Di Alessandro

In questa decadente Europa, schiacciata dall’imperante globalismo e dal colonialismo Statunitense, non v’è campo e non v’è arte che rimanga incolume. La poesia, la quale è la lingua, per tradizione, degli spiriti liberi, è sottoposta alle angherie di poetucci di ogni sorta. Da coloro che tentano, invano, di distrarre i popoli dal nemico con versi scarni, privi di etica ed estetica, atti solo al sensazionalismo nichilista; a coloro che apertamente tentano di affossare le radici Europee e la legge naturale che regola l’uomo tramite la rappresentazione di situazioni limite, tentando di normalizzarle.

La poesia è altro, essa è azione, è pensiero ed è spirito. È dei guerrieri, degli animi impavidi. La poesia ha, nei secoli, cantato le gesta eroiche degli eroi nazionali e delle opere gloriose di ogni secolo: da Alessandro Magno a Giulio Cesare, dalle Crociate al Risorgimento, da Giovanna d’Arco a Carlo Magno, da Napoleone ai Martiri del Carso.

La poesia, la quale è la colonna traiana nel foro della Gloria, si vede attaccata da ogni fronte, come Roma dai Barbari nel secolo Vº. C’è, oggi, chi non vuole che si innalzino bandiere, che non sia fieri della propria identità. 

Come una fenice, rinasce tuttavia lo spirito dei guerrieri di tutta Europa, pronti a riconquistare l’arte che è Nostra da sempre: Futuristi e Romantici incrociano i gladii nella lotta culturale contro questo Cerbero Globalista, difensore dell’Ade moderno.

Il Futurismo moderno, non modernista, fiero nella lotta, nella velocità e pronto alla Guerra, dimostra il suo forte ruolo con frasi brevi e precise.

Il Nuovo Romanticismo, il quale non lascia l’estetica in mano nemica, canta delle gesta di Eroi, della rinascita degli Imperi e dei simboli Nikèi.

Professiamo un Romanticismo italiano, rinato, figlio tanto di Foscolo, quanto dello Sturm und Drang. La lotta, antica ma non morta, dell’uomo contro la società e dell’uomo contro se stesso, rinasce nei nostri cuori. 

Così siamo pronti, intellettuali Nazionalisti, a schierarci contro gli inganni del relativismo culturale, della nuova sinistra e del “miracolo global”.

In un’Europa dove si muore di lavoro e di idee, noi siamo pronti a morire per ciò che di sublime esiste.