Di Saturno 

Le continue tensioni fra stati arabi e Israele, nel 1967 portarono all’ennesimo conflitto armato fra le due parti. Tale conflitto è passato alla storia col nome di “guerra dei sei giorni” in quanto Israele riuscì, in soli sei giorni, ad attaccare e sconfiggere contemporaneamente 4 stati arabi (Egitto, Giordania, Siria ed Iraq). I cambiamenti geopolitici a cui portò l’esito di questa guerra furono due: l’occupazione Israeliana della striscia di Gaza (prima sotto sovranità egiziana) e della Cisgiordania (prima sotto sovranità Giordana). 

Questa grave sconfitta militare per gli arabi fu, paradossalmente, una liberazione per la lotta armata palestinese

Essa fece perdere l’influenza che egiziani e giordani avevano verso il movimento di liberazione (Al-Fatah), il quale poteva finalmente dire di parlare solo a nome dei palestinesi (stavolta tutti sotto occupazione israeliana). 

Il presidente egiziano Nasser e gli altri leader del mondo arabo fino ad allora imposero un regime di stretto controllo sulle organizzazioni palestinesi volte alla liberazione da Israele. Ma dopo la dura sconfitta della guerra dei sei giorni Nasser non ebbe più l’autorità di imporsi su Al-Fatah ma cercò di utilizzare quella poca influenza nel mondo arabo che gli rimase per convincere gli altri stati arabi a tollerare le azioni di Al-Fatah sui propri territori. 

Dopo la guerra dei sei giorni, i palestinesi instaurarono il centro operativo di maggiore importanza in Giordania, più nello specifico nel villaggio di Al-Karama; il re di Giordania (Hussein) li lasciò fare (perché con l’esercito indebolito dalla sconfitta non avrebbe avuto le forze per cacciarli, e probabilmente neanche la motivazione per farlo). 

Israele conosceva la posizione di questo centro operativo e ne controllava le attività nell’attesa di attaccarlo, cosa che accadde nel marzo 1968. Prima del raid israeliano ad Al-Karama le autorità giordane avvertirono i palestinesi, i quali in netta inferiorità numerica e di equipaggiamento, con il solo supporto dell’artiglieria sopra la Valle del Giordano promesso come aiuto dai giordani, decisero di dare battaglia anziché ritirarsi. Il 21 marzo una forza di 15’000 soldati delle truppe corazzate israeliane attraversarono il fiume Giordano (che segnava il nuovo confine fra Giordania e Israele) ed attaccarono il villaggio. 

Questa è la testimonianza di Mahmoud Issa, un profugo di San Giovanni d’Acri (città araba annessa nel 1948 da Israele) che era presente: <<Ci venne dato l’ordine di non intervenire durante la prima fase della operazione. Abu Amar (nome di guerra di Yasser Arafat, figura di spicco della resistenza palestinese) venne personalmente a spiegarmi che potevamo sopravvivere alla situazione disperata per mezzo dell’astuzia. Non ebbe difficoltà a convincerci. Ci era materialmente impossibile difendere Al-Karama. La nostra sola possibilità era preparare un’imboscata agli israeliani e scegliere il momento migliore per agire>>. I guerriglieri arabi nella base erano circa 330. Issa e i suoi compagni d’armi uscirono dal campo e attesero il tramonto. <<Così passò la giornata>> scrisse poi Issa sulle sue memorie, <<era rimasto poco di Al-Karama: solo macerie. Molte donne e bambini furono fatti prigionieri. C’erano stati anche molti morti>>. Gli israeliani, sotto il fuoco dell’artiglieria giordana, completarono la missione e iniziarono a ritirarsi. Era il momento che Issa e i suoi commilitoni stavano aspettato. <<Nel momento in cui i carri armati oltrepassarono le nostre posizioni venne dato il segnale dell’attacco. Fu un grande sollievo per me e per i miei compagni. Era come se avessimo represso l’assalto troppo a lungo. Ci buttammo e avremmo voluto correre ancora più veloci. Potevamo immaginare la sorpresa degli israeliani che vedevano venire all’attacco guerriglieri che credevano sepolti sotto le macerie. Si spensero le luci. I ponti sul Giordano erano stati fatti saltare. I carri armati si bloccarono e con la copertura dell’artiglieria giordana iniziò una nuova battaglia>>

I palestinesi resero inutilizzabili molti carri armati grazie all’uso dei lanciarazzi ed inflissero molte perdite con armi leggere prima che gli israeliani riuscissero a ritirarsi oltre il Giordano. Le perdite furono significative da ambo le parti, 177 morti arabi, 28 israeliani (69 – 161 i feriti) e 27 carri armati danneggiati (ed altri veicoli). Quella che fu una battaglia di sopravvivenza per i palestinesi viene considerata una grande vittoria nel mondo arabo, vittoria che divenne anche un simbolo visto che per la prima volta, dal 1948, un gruppo armato arabo aveva attaccato e sconfitto gli israeliani dimostrando che non sono invincibili. Successivamente gli arabi si impossessarono degli armamenti che gli israeliani abbandonarono nella fretta della ritirata. 

La battaglia di Al-Karama ebbe un risalto mediatico talmente grande e positivo nel mondo arabo che gli uffici di Al-Fatah vennero travolti da volontari che volevano arruolarsi, qualcosa come 5000 nelle 48 ore successive alla battaglia. Con questi numeri Al-Fatah poté aumentare le proprie attività: da 55 operazioni contro Israele nel 1968 a 199 nel 1969, fino alle 279 nel 1970.