Di Elena

È ormai noto ai molti, che anche il clima è soggetto a variazioni che non sempre hanno a che fare con l’attività umana. Il comportamento di chi popola la terra però, può avere un’influenza positiva e negativa sull’ambiente circostante. 

Per cercare di guardare gli eventi in maniera più distaccata possibile, possiamo pensare al passato, come per esempio all’epoca moderna. Tra il 1500 e il 1800 la popolazione mondiale raddoppia. In questi tre secoli di storia però il rapporto dell’uomo con l’ambiente non è stato sempre un do ut des alla pari. In questi secoli infatti, cresce la produzione alimentare di pari passo con la dieta di europei e asiatici, grazie a ciò che viene importato dal nuovo mondo come la patata o il mais. Questa fiorente produzione, ha un notevole effetto benefico sull’uomo, tant’è vero che nonostante le malattie viaggiano in lungo e in largo insieme ai mercanti, la crescita non viene arrestata.

Gli europei, insediatosi nel nuovo mondo da padroni, vedono nel nuovo continente una grandissima fonte di ricchezza, non solo per i tanti giacimenti di oro e metalli preziosi rinvenuti in Sud America, ma anche per la fertilità del terreno e la grande biodiversità che il nuovo mondo ha da offrire. Mentre al nord francesi e inglesi comprano pellicce dai nativi senza badare ai rischi di estinzione per molti animali, come succede parallelamente allo zibellino siberiano; a sud e nelle isole caraibiche vengono inaugurate distese e distese di canna zucchero. Lo zucchero, come il tabacco e il caffè sono prodotti richiestissimi dagli europei, che ne diventano immediatamente dipendenti. 

Per soddisfare la domanda, i coloni radono al suolo centinaia di chilometri quadrati di foresta. I portoghesi in Brasile cambiano completamente e irrimediabilmente la geografia del paese. La legna tagliata viene importata in Europa che è già carente di alberi, e i territori appena disboscati vengono bruciati per garantire che non possa crescere altro se non canna da zucchero utile al profitto. In questa epoca proto-globalizzata, tutto ha fini commerciali. Le legna serve riscaldare famiglie, cuocere cibi e costruire nuove imbarcazione che caricheranno altro legno per riscaldare altre famiglie e cuocere altri cibi. 

La deforestazione causa ripercussioni quali l’erosione e l’innalzamento climatico, a cui gli europei non sembrano fare caso. Il bosco per il vecchio mondo simboleggia l’antitesi della civiltà: il selvaggio. Il cristianesimo e il confucianesimo mostrano un atteggiamento ostile verso le “selve oscure”. Tutto questo succede sotto gli occhi assopiti di molti pensatori, anche se autori come Francis Bacon e Edmund Halley cominciano a intravedere connessioni tra clima e cura del paesaggio. Questo non interessa però chi riesce a concepire solo il profitto immediato. 

Di contro a questo trend c’è il Giappone seicentesco. L’unico paese che in epoca moderna invece di aprirsi alla globalizzazione si chiude a riccio, cullandosi nelle proprie tradizioni e ripudiando tutto ciò che è “altro” da loro, come i cristiani. Con lo shogunato Tokugawa tra il 1670 e il 1680 vengono incentivati una serie di provvedimenti volti a conservare le foreste e altre risorse. Inoltre, Ietsuna Tokugawa cambia l’alimentazione dei giapponesi, obbligandoli a cercare nuove fonti proteiche che coinvolgono il ricorso alla caccia e alla pesca (anche se questo significa aumentare il numero di balene uccise dai pescatori giapponesi). Inoltre i livelli di fecondità vengono controllati affinché la domanda non superi mai l’offerta. Insomma, i giapponesi piantano vite, piantano alberi. Ci vedono più lungo di tutto il civilissimo vecchio mondo. Limitano al minimo il commercio con l’occidente concedendo prima ai portoghesi poi agli olandesi di attraccare le proprie imbarcazioni solo sull’isola artificiale di Deshima. Dimostrano la riluttanza verso il mondo occidentale uccidendo tutti quei portoghesi che tentano di fare da padroni mentre sono solo ospiti. A differenza dei loro vicini di casa cinesi, non hanno bisogno di importare miti e eroi dall’occidente. In quest’epoca sono ancora autori esclusivi della propria storia.