Di Elena

L’uomo ha sempre avuto un rapporto travagliato con la storia, fatto di alti e bassi e tentativi di razionalizzazione della stessa non sempre funzionali o ottimali. Capire la storia e assegnarle il giusto peso non è facile, perché i rischi di incappare in spiacevoli errori sono tanti. In questo Nietzsche ci è d’aiuto, egli infatti ci ammonisce in maniera esemplare nella Seconda Inattuale. Nietzsche ci spiega che non bisogna né mitizzare il passato oscurandone delle parti, né paralizzare il nostro agire per vivere in un nostalgico passato né tanto meno reciderlo per liberarsi di una zavorra. Ora proveremo a districare ulteriormente questa matassa con l’aiuto di un autore russo.

Il nostro compito è quello di mantenere una giusta distanza nei confronti della storia tanto da poterci permettere di osservare i fenomeni nel loro insieme comprendendone (o analizzandone) i dettagli più interessanti.

Perseguire questo obbiettivo potrebbe rappresentare il miglior modo per l’uomo di scendere a patti con questa disciplina, ma come si fa? Come possiamo essere in grado di capire i meccanismi fondamentali che hanno regolato le dinamiche storiche? Ora potremmo affidarci ad un grande pensatore, un poeta, un filosofo, un romanziere: Lev Nicolaevic Tolstoj. I romanzi di Tolstoj sono difficile da leggere, scorrono lentamente e ripercorrono travagli interiori spesse volte irrisolti. Egli tuttavia si è impegnato a ricercare il significato e il senso della storia e ci fornisce una buona dose di risposte in una delle sue opere più apprezzate: Guerra e Pace (considerato, non a caso, il più grande romanzo russo). In Guerra e Pace Tolstoj esprime la ferrea convinzione dell’esistenza di una legge superiore all’uomo che determina la vita di quest’ultimo. Gli individui sono incapaci di comprenderla e si accontentano di considerarsi liberi per decisioni futili e banali (come ai nostri giorni la compagnia telefonica da scegliere, libri cartacei o kindle, FIAT o Volkswagen, il colore della biancheria, ecc). Gli uomini tendono invece ad attribuire le scelte più importanti ad altre persone dotate a parere loro di virtù eroiche, demoniache o mitiche, credendo di scrollarsi dalle spalle ogni responsabilità. L’uomo considera più o meno consapevolmente se stesso come un fantoccio in balia di qualcuno di più potente e carismatico.

A questo proposito Tolstoj sottolinea come la realtà si discosti da questa convinzione. Queste figure virtuose che scelgono per noi (ad esempio Napoleone Bonaparte in Guerra e Pace) non sono che parte di qualcosa di più grande, non sono i protagonisti unici ed indiscussi, essi non fanno ma commissionano. Al contrario, gli esecutori (il popolo, i guerrieri) agiscono: essi fanno ma senza sapere. La condizione dell’uomo è di “dipendenza di cui non ci rendiamo conto sensibilmente”. Tuttavia l’uomo si dimostra ignorante difronte alle trame che regolano il mondo e lo dimostra giudicando comportamenti altrui, ignaro della necessità di tali fenomeni.

In questo panorama a tratti nichilista dove la libertà è pressoché nulla, permane la valorizzazione dell’azione soggettiva e delle emozioni. Tolstoj non rinuncia a celebrare la vita. La successiva conversione porta Tolstoj ad analizzare nuovamente quel travaglio interiore che si porta appresso da anni, rimescolando in chiave religiosa tutto ciò che era riuscito ad elaborare in precedenza, giungendo ad una conclusione squisitamente cristiana. Il nuovo Tolstoj è convinto che l’osservazione del Vangelo secondo le regole della tolleranza e della pace, sia il motore del progresso quindi la vera forza della storia.

In ogni modo, poco prima di morire Tolstoj ammette di non conoscere le leggi che regolano l’universo e di conseguenza la vita dell’uomo. Le ha cercate a lungo ma queste sono difficilmente inquadrabili perché soggette a rapidi mutamenti, egli ammette inoltre che se dovesse trovarsi nella posizione di conoscerle, eviterebbe di assumersi la responsabilità di divulgarle.

In conclusione, la storia è un insieme complesso di vicende e persone, non di prime donne assetate di attenzioni, perché anche loro come tutti noi, sono telecomandati da qualcosa di superiore (intangibile ed inconoscibile). Da Tolstoj dovremmo imparare l’importanza del singolo, delle azioni e delle loro conseguenze tanto da poter imparare a calibrarci ed agire secondo principi e valori che troppo spesso vengono dimenticati. Dovremmo inoltre imparare ad assumerci le nostre responsabilità affinché il nostro futuro non sia necessariamente affidato ad altri fantocci.