, per cui un laureato in agronomia avrebbe dovuto insegnare agli agricoltori delle province le nuove tecniche per migliorare la produzione agricola. 

Rieti all’epoca era la provincia da cui proveniva la tipologia di grano “Rieti”, il più ricercato grazie alla sua resistenza a malattie come la ruggine, che compromettevano le piantagioni. 

Nei suoi innumerevoli studi, individuò però nell’altezza dello stesso le maggiori problematiche: se sottoposto ad intemperie tendeva a piegarsi, risultando più esposto ai parassiti e mettendo in difficoltà i contadini nel raccoglierlo; inoltre, aveva bisogno di più risorse per crescere. 

Da qui l’intuizione. 

Incrociando il grano “Rieti”, un grado olandese con una maturazione più celere e uno giapponese più basso, ottenne nel 1913 la prima semente eletta, detta Ardito

Raggiunse l’eccellenza con il grano “Senatore Cappelli”, caratterizzato dalla maggiore adattabilità ai diversi terreni, dedicato al senatore Raffaele Cappelli, che mise a disposizione diversi suoi terreni per incentivare le sperimentazioni.

La vera rivoluzione è da individuare nelle tecniche utilizzate: mentre precedentemente si tendeva a selezionare le specie migliori da culture già esistenti, con l’ibridazione iniziò a incrociare genomi di piante diversi con il solo fine di unire le migliori caratteristiche di tutti i grani presi in esame. 

Migliorando la resa e diminuendo i rischi per gli agricoltori, i grani Strampelli si diffusero velocemente, attirando l’attenzione di numerosi proprietari terrieri che misero a disposizione maggiori risorse per incentivarne il lavoro. 

Nonostante il suo intento nobile, fu accusato di voler mettere in crisi la produzione del grano “Rieti”; inoltre, la mancanza di riforme agricole da parte dei governi liberali non aiutò la diffusione di queste nuove scoperte.  

La svolta ci fu quando Mussolini si accorse del suo immenso potenziale: uno dei problemi che ha sempre afflitto l’Italia è la carenza di grano a fronte delle molteplici bocche da sfamare. Infatti, individuò nella Battaglia del grano la soluzione, rivelandosi poi una delle politiche meglio riuscite del ventennio con effetti anche sulla produzione odierna. L’obiettivo era duplicare la produzione nazionale evitando le importazioni, anche in ottica della politica autarchica che il regime mirava ad attuare.

Ebbe l’intuizione di rivolgersi a Strampelli, affidandogli il comando del Comitato permanente del grano, e arrivando a selezionare delle sementi elette utili per raggiungere lo scopo prefissato. 

Tra il 1922 e il 1933 la produzione di grano in Italia passò da 44 milioni a 88 milioni di quintali, mentre la superficie destinata alle colture rimase costante; quindi, la vittoria principale ottenuta con questa riforma agraria non è l’aumento della produzione, ma soprattutto la scoperta di nuove sementi che potessero migliorare le condizioni di vita degli italiani, anche a diversi anni di distanza dalla Battaglia del grano, 

Questi suoi meriti, essendo anche iscritto al PNF, gli valsero nel 1929 la nomina a senatore del Regno d’Italia, nonostante non si sia mai intromesso nelle politiche del regime.

All’alba della Seconda guerra mondiale quasi il 90% della superficie frumentaria italiana era coltivata a sementi Strampelli

Non mancarono richieste di aiuto anche dai governi sudamericani e da quello cinese, che ancora oggi si avvalgtono delle scoperte di Strampelli. 

La diffusione delle nuove sementi protesse l’Italia delle carestie che flagellarono altri Paesi europei durante gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra. Ciò suscitò l’interesse degli Alleati, che cercarono di acquisire i risultati delle ricerche. 

La sua morte, nel 1942, fu molto sentita, soprattutto in vista del miglioramento delle condizioni di lavoro dei braccianti, che non mancarono di riconoscenza. 

Il suo lavoro è alla base di tutti i grani moderni, che ne beneficiano in resistenza e qualità del prodotto. La sua opera non era volta all’ottenimento di premi e riconoscimenti, ma, come da lui affermato, era animata dalla volontà di fare qualcosa per la propria Patria; infatti, non brevettò mai alcuna delle sue sementi per fare in modo che potessero essere sfruttate da chiunque le ritenesse utili. 

A causa del legame con il Fascismo e con Mussolini stesso, la sua figura è stata vittima di damnatio memoriae: i suoi oppositori, intuendone l’importanza, hanno tentato negli anni di dimostrare la sua non adesione al Fascismo, ma con scarsissimi risultati. 

Il suo contributo alla causa fascista è innegabile e a distanza di quasi cento anni dovremmo rivalutare ed elevare la sua figura, riconoscendogli l’importanza che merita sia a livello italiano, che a livello internazionale.