Di Sergio

Non avrei mai pensato, un giorno, di dovermi fare questa domanda: che fine ha fatto il rock ‘n’ roll? Parliamo di musica, è vero, ma non vogliamo farlo come i soliti boomer che affollano le bacheche facebook con post alla “noi che negli anni 80…”. Per carità.

I nostri orizzonti musicali non finiscono con Raffaella Carrà e Rita Pavone rispolverate e riportate in auge ogni estate dalle teche Rai. C’è di peggio ovviamente… ma anche di meglio. La domanda sorge piuttosto osservando il desolante spettacolo messo in scena dal governo Draghi e l’ormai arcinoto green pass, che se da un lato ha instaurato il solito gioco delle parti firmato dal padrone, ha anche avuto il difetto (o magari il pregio, questione di punti di vista) di mettere il mondo della musica e dello spettacolo di fronte ad un insidioso bivio: che fare?

Non ci ha pensato due volte una rockstar come Eric Clapton (se ci fosse qualche ignorante alla lettura, praticamente uno dei chitarristi blues/rock più importanti della storia della musica, fondatore con Jimmy Page degli Yardbirds, gruppo precursore dei più ben noti Led Zeppelin) a dare la sua opinione, non da poco conto, sulla questione dichiarando che non suonerà a quei concerti che prevedono obbligo vaccinale e tampone… figuriamoci green pass.

Fin qui tutto bene, se non fosse che c’è stato subito il rovescio acido della medaglia da parte del rapper italiano J-Ax: “Non gli è ancora scesa la cocaine”, una chiara allusione, neanche troppo divertente, ad una famosa canzone blues riadattata da Clapton nel ’77.

Ora, partendo dal presupposto che J-Ax lo preferivamo ai tempi degli Articolo 31 quando cantava Noi no, la domanda che ci facciamo è: ma come Ax… proprio tu… il cocainomane ribelle delle cannette al parco ora si è ridotto a fare la morale ai mostri sacri come un Fabio Fazio qualunque? Delusioni a parte, il punto non è tanto la questione sanitaria in sé, quanto l’appiattimento totale delle star sul sistema dominante. Il ribellismo è finito? O è diventato sedicente tale?

Se fino ad oggi la storia del Rock (o se vogliamo della musica in generale) è stata anche motore di contestazione, rivolta giovanile, anticonformismo, poesia e lotta, dal 2021 sembra cedere il passo al politicamente corretto. Sono passati nemmeno cinquant’anni dall’uscita di L.A.Woman dei The Doors, nel 1971. In quello stesso anno è uscito Meddle dei Pink Floyd, Led Zeppelin IV, Nursery Cryme dei Genesis, Pearl di Janis Joplin, Master of reality dei Black Sabbath la stessa super inflazionata Imagine di John Lennon… insomma, che cazzo è successo in cinquant’anni? Che fine hanno fatto le star affogate nel proprio vomito, morte di overdose, ritrovate cadaveri negli hotel, quelle delle orge pazze e del sesso a go go?

Perché oggi dobbiamo sentire il piagnisteo di chi fa finta di abusare o di eccedere, mentre spara pistolotti strappa cuori dal palco del primo maggio? Qualcuno direbbe che quelli bravi sono morti giovani. Infatti, da Jimi Hendrix a Freddy Mercury passando per Jim Morrison e John Lennon, sembra che almeno qualcuno abbia avuto la buona decenza di morire per quello che cantava, e ci piace credere anche per quello in cui credeva. Chi sarebbe oggi in grado di morire per la sua musica? Di consumarsi della sua stessa arte, del suo stesso demone?

Nessuno, perché chi oggi parla di diritti umani e sicurezza sanitaria lo fa sotto stipendio, anzi, per lo stipendio. Perché i soldi in questo mondo non sono mai mancati, ma almeno erano un contorno godereccio, non marketing portato sul palco.

Insomma, lungi da noi fare i nostalgici, soprattutto di cose mai vissute, semplicemente ci chiediamo se oggi sia ancora possibile per la musica essere un veicolo di polemica e contestazione, o anche solo di esistere al di fuori degli schemi precotti del pensiero unico e del mercato. L’eccesso di cinquant’anni fa sembra essere morto e sepolto, insieme ai suoi protagonisti (per inciso), e le nebbie (sarebbe meglio dire i fumi) del tour messicano dei The Doors del 1969 lasciano il posto alla piatta sceneggiata super led-colorata di un Damiano che all’Eurovision si limita a mimare la sua tiratina: Pietà.

Abbiate pietà di noi che quantomeno rispettiamo le scelte di vita, anche di eccesso, se fatte con una volontà creatrice, o anche soltanto auto-distruttrice. Non siamo mormoni o puritani, non siamo comunisti, conosciamo il valore delle scelte. I mimi, i finti, i pseudo ribelli senza impegno li lasciamo agli altri. Una volta la musica incendiava gli stadi, anche nel vero senso della parola – basti ricordare i Led Zeppelin a Milano, sempre nel 1971 – il rock suonava come una rivolta contro il sistema borghese e reazionario, suonava e suona ancora come vita in un mondo di morti.

Oggi il bivio che si propone, come il titolo di questo articolo trasmutato dal Rock or bust degli ACDC, è Rock or Pass? Se bust sta per fallimento, anche pass sta ad indicare quello che potrebbe essere il fallimento totale della musica ora che la tensione sociale post-covid andrà aumentando. Se la musica, le rockstar, seguiranno la via del pass allora sarà la fine della magia per come la conosciamo.

Avremo solo artistoni impegnati a farci la morale su qualsiasi tema veicolato dal pensiero globale e progressista, e la musica, ovviamente, ne risentirà in peggio. Perché? Perché la musica come ogni forma d’arte si nutre della polemica, del contrasto, della lotta.

In un mondo unidimensionale chi potrebbe immaginare qualcosa diverso da sé stesso? Se invece la musica seguirà la via del Rock, della contestazione, del gusto del “Fuck you” lanciato contro il sistema (vedi Roger Waters vs Zuckerberg) allora avrà ancora motivo di esistere ed alimentare nuove generazioni di fuoco.