Di Jennifer

In greco viene chiamata “To mesòn” ed indica la cosiddetta etica della via di mezzo, dell’equilibrio perseguito dai più. Questo modus operandi tipico della borghesia è oggetto di discussione della “dissertazione del lupo della steppa”, sezione del famoso romanzo di Herman Hesse.

Il lupo della steppa è la rappresentazione dell’uomo che si isola, che sdegna la razza umana, che non vuole socializzare con nessuno. A lottare con questo “lupo” è il lato umano: un uomo a tutti gli effetti, con le sue insicurezze e le sue paure; un uomo che ha bisogno di altre persone, di socializzare, un uomo che sbaglia, riflette, e si trova costantemente in conflitto con sé stesso e con gli altri. È Harry Haller il protagonista, alter ego di Hesse, un uomo sofferente che arriva a pianificare il suo suicidio il giorno del suo cinquantesimo compleanno a causa del continuo cozzare delle sue due nature. Un aspetto fondamentale di Harry è il suo bisogno di indipendenza che lo porta come necessaria conseguenza a un rifiuto della borghesia.

La borghesia è un mostro silente e immobile che anima coloro che non hanno nessun tipo di ambizione sociale, è un tentativo reticente di equilibrio forzato tra il troppo e il troppo poco. L’ideale dalla marionetta imborghesita non è la dedizione bensì la conservazione dell’io, di quel “particulare” che rappresenta un patrimonio irrinunciabile e indiscutibile. Vivere intensamente non è contemplato, la vita da automa è l’unica via sicura per non essere soggetti a sconvolgimenti.

Certo è che, accanto a questa mancanza di slancio vitale, s’innesta la facilità nell’essere governarti: schiere di macchine inanimate il cui solo movimento intellettuale è ubbidire. Insomma, se si volesse umanizzare la metafora, un mondo fatto di Don Abbondio sotto il retaggio di qualche Don Rodrigo.

“Il lupo della steppa” esce nel 1927 ed è incredibile come la lezione antiborghese sia oggi più che mai veritiera. Siamo nel 2020 e nasciamo già per essere conformati a quanto viene ritenuto giusto dalla società, a scuola veniamo confusi con finte esortazioni al libero esercizio di pensiero critico, ma quando qualcuno tra i più coraggiosi prova a pensare fuori dagli schemi viene risintonizzato sull’onda dei professori che da anni conducono la stessa trasmissione, fatta di manfrine ripetute e riadattate che implicitamente suggeriscono di non spingersi oltre i limiti di ciò che viene ritenuto socialmente accettabile. Ed è così che ci troviamo sempre a parlare di un mondo “petaloso” dove non esiste identità, anzi dove tutto ciò che è riconducibile ad essa non trova spazio nella neolingua orwelliana che vorrebbero che tutti noi parlassimo. Una lingua spogliata di tutto ciò che è pericoloso per questo sistema marcio improntato sul terrorismo psicologico. Abbiamo consegnato la nostra esistenza ai social che non ci permettono di dire la nostra, ci censurano perché non cerchiamo di apparire ma trasmettiamo l’essenza di ciò che ci bolle dentro, ci costringono a un’esistenza vissuta sul divano a scrollare le varie home.

A tutto ciò, in parte come fatto da Harry Haller, possiamo opporre la nostra necessità di indipendenza e perseguirla rifiutando di essere plasmati, vivendo nella ricerca dell’Assoluto ed essendo devoti all’Idea. Possiamo opporci alla bruttezza di queste marionette che trovano la loro massima espressione in Ralph Winchester, incarnando gli insegnamenti di chi la borghesia ha provato a distruggerla; ne è un esempio Dominique Venner che a 15 anni, nel 1950, annoiato dalla Parigi borghese, decide di arruolarsi nella Legione Straniera per cercare l’avventura. Possiamo prendere atto come Harry che l’uomo non è una forma fissa e permanente ma un tentativo, una transizione, un ponte stretto e pericoloso tra la natura e lo spirito, quindi non ha nulla a che fare con l’immobilismo e che, se rispettasse la sua natura, non si farebbe imprigionare nella gabbia della borghesia. Una volta fatta nostra questa visione a livello teorico, dobbiamo riuscire ad applicarla alla vita reale dedicandoci alla cura di noi stessi, all’informazione e al perseguimento dei nostri sogni perché si spera che nessuno ci dica che cosa dobbiamo fare della nostra vita, altrimenti saremmo già arrivati al baratro.