Di Luca

Di recente, sfogliando gli articoli su internet, mi è apparsa una notizia che parlava del ritorno della “sugar tax”, una legge che prevederebbe un’imposta che incrementi del 14% la fiscalità su litro di prodotto per le bevande zuccherate alle aziende produttrici e, conseguentemente, ai cittadini. In poche parole ne risentiremo anche noi che ci vogliamo godere un meritato coca e rum in una calda giornata estiva. Poca roba, certo, ma qualche centesimo qua e qualche centesimo là ed ecco che si svuota sempre più in fretta il portafogli.

Le motivazioni? Potevano avere più fantasia o quantomeno essere sinceri, ma la scusa che hanno inventato ha del ridicolo.

Secondo il governo questa legge dovrebbe disincentivare il consumo di bevande zuccherate in Italia. Un’idea rivoluzionaria, che miracolosamente salverà il nostro popolo dai mostri dell’obesità e del diabete…ma per favore! A chi volete raccontarla?

Sono problemi che affliggono in minima parte la salute pubblica nazionale. I dati non lasciano spazio ad interpretazioni:

L’Italia si piazza al 23° posto in europa per consumo di bevande gassate con un consumo di 40 litri procapite, contro una media europea di 67, per giunta con una tendenza decrescente. L’obesità affligge l’11% della popolazione italiana contro picchi del 40% che si raggiungono negli USA (senza approfondire su quanto siano obesi). Il diabete mellito di tipo 2 (quello associato all’obesità ed al consumo eccessivo di zuccheri) in Italia colpisce il 6% della popolazione contro una media Statunitense di oltre il 10% (e non sono nemmeno i peggiori). Certo una nazione sana dovrebbe cercare di portare questi numeri a rasentare lo zero, ma sarà mai questa la soluzione? Non penso proprio.

Una moda che non passa mai quella di inventarsi leggi per risolvere problemi che affliggono popoli dall’altra parte del mondo ed a noi sfiorano a malapena. Un bel modo per incassare e rimanere con la faccia pulita.

Stessa storia dell’ambientalismo e del piagnisteo green e la analoga trovata della plastic tax.

Mentre io mi rompo i coglioni a bere l’Estathé con la cannuccia di carta in India c’è Rohan che serenamente fionda la vecchia batteria della sua automobile nel fiume Gange.

Allo stesso modo perché devo pagare qualche centesimo in più il mio Vodka menta e Red Bull (quello che il barista del mio paese definisce un insulto alla provvidenza, e che io chiamo semplicemente Verdone) perché in un altro continente hanno amputato un piede per il diabete ad un ciccione di nome Bill. Non ha alcun senso perché tale problematica si presenta in maniera totalmente differente nel panorama europeo. Le cause di questi disagi clinici, ad esempio negli USA come anche nel Sudamerica, sono da attribuire principalmente ad aspetti culturali e politici, non di certo alla presenza in sé delle bibite gassate.

La legge a tal proposito avrebbe un impatto pressoché nullo nella diminuzione del consumo di bevande gassate ma potrebbe avere una ricaduta pesante sui molti lavoratori italiani, in particolare sul settore di nicchia della produzione di bevande analcoliche.

Proprio così, purtroppo a pagare non saranno i grandi colossi delle bevande come il gruppo Coca Cola. Otre a provocare un aumento dei prezzi finali al consumatore, la legge colpirà le imprese del comparto, fatto per il 64% da piccole e medie imprese, che producono eccellenze del Made in Italy come aranciate, chinotti, cedrate, aperitivi analcolici”.

Secondo Assobibe, l’associazione che rappresenta i produttori di bevande analcoliche in Italia, l’introduzione della tassa provocherà una contrazione delle vendite pari al 16%, un taglio degli investimenti per 46 milioni di euro e degli acquisti di materia prima (400 milioni), oltre ai rischi occupazionali conseguenti (5 mila posti di lavoro in meno). Penso sia più che sufficiente come ragione per spedire questa stupida trovata nel dimenticatoio.