Di Clara

Pensavate di averle viste e sentite tutte? A dire il vero anch’io. Non bastava il ritorno della moda dei pantaloni a zampa, i sandali con i calzini, le Crocs o le spalline anni Ottanta imbottite.

Cosa può esserci di peggio? Difficile immaginarlo fin quando una (in questo caso si potrebbe quasi concedere volentieri l’utilizzo di “un*”) “influencer” inglese 32enne, di nome Joanna Kenny, ha deciso che l’ultimo ritrovato del femminismo sia valorizzare i suoi “baffetti”, che per inciso farebbero invidia perfino a Salvador Dalì. 

Non contenta di ciò, prendendo un po’ troppo alla lettera il detto “Donna barbuta sempre piaciuta”, Kenny ha deciso di spennellare una generosa passata di mascara sui suoi peletti appena sopra la bocca. È concesso chiedersi perché?

Concentriamoci però su quello che dovrebbe essere il suo obiettivo: sensibilizzare la gente all’accettazione il proprio corpo, con difetti e imperfezioni, sfidando ogni sorta di pregiudizio. Fin qui non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che la realtà sia ben diversa ed è semplicemente un cercare ciclicamente di lanciare una moda più grottesca di quella precedente e usarla giusto come un pretesto per farsi notare.

Puoi andare contro i canoni di bellezza decretati dalle modelle di Victoria’s Secret e magari anche permetterti di insultarle, ma guai a giudicare un ragazzo con lo smalto fucsia. Lo stesso ragazzo che un anno fa non sapeva neanche cosa fosse il trucco, mentre le sfilate delle celebri indossatrici di lingerie chiamate “Angeli” iniziarono nel 1977, giusto per puntualizzare.

Se questa influencer davvero cercasse l’auto-accettazione del proprio corpo, essendo anche una veemente body positive (fondamentalmente ciò che due anni fa chiamavano “curvy”), non avrebbe certo bisogno di pubblicarlo sui social o quantomeno non verrebbe sponsorizzato come fossero delle scarpe (probabilmente molto scomode per di più). 

Subito però la “Jo” (speriamo non si offenda per l’utilizzo di questo diminutivo) smentisce e puntualizza:

“Non volevo presentarmi sul mio account Instagram mettendo in evidenza i peli sul mio labbro superiore. E non lo faccio ora per renderlo affascinante o per convincervi che è attraente. Lo faccio per ricordarvi che i peli ci sono. Non mi aspetto che andiate in giro con il mascara sulle labbra (anche se sarebbe fantastico!)”. 

~ Allora amica, cosa vuoi da noi? Se non lo fai per pubblicità, se non lo fai per soldi ma solo “per te”, perché non ammiri la tua peluria allo specchio? ~

Scomodiamo brevissimamente Nietzsche citando una delle sue più celebri frasi “Tu devi diventare colui che sei”. Ciò che invece ha portato questo globalismo sfrenato in ogni circostanza della vita, compreso il nostro essere, anche quello più intimo, è proprio quello di farci perdere l’Identità nel vero senso della parola in favore dell’omologazione, la stessa omologazione che implica il dover essere per forza “diverso” rispetto ai tuoi valori, credenze e cultura di origine

Ormai gli standard di (im)perfezione sui social sono semplici da rispettare: basta semplicemente non essere sé stessi. Non che il web sia necessariamente la vita, ma anche girando per la città purtroppo è possibile notare come ci si stia sempre più omologando, mentre fino a circa venti o trent’anni fa si poteva determinare perfino la provenienza da un quartiere piuttosto che un altro. Oggi invece tutti devono essere diversi, ma diversi da cosa? Questa ossessione per la diversità ad ogni costo è stata così tanto esasperata da aver reso tutti alternativamente uguali.

Bisognerebbe cercare di essere in pace con il mondo (cosa alquanto già complicata) senza tentare di umiliarsi o ancora peggio di aggravare la propria salute solo per poter postare una foto con l’hashtag #curvy e festeggiare per 100 like raggiunti per pietà. 

“Forma bonum fragile est” (“La bellezza è un bene fragile”)

Ovidio – Ars Amatoria