Fare ciò che si vuole.

Può sembrare una cosa facile e scontata in un’epoca come la nostra: la pubblicità, il consumismo, i social; tutta la struttura che ci ruota intorno tende a ripeterci e ad inculcarci lo stesso mantra. Quale? Che questo è il migliore dei mondi possibili: il più bello, il più buono, il più felice. Un mondo dove non c’è limite alle possibilità, dove ognuno può fare quel che gli pare, dove puoi essere qualsiasi cosa tu voglia. Bello vero?

La balena

Peccato che questo mondo è un prodotto confezionato ad uso e consumo di tutti. Ciò che ci viene venduto è un’idea contraffatta di felicità e libertà. Ciò che crediamo voglia dire volontà è in realtà soggezione e condizionamento. Noi non facciamo ciò che vogliamo, piuttosto ripetiamo in automatico delle funzioni che ci sono state disegnate addosso per le nostre esigenze di comodità, tranquillità, egoismo e sicurezza. Guardatevi intorno: viviamo in quello che è stato giustamente definito “Grande Ospizio”. Ma quello a cui ci riferiamo non è semplicemente l’aumento degli anziani – specialmente in Italia – rispetto ai nuovi nati; ci riferiamo ad un potere morbido e colluso con i nostri peggiori vizi e paure; con il nostro ventre molle e flaccido che aspira alla conservazione perché l’uomo non è solo energia, ma anche pigrizia. George Orwell cercando di prevedere il futuro aveva visto “uno stivale che calpesta un volto per sempre”: mai previsione è risultata più errata. Quello che ci troviamo di fronte oggi non sono stivali e manganelli – quelli vengono riservati solo ai più “irrequieti” – ma piuttosto un diffuso e lassista “buon senso” che nutre quella parte pigra e vecchia che è connaturata a tutti gli uomini e che cresce a dismisura per arrivare a segnare un cambio antropologico mentale e fisico. Siamo tutti la balena “Charlie”, il personaggio obeso e solitario del fortunato – guarda caso – film di Darren Aronofsky “The Whale”, appunto.

Corpo e mente

Proprio il corpo e la mente sono la cartina tornasole di questo status, soprattutto nei più giovani: in Italia e in Europa sono aumentati vertiginosamente gli effetti dei disturbi alimentari – obesità e anoressia – ma soprattutto l’abuso di psicofarmaci e i suicidi, effetto di una profonda ed intima depressione che serpeggia sotto la maschera del “benessere”. E guarda caso è sempre il corpo a subire un’oggettivizzazione sempre più forzata, tanto da renderlo qualcosa di estraneo ai propri pensieri, qualcosa di cui disporre senza limiti, che all’occorrenza si può modificare o di cui ci si può liberare definitivamente. Insomma, il mondo non è un Grande Fratello che ci spia e ci tiene sotto le catene ma piuttosto una Grande Mamma che ci vizia, ci coccola e ci tiene stretti al grembo senza farci uscire mai di casa. Tutto è liscio e levigato, non ci sono spigoli, le forbici hanno la punta arrotondata… La differenza è fondamentale. Questa vera e propria “selezione antropologica al ribasso” non risparmia nessuno ed è frutto di un progetto ben preciso: è un’eugenetica finanziaria neanche troppo sofisticata che già Friedrich Nietzsche aveva definito “imbestiamento in gregge” denunciando i pericoli del liberalismo. È l’archetipo marxista della classe – che relega l’uomo e il suo divenire storico ad una funzione – coniugato con l’imperativo del capitalismo finanziario di “vendere”. È più facile vendere a tutti lo stesso prodotto, ma soprattutto “è più facile dominare chi non crede in niente”.

