di Sembe

Giugno 2021, i talebani hanno vinto.

A distanza di ben vent’anni dal fatidico attacco alle torri gemelle, le forze militari Nato stanno completando il ritiro dal paese centroasiatico.

Gli ex sceriffi del mondo chiudono una partita, al netto della propaganda, decisamente persa: più di tremila soldati uccisi, un numero incalcolabile di feriti, duemila miliardi di dollari spesi e la perdita di un ottimo avamposto geopolitico al centro del “grande continente”.

Al momento gli Stati Uniti hanno ritirato poco più del 50% delle truppe dichiarando che il completamento dell’opera avverrà prima della data stabilita, l’11 settembre 2021.

Se il padrone se ne va, poi i sudditi lo seguono a ruota, difatti pure l’Italia sta completando il rimpatrio. È di pochi giorni fa la cerimonia dell’ammaina bandiera alla base di Herat, presieduta dal ministro della difesa del partito democratico Lorenzo Guerini. Allo Stato italiano questa guerra è costata 54 soldati caduti e 8,4 miliardi di euro.

Le istituzioni Statunitensi hanno infine affermato che non andranno via ignorando gli eventi degli ultimi vent’anni: Biden ha assicurato sostegno finanziario al governo in carica, un pacchetto di assistenza umanitaria che si tradurrà in un gettito di 266 milioni di dollari in liquidità e 3,3 miliardi di dollari in aiuti. Verrà inoltre fornito anche un carico di vaccini per contrastare la pandemia di Covid-19.

C’è da notare poi come la Turchia si sia proposta di far rimanere le sue truppe in Afghanistan dopo il ritiro della Nato, a condizione di trarne i giusti vantaggi ovviamente, per sostenere il governo afghano la cui durata si pensa sarà ancora breve. È cosa nota infatti che al ritiro delle truppe occidentali stia corrispondendo anche una riconquista di posizione da parte delle milizie talebane, il tutto nell’indifferenza, quando non vera e propria complicità, dello stesso esercito afghano.

Resta il fatto che l’Afghanistan si riconferma la tomba degli imperi. Gli AK-47 dei combattenti islamici che avevano dato il colpo di grazia al vecchio orso sovietico aprendo al mondo unipolare americano, oggi hanno fatto lo stesso con la piovra a stelle e strisce, in una certa ottica, si può intendere come il futuro sia prossimo al dragone cinese.

A livello geopolitico, quello che era una volta il terzo mondo, acquista sempre maggior forza e importanza, mentre il vecchio continente, troppo intento nell’autoflagellarsi continuamente nei buonisti sensi di colpa, continua a rimanere una pedina da usare per le fallimentari guerre e mire d’oltreoceano. Questi ultimi vent’anni di guerra, migliaia di morti e i miliardi spesi in Afghanistan non sono altro che l’ennesima conferma di ciò.

C’è da chiedersi fin quanto saremo disposti a rimanere ai margini invece che prenderci lo spazio nella storia che ci spetta di diritto.