Fare ciò che si vuole

Fare ciò che si vuole, quindi. Cosa vorrebbe dire? Smettere di replicare una funzione, di essere nozionisti e computer ambulanti che girano sempre la stessa minestra. Mettersi in discussione: scegliere la via incerta e pericolosa piuttosto che quella facile e levigata. Il mondo non si divide in buoni e cattivi, nemmeno in automi e “uomini differenziati”: l’automa è in ciascuno di noi come è in noi la possibilità di essere totalmente altro. È una possibilità che si presenta ad ogni secondo. Fare ciò che si vuole vuol dire saper riconoscere ciò che sono le necessità essenziali e quali quelle “calate” dall’alto, non cattive a priori o intese come “male assoluto” ma piuttosto non essenziali, ma vuol dire soprattutto vedere quel meccanismo per il quale in realtà nessuna “imposizione” potrebbe essere tale senza un cuore predisposto ad accoglierlo. È quella nostra parte di cui dicevamo sopra e che viene scientificamente alimentata a discapito di ogni altro “aspetto” dell’uomo: sta a noi alimentare l’altro volto, evocare la fiamma facendola sprigionare dalla cenere – per usare l’immagine descritta da Georges Sorel. È quel “fuoco metafisico che riposa nascosto sotto la cenere che tanto più minaccia di estinguersi quanto più lo spirito ha ciecamente ricevuto una dose maggiore di dottrine bell’e fatte”. Dobbiamo dare forza, nel corpo e nella mente, al nostro alter-ego eroico: al cavaliere indomito e senza paura che vive nelle praterie della nostra immaginazione o che attraversa il bosco della nostra mente. Questo non vuol dire fantasticare, tutt’altro: abbiamo bisogno di rafforzare quell’immagine perché la sfida implacabile del nulla non fa sconti a nessuno, soprattutto a chi ha fatto una scelta di lotta nazional-rivoluzionaria. Fa’ ciò che vuoi è l’atto di smuovere le ceneri per liberare la scintilla. Significa chiamare all’azione la gioventù indicando la via della volontà e della lotta, della leggerezza che sa mettere le ali ai piedi. Fa’ ciò che vuoi significa fare una ricerca interiore per ritrovare il proprio spirito creativo, inventivo, curioso, non accettare la banalità boomeristica e digitale che ci circonda ma approfondire, scavare, far riemergere dalla carne la nostra memoria senza parole. Fa’ ciò che vuoi non vuol dire “fai quello che ti pare”. No, troppo facile. Vuol dire fa’ ciò che veramente vuoi, ciò che è nelle possibilità della tua natura, ciò che riesci ad immaginare e pensare. Significa essere creatori di valori nuovi, non consumatori di vecchie regole. Significa scoprire ciò che veramente si vuole nell’unico modo possibile: seguendo il richiamo dei desideri, anche quelli più folli. È un invito alla lotta non all’arrendevolezza. È il richiamo per tutti i colpevoli, immaturi, figli dell’istinto. Perché quando una compagnia di ragazzi si ritrova insieme, con un’idea ben chiara di ciò che vogliono dal mondo, allora uniscono le singole volontà per comporne una inarrestabile e alla fine se lo prendono. Perché così funziona: niente è dovuto, tutto è da conquistare.

Tutti volontari

La nostra volontà è al servizio di un progetto radicale, rivoluzionario, inaudito: vogliamo essere il ponte per una gioventù nuova diretta verso una terra ancora da esplorare. Vogliamo costruire oggi e subito il popolo che dovrà vivere in un’Italia rigenerata di fronte al suo destino storico: per non morire occidentali, dobbiamo rinascere europei. Ci mettiamo di mezzo ai piani di chi vuole sminuirci, rinchiuderci, addomesticarci. Vogliamo rovesciare il mondo della paura, dell’ingiustizia e dell’ignoranza. Scegliamo ancora una volta la scuola come campo dove misurare le nostre energie, perché lì dove si corrono i massimi pericoli per intere generazioni, lì dove l’arrendevolezza della politica sta distruggendo i cuori e le anime degli studenti, lì nascerà – ancora una volta – una nuova storia da scrivere. Se “Fa’ ciò che vuoi” deve avere un senso, allora vuol dire fare la differenza.


“Non si torna indietro. C’è solo l’avanti, là dove altri non sono arrivati o dove sono caduti. C’è soltanto lo spirito e il destino, la religione senza dèi, oppure i nuovi dèi: forma e disciplina”. – Gottfried Benn